L’orrore e la speranza
Un orrore senza fine: sì, orrore, solo così può essere definito quello che è successo qualche giorno fa in Iraq.
La notizia è di quelle che lascia senza fiato: Tony, un bambino cristiano di soli 5 anni, è stato assassinato a colpi di pistola, dopo essere stato rapito, il 3 maggio scorso, a scopo di ricatto.
Il tragico fatto è avvenuto nei dintorni della città di Mosul, a 390 chilometri a nord di Baghdad. Si tratta della città del defunto vescovo Faraj Rahho, sequestrato e ucciso da terroristi l’anno scorso, quella in cui la minoranza cristiana risulta maggiormente vittima di soprusi, agguati e uccisioni da parte di bande armate.
Il riscatto richiesto, 50 mila euro, era troppo alto per la povera famiglia, così i rapitori, finora ignoti, hanno commesso una folle gesto di violenza: hanno sparato alla testa di Tony, poi hanno infierito con molti altri colpi e infine lo hanno dato in pasto ai cani.
Così il suo corpicino martoriato è stato ritrovato in una località vicino all’area di Roovya.
La guerra in Iraq, che non risparmia nemmeno donne e bambini, che non ha pietà di niente e nessuno, ha raggiunto con questo gesto un punto davvero bassissimo!
La morte del piccolo Tony sembra rientrare in un preciso disegno: i cristiani in Iraq sono sempre più presi di mira da bande criminali, estremisti islamici e altri gruppi armati, tutti accomunati da una chiara strategia di volerli espellere dall’Iraq.
E questo è solo l’ultimo episodio di violenza.
È di qualche giorno fa l’irruzione a mano armata dentro la scuola: quattro terroristi hanno agito contro un inerme insegnante che è stato prelevato a forza. La solita sequenza del terrore, ben nota ai cristiani del Nord Iraq, che da qualche mese speravano fosse definitivamente passato. Il gruppo armato ha attaccato nel villaggio di Ruwaidha – nel sottodistretto di al-Rashad, a circa 30 chilometri da Kirkuk – sequestrando Namir Nadhim Gourguis, 32 anni celibe e, come riferisce gente del luogo, di famiglia “semplice e povera” . Nel giro di poche ore i rapitori hanno fatto pervenire una richiesta di riscatto. Immediato l’intervenuto di monsignor Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, che ha contattato gli sceicchi e gli imam della zona per ottenere la liberazione dell’ostaggio.
Una furia cieca contro la comunità cristiana che non smette di esistere, che continua a tormentare una Paese già tanto provato.
La situazione numerica della minoranza cristiana a Baghdad e dintorni resta allarmante: se nel 1987 (dati del censimento nazionale) si contavano 1,4 milioni di cristiani in Iraq, secondo le cifre fornite dal Dipartimento di Stato nel 2008 si hanno tra i 550mila e gli 800mila cristiani. Ma altre fonti affermano che tale numero è ulteriormente sceso a 400mila. Dalla caduta del regime di Saddam Hussein, inoltre, sono almeno 700 le vittime di violenze mirate di bande estremiste fra la minoranza cattolica.
Appare allora come un raggio di speranza la notizia che domenica 10 maggio 40 bambini iracheni, profughi della comunità caldea, hanno ricevuto la prima comunione dalle mani del Santo Padre.
Risuonano, inoltre, con forza le parole di Benedetto XVI che durante il suo viaggio apostolico in Terra Santa ha lanciato un appello perchè vengano riconosciuti i “diritti fondamentali a una coesistenza pacifica” dei cristiani d’Iraq: “Invito con insistenza i diplomatici e la comunità internazionale, così come i responsabili politici e religiosi iracheni, a fare tutto il possibile per assicurare all’antica comunità cristiana di questa nobile terra i suoi diritti fondamentali a una coesistenza pacifica con l’insieme degli altri cittadini”.
Ci uniamo all’accorata preghiera del Papa, perché nel mondo ogni uomo possa testimoniare la sua fede in Cristo senza dover subire ingiuste persecuzioni. Preghiamo per il piccolo Tony e per la sua famiglia, certi che il Signore lo avrà già accolto tra le Sue braccia.