Il “drammatico” primato dell’ospedale marchigiano
Lo scorso sabato, esattamente sabato 27 gennaio sul “Il Messaggero”- Cronaca Ascoli Piceno e provincia – in un articolo sottoscritto Lu.Ca. si leggevano le seguenti parole:
“Ascoli è la città della Marche con il più alto numero percentuale di aborti. Stando alle cifre fornite dal Centro Aiuto alla Vita, dal 2004 ad oggi c’è stato un cospicuo aumento delle interruzioni di gravidanza all’interno dell’Ospedale Mazzoni. Tre anni fa i casi di aborto furono 263, nel 2005 si è saliti a 297 mentre l’anno passato ha visto la quota crescere fino a 343. Il dato è emerso in occasione della presentazione della 29ma Giornata per la Vita (…)”, durante il Convegno dal titolo “Amare e desiderare la vita”.
Stefano Ojetti, presidente della sezione cittadina dell’Associazione Medici Cattolici Italiani, ha fatto luce su argomenti caldi come aborto, eutanasia, pacs e procreazione assistita: “Si tratta di temi etici su cui spesso si semplifica troppo e che passano sui media in maniera sbrigativa e poco chiara. Il dato [della percentuale di aborti in Ascoli, ndr] deve far riflettere soprattutto quando è certo che tra cinquant’anni la nostra popolazione sarà composta in maggioranza da persone anziane. Difendere la vita diviene allora una priorità fondamentale ed è paradossale, in questi tempi, creare campagne a favore di procreazione assistita e eutanasia”.
Collateralmente al Convegno è stato lanciato anche un documento programmatico a cura dell’associazione “Scienza e Vita” che è possibile consultare e sottoscrivere all’indirizzo www.unicatt.it/bioetica/manifesto.
Si è voluto riportare tratti di tale articolo chiaramente non per gettare fango su uno stimatissimo ospedale quale il nostro Mazzoni di Ascoli Piceno, che, al contrario in tante altre occasioni, è possibilità di vita e di prosieguo della vita per molti; neanche per fare un discorso inutile e deresponsabilizzante evidenziando come in Italia spesso gli aborti volontari siano sempre più appannaggio delle classi meno abbienti in crescita o degli extracomunitari.
In fondo non si vuole far risaltare neanche le pur serie conseguenze che tale pratica produrrà sulla popolazione italiana fra cinquant’anni.
Ciò che invece urge ribadire, sostenere ed evidenziare è la drammaticità che cela un dato statistico del genere; esso svela, al di là dei numeri, la tragedia di persone, uomini e donne, a partire dal bimbo mai nato perché “ucciso” nel seno della sua stessa madre e per volontà – se così si può dire – di quest’ultima. Cela un vero e proprio genocidio, silenzioso e deprecabile ancor di più perché compiuto nei confronti di innocenti, dei più innocenti di tutti, cioè nei confronti di quelli che tra gli esseri umani non possono difendersi.
Afferma Giorgio La Pira in un suo scritto (Prospettive 7, 43, pp.1 e ss.): “L’aborto non è soltanto l’uccisione di un nascituro ma uno sconvolgimento nel piano della storia”.
Credo che questo sconvolgimento sia già in atto.