I giudici non temono di morire di fame e di sete
26/09/09
Qualche giorno fa tutti i telegiornali hanno annunciato una clamorosa notizia: “Il TAR boccia l’alimentazione forzata ai pazienti in stato vegetativo” o “Il TAR boccia la direttiva Sacconi sul caso Englaro“.
Anche i più noti quotidiani non si sono tirati indietro rispetto al “diritto di informazione” ed hanno scritto che il Tar Lazio, III sezione quater, con la sentenza n. 8650/09 ha “sconvolto” e annullato il provvedimento del Ministro della Sanità Sacconi -emanato il 16 dicembre 2008- che impedisce alle strutture sanitarie sia pubbliche che private di sospendere nutrizione ed idratazione artificiale a tutti coloro che si trovano in fin di vita. Una notizia sconvolgente, è vero: peccato che sia falsa, oltre che tendenziosa.
La sentenza n. 8650/09, invece, ha respinto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino, l’associazione dei consumatori che chiedeva l’annullamento del provvedimento di Sacconi emanato nei giorni del triste epilogo della vita di Eluana. La motivazione data è che il Tar non può decidere su tale questione, perchè riguarda l’esistenza o la inesistenza di un diritto, questione su cui esso non ha alcuna competenza per legge: ha dichiarato infatti il “difetto di giurisdizione”.
Alcuni giornali, in particolare, già gridavano vittoria “ringraziando” i giudici amministrativi per aver accolto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino contro l’ordinanza Sacconi, bocciando così di fatto il ddl Calabrò, cioè la legge sul biotestamento, già approvato alla Camera e al vaglio del Senato, dove si precisa, invece, che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento.
Quanto detto già basterebbe a capire come i mezzi di informazione stiano mostrando a tratti una bassezza e un degrado mai visti prima. Non tanti giorni fa lo abbiamo, infatti, verificato attraverso diverse gravi circostanze in cui la stampa è stata utilizzata come un’arma a doppio taglio per colpire determinate persone: qualcuno è pronto a tutto pur di portare avanti la bandiera della propria ideologia dimenticando invece che il giornalismo altro non è che una splendida missione a servizio della verità, della democrazia, del progresso e del bene pubblico.
Nel caso in questione sulla sentenza del Tar del Lazio è bastato poco perché si creasse un innesco di disinformazione, quasi che non si stesse aspettando altro: l’occasione di negare in maniera ideologica e irrazionale che alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, siano forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e che per questo non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento; quindi si vorrebbe dire che un uomo può legittimamente decidere di lasciarsi morire di fame e di sete.
In questo caso, ancor di più sconvolgente è che la sentenza in sé esprime il “difetto di giurisdizione”, cioè il fatto di non potersi pronunciare su una tale questione, ma il giudice che ha redatto la motivazione della decisione ha comunque lasciato trapelare il suo personale orientamento! Nessuno glielo aveva chiesto!
Nel corpo della sentenza si legge, infatti, “alimentazione e idratazione forzata non possono essere imposte a nessuno né cosciente né incosciente, e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere ex post la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese alimentazione e idratazione… I pazienti in stato vegetativo permanente che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti“. Inoltre, il paziente “vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi“.
Oltre al contenuto dichiarato in maniera del tutto gratuita, si può eccepire a questo organo giudiziario di non aver rispettato la legge, che impone in un giudizio di risolvere innanzitutto la questione della giurisdizione e poi eventualmente di entrare nel merito della questione: cioè prima si stabilisce se il tribunale interpellato sia legittimato a giudicare e poi, in caso positivo, si entra nella controversia e ci si esprime. Questa volta, in maniera più eclatante di altre volte, i magistrati hanno applicato un ordine diverso, un po’ come dire: “prima parlo, poi vedo se potevo farlo”.
La conclusione è stata una sentenza di tredici cartelle, sostanzialmente a favore del ricorso e contro l’atto di indirizzo, che però termina con l’inammissibilità del ricorso stesso.
I giudici hanno, quindi, colto l’occasione per mettere nero su bianco la loro opinione, soltanto personale entrando impropriamente nel merito della controversia, esprimendosi su idratazione e alimentazione.
Siamo di certo fuori da ogni logica umana, oltre che giuridica, confermando così lo strapotere dei giudici che ormai decidono anche oltre la legge, quasi avessero preso il posto del Parlamento!
Non dimentichiamo che il Tar Lazio è lo stesso organo giudicante che ha deciso sulla esclusione degli insegnanti di religione dagli scrutini per gli esami di maturità, evitando che tale materia potesse formare il credito scolastico degli alunni per l’esame di stato 2007/2008.
A questo punto è legittimo domandarsi se il potere giudiziario sia veramente sottoposto alla legge o se vinca di più la ideologia personale di alcuni, al punto da condizionare decisioni anche su temi intoccabili quali quelli legati alla vita umana.
Anche i più noti quotidiani non si sono tirati indietro rispetto al “diritto di informazione” ed hanno scritto che il Tar Lazio, III sezione quater, con la sentenza n. 8650/09 ha “sconvolto” e annullato il provvedimento del Ministro della Sanità Sacconi -emanato il 16 dicembre 2008- che impedisce alle strutture sanitarie sia pubbliche che private di sospendere nutrizione ed idratazione artificiale a tutti coloro che si trovano in fin di vita. Una notizia sconvolgente, è vero: peccato che sia falsa, oltre che tendenziosa.
La sentenza n. 8650/09, invece, ha respinto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino, l’associazione dei consumatori che chiedeva l’annullamento del provvedimento di Sacconi emanato nei giorni del triste epilogo della vita di Eluana. La motivazione data è che il Tar non può decidere su tale questione, perchè riguarda l’esistenza o la inesistenza di un diritto, questione su cui esso non ha alcuna competenza per legge: ha dichiarato infatti il “difetto di giurisdizione”.
Alcuni giornali, in particolare, già gridavano vittoria “ringraziando” i giudici amministrativi per aver accolto il ricorso del Movimento Difesa del Cittadino contro l’ordinanza Sacconi, bocciando così di fatto il ddl Calabrò, cioè la legge sul biotestamento, già approvato alla Camera e al vaglio del Senato, dove si precisa, invece, che alimentazione e idratazione artificiali sono atti imprescindibili che il malato in stato vegetativo non può rifiutare tramite una dichiarazione anticipata di trattamento.
Quanto detto già basterebbe a capire come i mezzi di informazione stiano mostrando a tratti una bassezza e un degrado mai visti prima. Non tanti giorni fa lo abbiamo, infatti, verificato attraverso diverse gravi circostanze in cui la stampa è stata utilizzata come un’arma a doppio taglio per colpire determinate persone: qualcuno è pronto a tutto pur di portare avanti la bandiera della propria ideologia dimenticando invece che il giornalismo altro non è che una splendida missione a servizio della verità, della democrazia, del progresso e del bene pubblico.
Nel caso in questione sulla sentenza del Tar del Lazio è bastato poco perché si creasse un innesco di disinformazione, quasi che non si stesse aspettando altro: l’occasione di negare in maniera ideologica e irrazionale che alimentazione e idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, siano forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e che per questo non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento; quindi si vorrebbe dire che un uomo può legittimamente decidere di lasciarsi morire di fame e di sete.
In questo caso, ancor di più sconvolgente è che la sentenza in sé esprime il “difetto di giurisdizione”, cioè il fatto di non potersi pronunciare su una tale questione, ma il giudice che ha redatto la motivazione della decisione ha comunque lasciato trapelare il suo personale orientamento! Nessuno glielo aveva chiesto!
Nel corpo della sentenza si legge, infatti, “alimentazione e idratazione forzata non possono essere imposte a nessuno né cosciente né incosciente, e anche in caso di stato vegetativo un cittadino può esprimere ex post la propria volontà di interrompere terapie giudicate inutili, comprese alimentazione e idratazione… I pazienti in stato vegetativo permanente che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti“. Inoltre, il paziente “vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi“.
Oltre al contenuto dichiarato in maniera del tutto gratuita, si può eccepire a questo organo giudiziario di non aver rispettato la legge, che impone in un giudizio di risolvere innanzitutto la questione della giurisdizione e poi eventualmente di entrare nel merito della questione: cioè prima si stabilisce se il tribunale interpellato sia legittimato a giudicare e poi, in caso positivo, si entra nella controversia e ci si esprime. Questa volta, in maniera più eclatante di altre volte, i magistrati hanno applicato un ordine diverso, un po’ come dire: “prima parlo, poi vedo se potevo farlo”.
La conclusione è stata una sentenza di tredici cartelle, sostanzialmente a favore del ricorso e contro l’atto di indirizzo, che però termina con l’inammissibilità del ricorso stesso.
I giudici hanno, quindi, colto l’occasione per mettere nero su bianco la loro opinione, soltanto personale entrando impropriamente nel merito della controversia, esprimendosi su idratazione e alimentazione.
Siamo di certo fuori da ogni logica umana, oltre che giuridica, confermando così lo strapotere dei giudici che ormai decidono anche oltre la legge, quasi avessero preso il posto del Parlamento!
Non dimentichiamo che il Tar Lazio è lo stesso organo giudicante che ha deciso sulla esclusione degli insegnanti di religione dagli scrutini per gli esami di maturità, evitando che tale materia potesse formare il credito scolastico degli alunni per l’esame di stato 2007/2008.
A questo punto è legittimo domandarsi se il potere giudiziario sia veramente sottoposto alla legge o se vinca di più la ideologia personale di alcuni, al punto da condizionare decisioni anche su temi intoccabili quali quelli legati alla vita umana.