I diritti umani che dipendono dalla geografia!
All’indomani dell’esecuzione capitale del fratellastro dell’ex rais Saddam Hussein, dopo che tutto il mondo aveva potuto vedere l’impiccagione dello stesso rais precedente di pochi giorni, l’Italia si è fatta portavoce attraverso il Guardasigilli Clemente Mastella di una proposta ai vari ministri della Giustizia e degli Interni europei presenti a fine gennaio a Desdra per un consiglio informale. Il Ministro è intervenuto chiedendo che i suoi colleghi si adoperassero per “contribuire a loro volta agli sforzi dei rispettivi governi e sospendere le esecuzioni capitali nel mondo”; tutto questo con il manifestato desiderio, che è una necessità, che la contrarietà alla pena di morte possa risuonare formalmente attraverso una risoluzione alle Nazioni Unite.
La proposta è stata accolta senza obiezioni e quindi si presuppone all’unanimità ma trattandosi di un consiglio informale, i ministri riuniti a Dresda non hanno assunto alcuna deliberazione.
Del resto tra il dire e il fare…
Già nel 1994 e nel 1999 sempre per iniziativa italiana furono presentate all’Onu due risoluzioni: la prima del 1994 fu bocciata visto che all’epoca ben 97 Paesi appartenenti alle Nazioni Unite adottavano e praticavano la pena capitale; la seconda del 1999 fu rinviata e non fu più ripresa per evidenti strategie e fazioni in seno all’Onu.
Oggi gli Stati membri dell’Onu che adottano la pena di morte sono circa 60. Tantissimi ancora!
Oltre il 90 per cento di tutte le esecuzioni mondiali, invece, avviene in Cina.
I trattati internazionali sui diritti umani proibiscono l’applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni, ovvero coloro che avevano meno di 18 anni al momento del reato. Sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici, che la Convezione americana sui diritti umani, che la Convenzione sui diritti del fanciullo proibiscono tale pratica. Nonostante ciò, ancora oggi, un numero molto ridotto di Paesi continua a mettere a morte minorenni all’epoca del reato.
Dal 1973 in Usa sono stati rilasciati 122 prigionieri dal braccio della morte dopo che erano emerse nuove prove della loro innocenza. Di questi, sei nel 2004 e due nel 2005. Alcuni di questi prigionieri sono stati rilasciati dopo aver trascorso molti anni nel braccio della morte. Ma non solo, in Usa purtroppo sono diversi i casi di prigionieri messi a morte nonostante ci fossero molti dubbi sulla loro colpevolezza.
Se per la maggioranza dei casi la tendenza di questi anni è verso l’abolizione (cioè i Paesi che adottavano l’esecuzione capitale decidono di abolirla), ci sono anche delle eccezioni a questa regola. Infatti dal 1985, più di 50 Paesi hanno abolito la pena di morte nella legge, oppure, avendola abolita in precedenza solo per i crimini ordinari, hanno provveduto a eliminarla per tutti i crimini. Durante lo stesso periodo però, quattro Paesi abolizionisti hanno reintrodotto la pena capitale: il Nepal e le Filippine (che l’hanno poi nuovamente abolita), il Gambia e la Nuova Guinea (dove non sono state registrate esecuzioni).
Caso eccezionale per il Giappone, che con il nuovo ministro della giustizia Nakase, uno stretto collaboratore del premier Shinzo Abe, è ora finita una moratoria nelle esecuzioni che era informalmente in vigore dal settembre 2005 per gli scrupoli di coscienza del suo predecessore, il fervente buddhista Seiken Sugiura. Le prime quattro impiccagioni del suo mandato sono avvenute a Natale, una data che in Giappone è feriale ma che non va considerata certamente casuale. Di recente anche l’Ue ha compiuto passi per sensibilizzare contro la pena di morte i dirigenti giapponesi, la cui inerzia ha però un sostanziale fondamento: l’opinione pubblica, che in tutti i sondaggi si è mostrata favorevole per oltre due terzi al mantenimento della pena di morte in tutti i casi più gravi di omicidio.
È assurdo dover continuare a prendere atto che i diritti umani inalienabili e universali possano essere relativizzati a seconda della parte del mondo in cui ci si trovi!
È assurdo dover continuare a prendere atto che non è per volontà di qualche capo di stato tra il tiranno e il pazzo che nel 2007 si attui ancora la pena di morte ma per cultura, per la piena volontà di un popolo che pretende di rispondere alla morte con una morte più grande dal momento che la si legittima al livello più alto, quello dello Stato; per la piena volontà di un popolo che non conosce la speranza, che non ha nessuna intenzione di sentir parlare di perdono, e che non intende la riabilitazione come dimensione fondamentale della giustizia.Insomma che il diritto alla vita diventi certamente una risoluzione, ma sia necessariamente e contemporaneamente anche cultura!