Gli ospedali della morte
Continuano le reali e tragiche notizie riguardo a ciò che succede in alcuni ospedali italiani e stranieri di cui nessuno può vantarsi.
Sono recentissime e numerose le drammatiche notizie di medici ed intere strutture ospedaliere che qui in Italia vengono messe sotto inchiesta per i continui casi di malasanità che portano alla morte di centinaia di persone -tra cui spesso bambini- per errori evitabilissimi.
Quello che sta accadendo di recente in Inghilterra, però, sembra ancora più grave perché dimostra la totale disumanizzazione in cui rischia di cadere la professione medica segno della degenerazione di tutto l’essere umano.
Infatti un gruppo di medici britannici ha denunciato qualche giorno fa una serie di autentici attentati contro la vita e contro la deontologia professionale che sarebbero stati perpetrati da alcuni ospedali in Gran Bretagna. Secondo questi medici, malati in fin di vita sarebbero stati abbandonati a se stessi fino a morire di fame e, in alcuni casi erroneamente dichiarati in gravissime condizioni, privati di acqua e cibo e sedati in attesa della fine.
Gli ospedali in questione, in realtà, seguirebbero alcune direttive introdotte dal sistema sanitario nazionale, secondo cui ai malati terminali è possibile togliere idratazione e medicine, per poi lasciarli sotto sedativi fino alla morte. Il sistema si chiama Liverpool Care Pathway (Lcp), ed è stato studiato «per alleviare le sofferenze del malato terminale».
Questo “modello” oggi viene adottato in oltre 300 ospedali, 130 ospizi e 560 case di riposo.
I medici che hanno denunciato questi fatti allertano e parlano di «crisi nazionale» nella cura dei pazienti sottolineando la gravità di diagnosi potenzialmente scorrette.
«Prevedere la morte – scrivono in una lettera al Telegraph – non è scienza esatta. I pazienti vengono diagnosticati in fin di vita senza prendere in considerazione che la diagnosi potrebbe essere sbagliata». Il risultato di queste direttive, continuano, «è che provocano un disagio nazionale perché le famiglie vedono negate le cure ai loro cari». L’avvertimento di questi medici giunge una settimana dopo la pubblicazione di un rapporto della Patients Association secondo il quale più di un milione di pazienti ha ricevuto «cure scarse e in alcuni casi crudeli da parte del sistema sanitario nazionale».
«Il metodo avrebbe lo scopo di far morire le persone dignitosamente, ma rischia di diventare una profezia che si auto alimenta», sostiene il dottor Hargreaves, che lavora nel settore delle cure palliative da oltre vent’anni.
«I pazienti che vengono privati di idratazione diventano confusi e possono essere inseriti erroneamente in questo sentiero della morte. Capisco che le direttive vogliano evitare che le persone malate siano curate in maniera accanita, ma in alcuni casi i medici se ne lavano praticamente le mani. Mi è capitato più di una volta – conclude il medico – di lavorare con pazienti che erano stati diagnosticati in fin di vita e che, ricevendo le giuste attenzioni, hanno continuato a vivere decentemente per molto tempo. Spesso purtroppo alcuni medici non controllano abbastanza il progresso dei loro pazienti per vedere se questi hanno riportato un qualche miglioramento».
Considerato ciò a cui abbiamo dovuto assistere in questi ultimi tempi, questi eventi tragici stupiscono ma nello stesso tempo rientrano in una mentalità che sta degenerando e si sta disumanizzando anche in campo medico e nella considerazione della vita umana particolarmente nel momento del dolore e giunta alla sua fine: basti pensare alle struggenti vicende di Terri Schiavo e alla nostra cara Eluana…
Anche in queste occasioni è stato purtroppo sostanziale il ruolo del medico che si è prestato ad assecondare un’ideologia parziale e soggettiva giuridicizzata in sentenze che, contro leggi e deontologia, considera inutile la vita sofferente e giunta ai suoi ultimi istanti (“Medici alleati della morte”). Tant’è che si è arrivati a stilare “modelli”sanitari come quello inglese, generici ed interpretabili a piacimento, assolutamente disancorati dalle norme nazionali (anche penali) ed internazionali e ai codici deontologici che, invece, impongono di tutelare la vita umana in ogni istante sino al suo naturale compimento.
Tutto ciò fa comprendere come l’uomo stia pian piano giungendo al punto di odiarsi se non rientrante in parametri di alta “qualità della vita”.
Solo una vera umanità può restituire e restituirci la consapevolezza dell’inviolabilità della vita umana e della necessità di difenderla e custodirla dal suo inizio sino alla sua fine. E questa umanità non può che venire solo da Chi è stato veramente Uomo: Cristo.
Concludiamo con parte del Messaggio che Papa Benedetto XVI comunicò in occasione della XV Giornata Mondiale del Malato (8 dicembre 2006) pregando per tutti i malati ed i sofferenti:
Ora, mi rivolgo a voi, cari fratelli e care sorelle che soffrite di malattie incurabili e che siete nella fase terminale. Vi incoraggio a contemplare le sofferenze di Cristo crocifisso e, in unione con Lui, a rivolgervi al Padre con totale fiducia nel fatto che tutta la vita, e la vostra in particolare, è nelle sue mani. Sappiate che le vostre sofferenze, unite a quelle di Cristo, si dimostreranno feconde per le necessità della Chiesa e del mondo. Chiedo al Signore di rafforzare la vostra fede nel Suo amore, in particolare durante queste prove che state affrontando. Spero che, ovunque voi siate, troviate sempre l’incoraggiamento e la forza spirituali necessari a nutrire la vostra fede e a condurvi più vicini al Padre della vita. Attraverso i suoi sacerdoti e i suoi collaboratori pastorali, la Chiesa desidera assistervi e stare al vostro fianco, aiutandovi nell’ora del bisogno, e quindi, rendendo presente l’amorevole misericordia di Cristo verso chi soffre.