Giovani che desiderano guadagnare l’umanità
Palermo, quartiere Brancaccio. Di solito questa terra viene definita senza speranza perché da lì possono venire solo violenza e morte. Eppure alcuni ragazzi siciliani dell’Istituto Industriale “Alessandro Volta”, che si trova nel “famoso” e malfamato quartiere Brancaccio, quest’anno hanno scelto di rinunciare alla gita scolastica per un viaggio più istruttivo: una settimana da volontari nelle mense Caritas al Casilino, Roma.
Questo viaggio è stato frutto di un progetto presentato dall’insegnante di religione, Marcello Scafidi, che non porterà voti in pagella o crediti per la maturità a questi giovani ma sicuramente li farà crescere in umanità.
Purtroppo alcuni ragazzi non sono potuti partire perché le loro famiglie non potevano permettersi di pagare il biglietto in treno, ma chi è andato ha poi raccontato al ritorno un’esperienza incredibile.
Hanno indossato grembiuli e berretti di plastica, hanno apparecchiato con cura le tavole, hanno servito pasti e versato acqua, ed hanno incontrato volti e occhi di uomini segnati dalla disperazione del passato e dalla sfiducia nel futuro.
Molti di loro raccontano che nel versare l’acqua o nel servire quel piatto di pasta hanno voluto riconsegnare a questi uomini quel minimo di dignità che spesso la solitudine e la povertà annientano.
Hanno visto che la povertà non è solo fame, ma è soprattutto solitudine che molti uomini e donne, giovani e vecchi, vivono in questo tempo.
Hanno avuto l’opportunità d’imparare che accogliere il bisogno dell’altro, magari con un pasto caldo, una parola, un sorriso, li rende felici, proprio perché ognuno in fondo vuole la stessa cosa: che sia amato il suo cuore.
Addirittura un ragazzo ha chiesto al professore che li accompagnava: “Prof, ma c’è una mensa dei poveri anche a Palermo?… Perché io vorrei continuare a fare il volontario anche in Sicilia”.
Anche questo sono i giovani! In un momento di crisi come quello attuale, crisi soprattutto di valori, questi giovani ed il loro gesto sono ancora segno per tutti della speranza e del bene che ciascuno di noi cerca ad ogni età.
Questa esperienza di bene che oggi questi studenti si portano dentro dice un desiderio profondo del cuore che c’è sempre e che nei giovani senz’altro trova un terreno fertile. Ma tutto ciò non può rimanere relegato al mero volontariato, ma deve abbracciare tutta la vita, in cui questa ricerca del Bene deve esprimersi in ogni gesto che si è chiamati a vivere, anche fuori da contesti sociali, come quello di cui abbiamo parlato.
Proprio rivolgendosi con fiducia ai giovani il Santo Padre nel suo Messaggio in occasione della XXVII GMG, li ha invitati ad andare nel mondo e a portare a tutti l’annuncio di Cristo, anche se le difficoltà a volte sembrano insormontabili. Scrive Benedetto XVI: “… Oggi non pochi giovani dubitano profondamente che la vita sia un bene e non vedono chiarezza nel loro cammino. Più in generale, di fronte alle difficoltà del mondo contemporaneo, molti si chiedono: io che cosa posso fare? La luce della fede illumina questa oscurità, ci fa comprendere che ogni esistenza ha un valore inestimabile, perché frutto dell’amore di Dio. Egli ama anche chi si è allontanato da Lui o lo ha dimenticato: ha pazienza e attende; anzi, ha donato il suo Figlio, morto e risorto, per liberarci radicalmente dal male. E Cristo ha inviato i suoi discepoli per portare a tutti i popoli questo annuncio gioioso di salvezza e di vita nuova… Che cosa fare? Anzitutto la vostra vicinanza e la vostra semplice testimonianza saranno un canale attraverso il quale Dio potrà toccare il loro cuore. L’annuncio di Cristo non passa solamente attraverso le parole, ma deve coinvolgere tutta la vita e tradursi in gesti di amore. L’essere evangelizzatori nasce dall’amore che Cristo ha infuso in noi; il nostro amore, quindi, deve conformarsi sempre di più al suo. Come il buon Samaritano, dobbiamo essere sempre attenti a chi incontriamo, saper ascoltare, comprendere, aiutare, per condurre chi è alla ricerca della verità e del senso della vita alla casa di Dio che è la Chiesa, dove c’è speranza e salvezza (cfr Lc 10,29-37). Cari amici, non dimenticate mai che il primo atto di amore che potete fare verso il prossimo è quello di condividere la sorgente della nostra speranza: chi non dà Dio, dà troppo poco!”
Questo è l’invito che rivolgiamo a ciascuno di noi ed anche a questi giovani studenti siciliani, che magari partecipando più o meno consapevolmente ad un’iniziativa scolastica hanno invece avuto la possibilità di aprire il loro cuore ad un Bene più grande, di incontrare quel desiderio di felicità che ogni cuore possiede, di andare oltre quella condizione precaria di vita nella tensione a voler costruire una civiltà più giusta, di pace e di amore, anche per coloro che il mondo definisce disperati.