Europei 2012
Alle porte della giornata conclusiva degli Europei di calcio di questo 2012 in cui la nostra squadra è arrivata alla finale tra le altre notizie è spuntata un po’ in sordina quella dei pellegrinaggi vissuta dal c.t. Cesare Prandelli e il suo staff.
Una lunga camminata notturna verso l’Eremo dei Camaldolesi, 21 km, vissuta in seguito alla vittoria contro l’Irlanda che ha promosso ai quarti gli azzurri. Poi, subito dopo il successo ai rigori contro l’Irlanda a Kive, rientro a notte fonda e passeggiata di 11 chilometri per raggiungere il santuario della Divina Misericordia, consacrato nell’agosto del 2002 da Papa Giovanni Paolo II. Infine, dopo la splendida vittoria di Varsavia sulla Germania di nuovo in marcia per raggiungere la Parrocchia della Sacra Famiglia, 5 km all’andata e altrettanti al ritorno.
Di certo è un evento eccezionale, che colpisce per la devozione, la semplicità e la normalità con cui viene compiuto.
Sebbene ci sia qualcuno che descrive questi pellegrinaggi quali gesti scaramantici, come si fa a negare quel quid pluris nella guida di Prandelli agli azzurri, rintracciabile, oltre che nelle vittorie conquistate, per esempio nella lettera che il presidente Napolitano gli ha fatto pervenire.
“Caro Prandelli, desidero ringraziarla – ha scritto il Capo dello Stato al Commissario Tecnico – per le così calorose parole augurali che mi ha rivolto – anche a nome dell’intera Nazionale – in occasione del mio compleanno e all’indomani della splendida vittoria di Varsavia. Quello che ho trovato molto bello in tutte le vostre prestazioni agli Europei è stato l’affiatamento tra «vecchi e nuovi», lo spirito di squadra, la comune determinazione e generosità. Impossibile fare graduatorie: non c’è stato nessuno che non abbia condiviso l’impegno e lo sforzo, che non abbia dato il meglio di sé. E aver creato quel clima, aver saldato quella compagine è stato atto meritorio. Ho nello stesso tempo molto apprezzato la sobrietà e serietà dei suoi commenti: consapevolezza dell’importanza dei risultati, senza retorica, senza trionfalismi, sapendo quanta strada resti da percorrere. Ma non è forse questo il discorso da fare per l’Italia e per la sua Nazionale di calcio? Le esprimo la mia vicinanza e le trasmetto il mio incitamento – a tutti i ragazzi – per la prova conclusiva di domani. Sono stato felice di essere accanto a voi a Danzica, quando si trattava di superare la prima prova, di smentire facili pessimismi, di dimostrare che «la squadra c’era», che gli azzurri ancora una volta si sarebbero fatti onore in nome dell’Italia. Vi accoglierò in Quirinale con grande piacere al vostro ritorno a Roma lunedì”.
In una riflessione sul calcio datata 1985, l’allora cardinal Ratzinger affermò che “nessun altro avvenimento sulla terra può avere un effetto altrettanto vasto, il che dimostra che questa manifestazione sportiva tocca un qualche elemento primordiale dell’umanità”: e se è vero come aggiunse che “potremmo nuovamente imparare dal gioco a vivere”, certamente dal gesto dei pellegrinaggi voluti e vissuti da Prandelli non si può non lasciarsi provocare nella semplice, chiara ed evidente fede e gratitudine a Dio per la vittoria ricevuta.
Forza Italia!