È morto il bimbo sopravvissuto all’aborto
È morto il bimbo abortito sano. Si, è proprio così. Il piccolo bimbo nato pochi giorni fa in un ospedale di Firenze non ce l’ha fatta. Non ce l´ha fatta a sopravvivere. Emorragia celebrale, hanno detto. Ovvio, l’hanno tirato fuori “di forza” dal ventre della madre, a pochi mesi di gestazione, credendolo malato, malato di atresia esofagea. Non era vero.
Ci si è affidati alla L. 194 (legge sull´aborto) e alle sue ampie e sperimentatissime possibilità di interpretazione, per dare il via all´uccisione volontaria di una persona, come si fa tante volte in Italia.
E invece la vita è stata più forte; più forte di tutti i macchinari diagnostici, più forte di tutte le analisi prenatali, più forte dei consigli della medicina e più forte di qualsiasi paura… più forte di un´ideologia.
E lui, quel bimbetto di cinquecento grammi ha voluto continuare a vivere, muovendosi, facendo capire che la busta dell´immondizia, a cui era destinato, era troppo fredda e troppo buia per lui….
Ma non ce l´ha fatta. Quello “strappo” è stato troppo violento, insopportabile anche per uno sano e forte come lui. E l´ 8 marzo è morto.
Questo è ciò che è stato scritto a proposito su un articolo di Libero firmato Dreyfus:
“La mamma … probabilmente chiederà danni miliardari. In fondo, si dice, agiva secondo la legge. La legge in Italia consente l’aborto, si chiama 194. Vero? Tutti lo pensano. In realtà è una gigantesca bugia. La 194 non prevede affatto l’aborto dei feti malformati. L’aborto terapeutico non c’entra niente. Esso è consentito quando c’è da salvare la vita della madre o da impedire un danno irreversibile alla sua salute. Insomma, l’aborto facile è previsto «solo» fino al terzo mese. Dopo questa data, per interrompere la gravidanza, il medico deve certificare che la mamma ne morrebbe. Invece la legge è aggirata. Come si fa? Basta che la mamma, informata della possibilità di un difetto anche lieve del piccino, sostenga che non regge psicologicamente, che se gli nasce un «mostro» avrebbe la salute mentale compromessa. E si fa. Si uccide il bambino. Aggiungere malato è razzismo, perché vuol dire giustificarne la soppressione. La logica e la scienza medica vorrebbero che gli esami fossero condotti per poter curare il pupo al momento della nascita. Invece sono diventati uno scivolo verso la rupe di Tarpea. Non so se lo insegnano ancora alle elementari: a Sparta vi lanciavano gli handicappati”.
Tra l’altro il piccolo non era né handicappato né malato ed è stato ugualmente buttato giù da quella rupe! Chissà la mamma ora cosa starà pensando, chissà come le staranno “imbottendo” la testa di inutili chiacchiere sull’opportunità di una scelta in casi del genere…bla, bla; sulla necessità di quell’intervento… sull’errore medico, sulla mala-sanità, sulla responsabilità medica… Per allontanare il giudizio di un atto che la società di oggi chiama “scelta” in nome di una idea di libertà della donna e di perfezione umana.
Proprio in nome di queste idee che stanno diventando mentalità dominante, alcuni decenni fa è stata voluta dal nostro Parlamento la L. 194. Una legge che, anche se permette l’aborto solo in caso di pericolo “certificato” per la vita della donna, della madre cioè – e questa certificazione il più delle volte viene “alterata”-, di fatto attua un capovolgimento della realtà naturale e delle statuizioni giuridiche: consente cioè l’uccisione di un’altra persona indifesa e consanguinea. Una vera e propria “rivoluzione copernicana” se si pensa al fatto che se, invece, il fatto venisse commesso quando il figlio è fuori dall´utero, si configurerebbe reato di omicidio con severe aggravanti per il rapporto di consanguineità.
Ma l´assurdità non è solo questa; è anche quella che avviene quando gli aborti cosiddetti terapeutici vengono fatti dopo i tre mesi, come nella tragica vicenda del bimbo di Firenze: il bimbo viene estratto vivo dalla madre e viene lasciato morire in sacchi di plastica per dare seguito all´intervento!
Ora il “disguido” che si è verificato a Firenze ha messo in evidenza questa “falla” della legge e, onde evitare inutili responsabilità mediche sapete cosa sta progettando di fare il San Camillo di Roma? Di predisporre per i genitori che decidono di abortire tardivamente un atto di consenso alla “non rianimazione” del feto eventualmente estratto ancora vivo: ci rendiamo conto?!
Di fronte a queste aberrazioni morali, etiche e giuridiche, si rimane senza parole. Il bello è che mentre prima si aveva un minimo di pudore e di reticenza nel trattare questioni del genere, adesso si sta consolidando una vera e propria mentalità per cui la vita o è secondo certi parametri stabiliti e riconosciuti – da una certa “elite” scientifica e politica- o non vale la pena di essere considerata tale e quindi tutelata. Per cui ecco pronto il “contratto” di morte per il bimbo (che continuano a chiamare feto) che sopravvive all´aborto!!
Il nostro pensiero e la nostra preghiera ora si volgono alla mamma e al papà di questo bimbo che ora gode dell´Eterno Riposo, dell´abbraccio e della Luce di Dio.
Vi proponiamo contestualmente la testimonianza di una coppia che circa un anno fa ha perso il proprio figlio per microcefalia. Anche a questi genitori, di fronte ad una rigorosa diagnosi di grave malformazione congenita, era stato proposto l’aborto terapeutico perché quel bambino era destinato comunque alla morte e quindi era “un parassita” da uccidere quanto prima.
La testimonianza di questi genitori, appartenenti all´Associazione “La Quercia Millenaria” ci sostenga a comprendere qual è il vero significato della Vita (del bimbo in grembo come del vecchio centenario) e a capire che, veramente, la vita senza il suo Significato, non è vita: “…ogni istante di essa è vuoto se non Lo ha presente. È solo una pura reazione. La sua espressione viene ridotta a pura reattività, che la seppellisce e la pone sotto il dominio dell´umorismo, dell’istintività, degli stati d’animo, degli accumuli di ferite e di complessi, dovuti alla incapacità di trovare e di essere se stessi, soggetti liberi e felici. Viene ad essere compressa e totalmente dipendente, in maniera schizofrenica, dalle abitudini, dalle mosse, dalle parole, dagli sguardi e dai giudizi degli altri. Questo accade come parto della volontà e della logica sottile, viscida ma profondamente violenta, del Potere che detiene le leve della dinamica generale. E l´implicazione più agghiacciante e più grave è che tutto questo è così abituale, quotidiano, normale, radicato e giustificato, che nessuno se ne accorge. Si “alza un po’ la testa” solo quando accade qualcosa di tragico: ma anche a questo ci stanno e ci stiamo sempre più abituando” (Nicolino Pompei, scheda di Quaresima “Il mio merito è la Tua misericordia”).
Testimonianza: “giornata di morte, giornata di vita”