Dio non lo si scopre scientificamente
Cosa è accaduto in questi giorni al CERN, il Consorzio Europeo per la Ricerca Nucleare, di Ginevra e perché tutti i fisici del pianeta sono così eccitati?
Molti giornali hanno dato risalto alla notizia: il fascio di luce nel Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra ha completato il primo giro dell´acceleratore.
Due fasci di protoni sono stati accelerati alla velocità della luce in entrambi i sensi, nel cunicolo circolare lungo ventisette chilometri: il Large Hadron Collider. Per il momento, non c’è stata ancora alcuna collisione, ma nei prossimi mesi l’acceleratore entrerà lentamente a pieno regime: le prime scoperte potrebbero arrivare nei primi mesi del prossimo anno.
La caratteristica che rende LHC così straordinario è l’altissima energia che viene sprigionata nell’urto tra i due fasci protoni. C’è un solo altro tipo di processi in natura capace di raggiungere tali energie: quando una stella esaurisce il suo combustile nucleare ed esplode in una supernova, bombarda nello spazio protoni ad energie pari o persino superiori a quelle di LHC, che arrivano sulla terra sotto forma di raggi cosmici.
Fino a qui certamente si capisce e si condivide l’interesse per un tale tipo di esperimento considerato “più emozionante di un lancio spaziale” tanto più se si pensa, così come ha sottolineato per l’occasione il premio nobel Carlo Rubbia, che di tutta la materia dell’universo ad oggi conosciamo solo il 5% e che l’altro 95% ha una natura che ci è ignota.
L’aspetto più eclatante è che uno dei primi risultati che ci si aspetta dal nuovo mega-acceleratore è la conferma dell’esistenza del ”bosone di Higgs”, (dal nome del fisico che per primo ne teorizzò l’esistenza) che è stata ribattezzato ed esaltato in maniera impropria ”la particella di Dio”.
Ma perché “particella di Dio”?
“Il motivo di un soprannome così altisonante per una particella subatomica sta nel fatto che il bosone di Higgs è la chiave di volta del modello standard della fisica contemporanea: serve, per così dire, a conferire una massa a tutte le altre particelle del modello. Se la sua esistenza fosse confermata, con le caratteristiche che gli scienziati prevedono, tre delle quattro forze fondamentali che regolano la vita della natura sarebbero ricondotte sotto un’unica teoria scientifica e si sarebbe così considerevolmente più vicini ad una ”teoria del tutto”’, in grado di spiegare il funzionamento dell’universo dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande” (Agenzia ASCA).
Ma è stata la sottolineatura fatta con toni trionfalistici da più testate giornalistiche sul fatto che l’esperimento di Ginevra potesse mettere in discussione il principio della creazione divina ciò che non è assolutamente condivisibile.
Questo esperimento, riproducendo le condizioni, o meglio una delle condizioni all’origine della trasformazione dell’immensa energia concentrata in materia, rimanda agli istanti iniziali dell’universo. In ogni occasione gli scienziati veri ricordano che, per quanto ci si possa approssimare alla ricostruzione di quel momento, è impossibile arrivare al punto zero, quello che è il punto della creazione.
Padre Giuseppe Koch, gesuita astronomo della Specola, ha dichiarato infatti all’Agenzia Ansa:
“Il bosone di Higgs, che secondo i fisici raccolti a Ginevra, potrebbe spiegare l’esistenza della massa, è così importante perché costituisce quel tassello mancante alla teoria del Big Bang che, sottolinea, è appunto una teoria con delle falle. Per questo la teoria «esige» il bosone, la particella in grado di spiegare l’esistenza della massa, per invalidarsi. La materializzazione del bosone andrebbe a colmare questa falla ma se ci riuscirà accadrà semplicemente che i fisici avranno un ulteriore forte indizio che il loro modo di interpretare le cose è giusto, ma sempre rimane la loro interpretazione”.
Insomma anche fosse confermata l’esistenza del bosone cioè “l’inafferrabile particella da cui dipende l’esistenza della massa, ossia la particella fino a oggi mai scoperta che fa aggregare tutte le particelle esistenti” è assolutamente improprio definirla “particella di Dio”. “Dio non lo si scopre scientificamente: è — afferma mons. Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita — la causa trascendente ed immanente dell’Universo e a sua volta è figlio e creatura divina. Insomma, l’Universo stesso è causa di Dio”.
Nessun risultato scientifico, tra l’altro superabile, potrà mai spiegare l’esistenza della natura, della vita e il suo senso.