Di fronte alla morte di un uomo, un cristiano non si rallegra mai
“Osama Bin Laden – come tutti sappiamo – ha avuto la gravissima responsabilità di diffondere divisione e odio fra i popoli, causando la morte di innumerevoli persone, e di strumentalizzare le religioni a questo fine”. Così ha commentato la notizia che in brevissimo tempo ha fatto il giro del mondo della morte di Osama Bin Laden padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. E ha continuato: “Di fronte alla morte di un uomo, un cristiano non si rallegra mai, ma riflette sulle gravi responsabilità di ognuno davanti a Dio e agli uomini, e spera e si impegna perché ogni evento non sia occasione per una crescita ulteriore dell’odio, ma della pace”.
Stiamo vivendo un momento di grande tensione internazionale in seguito a quanto è accaduto, cioè la cattura e la morte del fondatore e capo di Al Qaida per mano dei Navy Seal, il reparto speciale delle truppe americane. L’annuncio del fatto è avvenuto direttamente per bocca del presidente degli Stati Uniti alle ore 23 dell’1 maggio (in Italia le 5 del mattino del giorno 2) in diretta tv. Questo un tratto dell’intero Discorso di Obama:
“Questa notte posso riferire alla gente d’America e al mondo che gli Stati Uniti hanno portato a termine un’operazione in cui è stato ucciso Osama Bin Laden, il leader di Al Qaida, un terrorista che è responsabile dell’omicidio di migliaia di uomini, donne e bambini innocenti (…). Oggi, sotto la mia direzione, gli Stati Uniti hanno lanciato un’operazione mirata contro quel rifugio ad Abbottabad, in Pakistan. Una piccola squadra di americani ha portato a termine l’operazione con coraggio e capacità straordinarie. Nessun americano è rimasto ferito. Hanno fatto attenzione a evitare vittime civili. E dopo un conflitto a fuoco hanno ucciso Bin Laden e hanno preso in custodia il suo corpo. Per oltre due decenni Bin Laden è stato il leader e il simbolo di Al Qaida e ha continuato a pianificare attacchi contro il nostro paese e alleati. La morte di Bin Laden segna il risultato significativo nell’impegno della nostra nazione di sconfiggere Al Qaida. Tuttavia la sua morte non segna la fine del nostro impegno. Non ci sono dubbi sul fatto che Al Qaida continuerà a perseguire attacchi contro di noi. Noi dobbiamo rimanere vigili in patria e fuori, e lo saremo…”.
Prima poche centinaia. Poi, a migliaia, giovani e giovanissimi, hanno affollato, ci dicono, i giardini di Lafayette Park, davanti alla Casa Bianca, urlando con foga tutta la loro gioia. In realtà per quello che abbiamo potuto vedere le reazioni del mondo intero sono state diverse, convulse. A partire dai parenti delle vittime, se è vero che qualcuno ha manifestato tutta la sua gioia e liberazione non sono mancate le voci di chi “stranamente”, proprio tra i parenti, non si sentiva di esultare.
Perché? Perché il terrorismo non è finito? O per quale altro motivo?
“Di fronte alla morte di un uomo un cristiano non si rallegra mai…”, ha detto padre Lombardi. Difatti non ci rallegriamo per la morte di quest’uomo, anche se è l’uomo più odiato al mondo.
Con tutto quello che di atroce e abominevole si può e si deve attribuire a Bin Laden, chi può sentire piena soddisfazione, definitiva pace nella sua fine terrena?
Fin dentro lo straziante dolore e l’inevitabile rabbia per la perdita di famigliari innocenti a causa di una violenza oltremisura e senza scrupoli, la morte del primo responsabile di tutto questo è la risposta piena e soddisfacente alla vita, al dolore ed anche alla morte propria o dei propri cari?
Non ci inoltriamo dentro quello che rappresenta l’uccisione di Bin Laden negli equilibri precari di una politica mondiale. Non desideriamo entrare nel merito di come la cattura e la morte di Osama siano accadute, se mai veramente si saprà! Siamo certi, però, che per mesi o per anni ne sentiremo parlare e che ci troveremo di fronte all’ennesimo e tragico reality show, fatto di vere o false notizie, ricostruzioni, indiscrezioni, testimonianze e dichiarazioni.
Ma dobbiamo continuare a chiederci: questa è la giustizia che cerca il nostro cuore?“
Di fronte alla morte di un uomo, un cristiano non si rallegra mai – e ha continuato padre Lombardi – ma riflette sulle gravi responsabilità di ognuno davanti a Dio e agli uomini, e spera e si impegna perché ogni evento non sia occasione per una crescita ulteriore dell’odio, ma della pace”.
Tutto questo è accaduto proprio in concomitanza al grandioso evento della proclamazione a Beato di Giovanni Paolo II che non ha mancato di insegnarci richiamarci e testimoniarci dove si fonda la speranza e come sia realmente possibile la pace, la cui causa affidiamo ora particolarmente anche alla sua intercessione riattraversando queste parole estrapolate dal suo libro Memoria e identità:
“Offrendosi liberamente alla passione e alla morte di croce, il Figlio di Dio ha preso su di sé tutto il male del peccato. La sofferenza di Dio crocifisso non è soltanto una forma di sofferenza accanto alle altre, un dolore più o meno grande, ma è una sofferenza di grado e misura incomparabili. Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza, l’ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell’amore. È vero, la sofferenza entra nella storia dell’uomo con il peccato delle origini. È il peccato quel “pungiglione” (cfr. 1Cor 15,55-56) che ci infligge dolore, che ferisce mortalmente l’essere umano. Ma la passione di Cristo sulla croce ha dato un senso radicalmente nuovo alla sofferenza, l’ha trasformata dal di dentro. Ha introdotto nella storia umana, che è storia di peccato, una sofferenza senza colpa, affrontata unicamente per amore. È questa la sofferenza che apre la porta alla speranza della liberazione, dell’eliminazione definitiva di quel “pungiglione” che strazia l’umanità. È la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell’amore e trae anche dal peccato una multiforme fioritura di bene […] Nell’amore che ha la sua sorgente nel cuore di Cristo sta la speranza per il futuro del mondo. Cristo è il Redentore del mondo: «Per le sue piaghe noi siamo stati guariti»”.