Ciccio e Tore sono nella gioia del Paradiso
Dopo la preghiera dell’Angelus di ieri 02 marzo il Santo Padre ha riposto all’attenzione di ciascuno tra i gravi avvenimenti accaduti in queste settimane la “triste fine” di Francesco e Salvatore Pappalardi, scomparsi da Gravina di Puglia il 05 giugno 2006 dicendo:
“Nel corso della settimana la cronaca italiana ha appuntato la sua attenzione sulla triste fine di due bambini, noti come Ciccio e Tore. Una fine che ha profondamente colpito me come tante famiglie e persone. Vorrei cogliere l’occasione per lanciare un grido a favore dell’infanzia: prendiamoci cura dei piccoli! Bisogna amarli e aiutarli a crescere. Lo dico ai genitori, ma anche alle istituzioni. Nel lanciare questo appello, il mio pensiero va all’infanzia di ogni parte del mondo, particolarmente a quella più indifesa, sfruttata e abusata. Affido ogni bambino al cuore di Cristo, che ha detto: «Lasciate che i bambini vengano a me!» (Lc 18,16)”.
Il Vescovo di Gravina Mons. Mario Paciello, nella sua lettera ai ragazzi del paese datata 29 febbraio, aveva dato voce ad una domanda che forse alcuni o molti di noi si sono ritrovati a partire dal momento in cui sono stati rinvenuti i corpicini di Ciccio e Tore e man mano che si susseguono le ipotesi e le ricostruzioni di un fatto così tragico e inspiegabile: “Dov’era Dio?”.
In quelle ore terribili, durante le atroci e incolpevoli sofferenze e la solitudine di Ciccio e Tore, “Dov’era Dio?”. “Dov’era Dio?”.
Mons. Paciello risponde… per la loro famiglia, risponde per noi… risponde nell’unico modo in cui il cuore di mamma Rosa, e di tutte le mamme che al sol pensiero che possa accadere una cosa del genere inorridiscono, trova conforto, certezza, speranza, strada.
È una lettera commovente quella che riportiamo nella sua interezza e che si muove a compassione della “primavera gravinese”, di questi ragazzini forse per la maggior parte figli di nessuno, fino a dare loro suggerimenti e indicazioni che sembrerebbero banali ma che traducono proprio quel “prendersi cura dei piccoli” che il Papa ha auspicato dopo l’Angelus.
Carissimi ragazzi,
desidero tantissimo farvi sentire la vicinanza e l’affetto del Vescovo in questo momento molto amaro e doloroso della vostra fanciullezza o adolescenza.
Poiché non posso raggiungervi di persona, uno per uno, ho pensato di scrivervi: così possiamo riprendere il nostro colloquio ogni volta che vorrete leggere questa lettera o quando desidererete scrivermi. La caduta di Michele in fondo al pozzo in via Consolazione, il 25 febbraio scorso, ha posto la parola fine ai mille interrogativi di questi venti mesi sulla sorte di Francesco e Salvatore Pappalardi.
Purtroppo la nostra tenace speranza di rivederli vivi è stata smentita dal raccapricciante ritrovamento dei loro corpi senza vita. Ora, però, abbiamo un’altra speranza che è certezza: finora non sapevamo dove erano Francesco e Salvatore; ora sappiamo che sono nella gioia del Paradiso.
Voi sapete che abbiamo pregato tanto perché il Signore ci mettesse sulle tracce di Francesco e Salvatore. La nostra preghiera non è stata vana: ha accompagnato i fratellini mentre soffrivano; ha ottenuto la grazia del ritrovamento; e per farceli ritrovare, il Signore si è servito di voi, della disavventura felicemente conclusa di Michele, del coraggio dell’amico che non lo ha abbandonato.
In questi giorni tanti si sono chiesti: “Dov’era Dio?”.
Ve lo dico io dov’era Dio: è stato accanto a Francesco e Salvatore a soffrire con loro come quando era in croce. E sapete perché?
Perché negli ultimi giorni Francesco e Salvatore hanno vissuto la passione di Gesù: hanno sofferto dolori atroci, sete, fame, freddo, paura, buio, solitudine. Certamente hanno chiesto aiuto, ma le loro voci non sono giunte alle nostre orecchie. Certamente hanno pregato, e la Madonna è stata accanto a loro come era accanto a Gesù in croce, e ha pregato per loro. Gesù ha pianto e sofferto con loro e se li è portati in Paradiso, come quei due angeli disegnati da uno di voi, purificati da un vero e proprio martirio. Non sappiamo quando potremo celebrare la Messa solenne per offrire al Signore Francesco e Salvatore, prima di seppellire i loro corpi; ma vorrei sentire che voi pregate con me tutti i giorni, non solo per loro, ma anche per tutti i bambini e i ragazzi del mondo, specialmente per quelli più sfortunati o esposti ai pericoli.
Voi ragazzi, vi sentite così forti, vivaci, coraggiosi, sicuri che non avete paura di nulla; a volte sfidate il pericolo. Ma non vi rendete conto di quanto è preziosa e fragile la vostra vita. Questo vi espone ogni giorno al rischio di comprometterla o di perderla con delle imprudenze, che talvolta si rivelano tragiche. L’esperienza di Francesco, Salvatore e di Michele deve farvi diventare più saggi:
– non andate in luoghi sconosciuti;
– non allontanatevi da casa senza avvertire i genitori;
– non accettate inviti a seguire persone che non conoscete;
– non salite in moto o macchine guidate da giovanissimi o da spericolati, da minorenni o da non patentati.
– mettete al corrente i genitori di tutto quello che vi capita e delle persone che vi avvicinano.
– frequentate gli oratori, inseritevi in associazioni parrocchiali, scoutistiche, sportive, artistiche.
– non allontanatevi dalla parrocchia per la Messa, il catechismo, la vita di gruppo, i campiscuola, le attività ricreative.
– chiedete ai giovani e agli adulti che fanno volontariato di fare esperienze con loro;
– interessatevi dei bambini e dei ragazzi dei paesi poveri.
Un’ultima cosa vorrei dirvi, prima di salutarvi, ragazzi!
Non abbiate paura dei Carabinieri, della Polizia, dei Vigili Urbani. Queste persone non sono “Mangiafuoco” che terrorizza Pinocchio. Sono papà e mamme di famiglia a servizio della sicurezza e dell’ordine della città, pronti a correre qualunque rischio quando si verificano incidenti, delitti, disastri.
Dico questo pensando a ciò che ha raccontato il ragazzo che ha cercato di aiutare Michele caduto in fondo al pozzo. Alcuni compagni presenti alla caduta di Michele sono andati via, per non avere storie con la Polizia. Se l’amichetto che è rimasto sul posto non avesse fatto quanto poteva perché arrivassero i soccorsi, Michele oggi non lo avremmo più e la nostra Città sarebbe ripiombata nelle pagine di cronaca nera dei giornali e della TV. Non giudico, né condanno i compagni di Michele che sono fuggiti, perché certamente sono stati presi dal panico, e sono certo che, dopo essersi ripresi dallo spavento, avrebbero anch’essi dato l’allarme. Vorrei però che l’episodio insegnasse a tutti come comportarsi in questi casi.
Quando si conosce un fatto, specialmente se una vita è in pericolo, se qualcuno ha bisogno di aiuto, se un innocente è accusato, non si deve tacere: bisogna raccontare, testimoniare, adoperarsi perché siano evitati mali peggiori. Se uno fugge o fa silenzio si comporta da egoista: è uno che non vuole noie, che pensa soltanto a se stesso, che ha paura di essere coinvolto. Li per lì può credere di aver fatto la scelta migliore, ma dopo resta col rimorso per tutta la vita. Per questo mi sembra doveroso proporre alla vostra attenzione l’amico che ha contribuito a salvare Michele, perché ha dimostrato di avere il vero senso dell’amicizia e un grande senso responsabilità. Egli ha affrontato da solo un momento drammatico, facendo dei tentativi per aiutare l’amico, per confortarlo e andando poi ad avvertire la famiglia.
Auguriamoci che Michele si ristabilisca al più presto; che questo salvataggio sia l’inizio di un nuovo libro della vita di Gravina, scritto dalla primavera gravinese che siete voi. Così il sacrificio di Francesco e Salvatore farà fiorire una nuova generazione di giovani che porteranno in alto il nome della loro Città.
Vi abbraccio e vi benedico.
Il vostro vescovo, Mario