Chi è Paolo?
Sabato 28 giugno il Santo Padre ha ufficialmente aperto, presso la tomba dell’Apostolo delle genti, l’Anno Paolino che durerà fino al 29 giugno 2009, per ricordare e festeggiare il bimillenario della nascita di San Paolo.
Questo speciale giubileo avrà come baricentro Roma, in particolare la Basilica di San Paolo fuori le Mura e il luogo del martirio, alle Tre Fontane, ma esso coinvolgerà comunque la Chiesa intera, a partire da Tarso, città natale di Paolo, e dagli altri luoghi paolini, meta di pellegrinaggi nell’attuale Turchia, come pure in Terra Santa, e nell’Isola di Malta, dove l’Apostolo approdò dopo un naufragio e gettò il seme fecondo del Vangelo.
Benedetto XVI, nella celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino, ha iniziato la sua Omelia ricordando così l’uomo Paolo: “Siamo riuniti presso la tomba di san Paolo, il quale nacque, duemila anni fa, a Tarso di Cilicia, nell’odierna Turchia. Chi era questo Paolo? Nel tempio di Gerusalemme, davanti alla folla agitata che voleva ucciderlo, egli presenta se stesso con queste parole: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città [Gerusalemme], formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio…» (At 22,3). Alla fine del suo cammino dirà di sé: «Sono stato fatto… maestro delle genti nella fede e nella verità» (1Tm 2,7; cfr 2Tm 1,11). Maestro delle genti, apostolo e banditore di Gesù Cristo, così egli caratterizza se stesso in uno sguardo retrospettivo al percorso della sua vita. Ma con ciò lo sguardo non va soltanto verso il passato. «Maestro delle genti» – questa parola si apre al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi”.
Il Papa ha sottolineato infatti che l’indizione di questo speciale Anno Paolino non è occasione di riflessione su una storia passata, perché “Paolo vuole parlare con noi oggi”. Dunque questo Anno è una possibilità tutta privilegiata “per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, «la fede e la verità», in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo”.
La cerimonia si è aperta con l’accensione di una speciale “Fiamma Paolina”, che resterà accesa durante tutto l’anno in uno speciale braciere posto nel quadriportico della Basilica, e dalla inaugurazione della “Porta Paolina”, attraverso la quale Benedetto XVI è entrato nella Basilica accompagnato dal Patriarca di Costantinopoli, dal Cardinale Arciprete e da altre Autorità religiose.
Infatti l’apertura dell’ “Anno Paolino” ha assunto un particolare carattere ecumenico per la presenza di numerosi delegati e rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali accolte dal Santo Padre con immensa gioia.
Ha poi continuato il Santo Padre nella sua Omelia: “Chi era Paolo? Ci chiediamo soprattutto: Chi è Paolo? Che cosa dice a me? (…) «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Tutto ciò che Paolo fa, parte da questo centro. La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo”.
Il Papa ha proseguito spiegando che proprio questa coscienza di essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore era ciò che lo motivava nel più profondo tanto da poter sopportare per questo la lotta, la persecuzione, la sofferenza; e che questa stessa coscienza era a fondamento della sua vera libertà. Come un severo e attualissimo monito contro la libertà ridotta a pretesto per l’arbitrio e l’egoismo Papa Benedetto ha ricordato attraverso la vita di San Paolo che “questo amore è ora la «legge» della sua vita e proprio così è la libertà della sua vita. Egli parla ed agisce mosso dalla responsabilità dell’amore. Libertà e responsabilità sono qui uniti in modo inscindibile. Poiché sta nella responsabilità dell’amore, egli è libero; poiché è uno che ama, egli vive totalmente nella responsabilità di questo amore”.
Davanti alla memoria viva dell’incontro di Paolo con Gesù sulla via di Damasco che trasformò per sempre la vita di Paolo e in cui Cristo manifesta pienamente la sua presenza permanente nella Chiesa, “si identifica con la Chiesa in un solo soggetto”, il Papa in maniera accorata ha fatto una richiesta urgente: “Con queste parole si rivolge a noi, in quest’ora, non soltanto Paolo, ma il Signore stesso: Come avete potuto lacerare il mio Corpo? Davanti al volto di Cristo, questa parola diventa al contempo una richiesta urgente: Riportaci insieme da tutte le divisioni. Fa’ che oggi diventi nuovamente realtà: C’è un solo pane, perciò noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo”.
Il Santo Padre ha poi concluso la sua splendida Omelia richiamando a ciascuno il senso e il valore della propria vita perché “là dove non c’è niente che valga che per esso si soffra, anche la stessa vita perde il suo valore”. Questo perché “l’incarico dell’annuncio e la chiamata alla sofferenza per Cristo vanno inscindibilmente insieme”. Ha detto infatti: “La chiamata a diventare il maestro delle genti è al contempo e intrinsecamente una chiamata alla sofferenza nella comunione con Cristo, che ci ha redenti mediante la sua Passione. In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza; non può essere servitore della verità e così servitore della fede. Non c’è amore senza sofferenza – senza la sofferenza della rinuncia a se stessi, della trasformazione e purificazione dell’io per la vera libertà”.
Ringraziando il Signore “perché ha chiamato Paolo, rendendolo luce delle genti e maestro di tutti noi”, ci uniamo alla preghiera del nostro amato Papa, mendicando di essere oggi anche noi “testimoni della risurrezione, colpiti dal Suo amore e capaci di portare la luce del Vangelo nel nostro tempo”. Il giubileo di san Paolo invita e aiuta ulteriormente tutti noi cristiani, nella Comunione e nella piena Unità della Chiesa, ad essere missionari del Vangelo.
San Paolo, prega per noi!
Alcuni articoli di Rassegna Stampa :
Benedetto XVI e Bartolomeo I – L’abbraccio e la parola
Agensir – 30 giugno 2008
Il Papa: l’esempio di Paolo per ricomporre le divisioni
Avvenire – 29 giugno 2008
Così Roma racconta la vita dell’Apostolo
Avvenire – 29 giugno 2008
Anche per le Chiese dell’Asia inizia l’Anno Paolino
Asianews – 28 giugno 2008