“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27)
Questa è la sconvolgente notizia che si poteva leggere sui quotidiani qualche giorno fa: l’ultima novità del luna park dell’Idroscalo di Milano è la simulazione, a pagamento, della morte di un manichino dalle reali sembianze umane sulla sedia elettrica; sembra incredibile ma con un solo euro chi voleva poteva vedere con i propri occhi come muore un essere umano condannato alla sedia elettrica!
Lo spettacolo era raccapricciante: in alcuni minuti, venivano simulate le smorfie di dolore e sofferenza di un uomo incatenato e spogliato durante le scariche elettriche fino alla morte.
Per alcuni, tra cui il sindaco Moratti, si trattava di una situazione orripilante e indegna, perché spettacolarizzava l’esecuzione di un uomo come se fosse un gioco. Per altri invece era solo una novità divertente, uno spettacolino a basso costo.
Per niente turbato, da parte sua, il padrone della giostra che si è visto sequestrare, per violazione dell’art. 725 c.p. (Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza) il marchingegno dal PM di Milano, Antonio Sangermano, che ha iniziato a svolgere indagini sul fatto.
Questa vicenda vergognosa ha per oggetto una finzione ma fa emergere quello che nel mondo è ancora una delle piaghe inestirpabili: la pena di morte. Proprio in questi giorni, infatti, sono stati resi noti nel rapporto 2008 di Nessuno tocchi Caino, “La pena di morte nel mondo” i dati sulle uccisioni a seguito dell’applicazione della pena di morte del 2007: 5.851 deceduti.
Paradossalmente sono diminuiti i Paesi che la applicano ma le morti aumentano. Ed il Paese che ne ha il “primato” è la Cina (Il Giornale del 25.07.08). Non è solo una questione etica e morale come tanti, anche autorevoli associazioni internazionali, intendono: il punto è che anche qui l’uomo si fa Dio, decidendo che la vita di un delinquente non è più sanabile, è senza speranza al punto tale da non avere più valore e da poter essere così cancellata.
Scriveva Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae, ai paragrafi 76 e 77:
“Il comandamento «non uccidere» stabilisce quindi il punto di partenza di un cammino di vera libertà, che ci porta a promuovere attivamente la vita e sviluppare determinati atteggiamenti e comportamenti al suo servizio: così facendo esercitiamo la nostra responsabilità verso le persone che ci sono affidate e manifestiamo, nei fatti e nella verità, la nostra riconoscenza a Dio per il grande dono della vita (cf. Sal 139/138, 13-14). Il Creatore ha affidato la vita dell’uomo alla sua responsabile sollecitudine, non perché ne disponga in modo arbitrario, ma perché la custodisca con saggezza e la amministri con amorevole fedeltà. Il Dio dell’Alleanza ha affidato la vita di ciascun uomo all’altro uomo suo fratello, secondo la legge della reciprocità del dare e del ricevere, del dono di sé e dell’accoglienza dell’altro. Nella pienezza dei tempi, incarnandosi e donando la sua vita per l’uomo, il Figlio di Dio ha mostrato a quale altezza e profondità possa giungere questa legge della reciprocità”. Ed ancora “…Il comandamento del «non uccidere», anche nei suoi contenuti più positivi di rispetto, amore e promozione della vita umana, vincola ogni uomo. Esso, infatti, risuona nella coscienza morale di ciascuno come un’eco insopprimibile dell’alleanza originaria di Dio creatore con l’uomo; da tutti può essere conosciuto alla luce della ragione e può essere osservato grazie all’opera misteriosa dello Spirito che, soffiando dove vuole (cf. Gv 3, 8), raggiunge e coinvolge ogni uomo che vive in questo mondo”.
Di certo chi commette dei reati deve risponderne davanti alla giustizia, ma nulla, neanche il male più tremendo, può far venire meno il rispetto della vita in sé, né può autorizzare un uomo ad alzare la mano contro un altro uomo.