All’Europa si chiede di non snaturare la sua cultura e di non estirpare le sue radici, in una visione solo utilitaristica della convivenza
Si è celebrata ieri, venerdì 20 giugno, la giornata mondiale dei Rifugiati promossa dall’Onu, nell’anno in cui ricorre il 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani. La giornata è stata dedicata al tema della protezione, intesa principalmente come tutela del diritto d’asilo contro i tentativi di erosione di questo diritto; ma protezione intesa anche come riparo, come aiuto materiale e concreto. In concomitanza a questa giornata Amnesty International è intervenuta per chiedere agli Stati di riaffermare il diritto di ogni persona a cercare e ottenere asilo dalla persecuzione, così come è riconosciuto appunto dall’art. 14 della Dichiarazione del 1948.
E proprio il giorno precedente, giovedì 18 giugno il Parlamento europeo con 369 sì, 197 no e 106 astenuti, ha approvato in prima lettura la controversa direttiva sui rimpatri degli extracomunitari clandestini. Tra i vari punti controversi della direttiva c’è certamente e non per ultimo anche quello del divieto di ritorno degli extracomunitari clandestini per cinque anni nei paesi dell’Ue da cui sono stati espulsi. Molte organizzazioni di difesa dei diritti umani hanno sollevato il fatto che il divieto potrebbe pregiudicare la concessione dell’asilo per le persone espulse che potrebbero trovarsi, successivamente, nelle condizioni di invocarlo.
In occasione di questa giornata del Rifugiato sono state diffusi dei dati in merito alquanto preoccupanti. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR, United Nations High Commissioner Refugees) ha diffuso un rapporto, il “Global trends” secondo cui in effetti, in soli due anni, parlando di rifugiati sotto l’ala protettrice dell’Alto Commissariato, il numero è passato da 9,9 a 11,4 milioni. Quello degli sfollati, poi, raggiunge i 26 milioni, di cui la metà è in Africa.
Dai nuovi dati messi a disposizione emerge anche come gli afgani (di cui circa 3 milioni sono ancora rifugiati, la maggior parte in Pakistan ed in Iran) e gli iracheni (circa 2 milioni dei quali sono fuggiti dal paese, perlopiù in Siria ed in Giordania) costituiscano quasi la metà del numero totale di rifugiati di cui si occupava l’UNHCR alla fine del 2007.
”Fra le aree del mondo che hanno causato un inasprimento del problema rifugiati ci sono Iraq e Afghanistan, dove i conflitti in corso da anni inducono alla fuga una parte crescente della popolazione. Fra i problemi messi in luce dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite, ci sono alcune emergenze globali che hanno un’influenza diretta sugli spostamenti di grandi masse di persone. In questo senso i fattori che contribuiscono al deteriorarsi del problema sono numerosi e s’intrecciano fra loro: i conflitti nei punti caldi del pianeta, la mancanza di democrazia in molti paesi, il drammatico rialzo dei prezzi dei generi alimentari che ha colpito maggiormente i più poveri e sta generando instabilità in molte zone e, infine, il deteriorarsi dell’ambiente a causa dei cambiamenti climatici, che, a sua volta, porta ad una maggiore competizione per risorse sempre più scarse” (Agenzia Fides – 19/06/2008).
Proprio nello stesso giorno il Cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, sottolineando che la giornata mondiale che si celebra per iniziativa dell’Onu è occasione per riaffermare i principi fissati dalla Dottrina sociale della Chiesa e recepiti altresì dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ha affermato con vigore, forza e chiarezza che l’accoglienza dello straniero è nel cuore dell’identità europea.
“La ricorrenza – afferma il Cardinale – giunge quest’anno all’indomani di un voto del Parlamento europeo che recepisce una nuova direttiva in materia di immigrazioni. La Chiesa non è certo ostile in modo preconcetto alla volontà europea di regolare i flussi migratori, ma afferma che questa deve non solo tutelare i diritti dell’uomo, ma basarsi su di essi. Tra tali diritti c’è quello del rifugiato a essere protetto. Tra i doveri che ne conseguono c’è quello di proteggere gli individui perseguitati a motivo della razza, della nazionalità, della religione, delle idee politiche o dell’appartenenza a gruppi sociali, come prevede la Convenzione di Ginevra del 1951. Altrettanto garantita deve essere la protezione sussidiaria che la comunità internazionale si è impegnata a dare a quanti, pur in assenza di una persecuzione individuale, sono in fuga da contesti di guerra o di violenza generalizzata”.
E proseguendo nel suo intervento il Cardinale ha sottolineato che la prima risposta deve essere in una integrazione che trovi equilibrio, così come affermato dal Santo Padre attraverso l’espressione di “ragionevolezza civica”, tra il rispetto dell’identità propria e il riconoscimento di quella altrui, senza il quale non si scioglierebbe la tensione tra sicurezza e accoglienza.
Il Cardinale ha poi concluso il suo intervento dicendo: “Governi e istituzioni europee devono certo tener conto degli interessi nazionali e comunitari, ma nel contesto del bene comune universale. Il pensiero europeo, alfiere dei diritti dell’uomo, può e deve essere volto al raggiungimento del bene comune dell’intera umanità, uno scopo che richiede sostegno, solidarietà, assistenza e cooperazione. All’Europa si chiede un supplemento d’anima, o forse una riaffermazione di se stessa, per non varcare il limite oltre il quale perderebbe il proprio umanesimo” (L’Osservatore Romano – 20 giugno 2008).
E proprio il Santo Padre, incontrando questo giovedì in Vaticano i partecipanti all’Assemblea della Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali (ROACO), ha denunciato l’esodo dei cristiani in Terra Santa, Libano e Iraq a causa della situazione di instabilità e violenza che si vive in questi Paesi. E ha rivolto un appello ai responsabili delle Nazioni “perché siano offerte al Medio Oriente, e in particolare alla Terra di Gesù, al Libano e all’Iraq la sospirata pace e la stabilità sociale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, compresa una reale libertà religiosa” (…) È la pace, del resto, l’unica via per affrontare anche il grave problema dei profughi e dei rifugiati, e per fermare l’emigrazione, specialmente cristiana, che ferisce pesantemente le Chiese Orientali” (Discorso del Santo Padre ai partecipanti all’assemblea della R.O.A.C.O. – 19 giugno 2008).