A scuola di …?!?
Il Giornale il 7 novembre u.s. ha pubblicato la notizia secondo cui in una scuola media di Padova, precisamente nella classe seconda, è stata assegnata agli alunni la seguente traccia per la composizione di un tema: “Se nella tua classe è presente un compagno antipatico, oppure un professore altamente noioso, escogita un piano diabolico per sbarazzartene, naturalmente attraverso la penna! Racconta, ambientando il giallo fra le pareti della tua scuola. Abbi cura di: presentare personaggi e abitudini; inscenare il ritrovamento di un cadavere; risalire alle caratteristiche della vittima, tali da «giustificare» la soppressione; raccogliere indizi e prove a carico di qualcuno davvero insospettabile”.
Il lecito impatto immediato è stato quello di pensare a un professore un po’ fuori di sé. Ancor di più il dato fa trasalire per il fatto che la suddetta sconvolgente traccia è stata ripresa letteralmente dal docente di classe dal libro di testo. Insomma l’antologia adottata dalla classe suggerisce proprio questa traccia come esercitazione. (Tema in classe: come uccideresti il tuo compagno?).
Questo fatto così riprovevole ci sembra essere solo la punta di un fenomeno, di qualcosa che da tempo ci sta invadendo in tutta la sua violenza.
All’ordine del giorno tv e mass media ci bombardano con continue e drammatiche notizie di cruente uccisioni che coinvolgono spesso parenti ed amici e provocate da motivazioni apparentemente futili; ci bersagliano con ricostruzioni, dettagli e macabre “curiosità” inerenti ai delitti più efferati e violenti, anzi proprio e solo queste sembrano essere le notizie che più fanno audience, il tema da mettere al centro di intere serate di confronti, speciali, talk show, per prendersi poi anche il lusso di romanzare intorno ai poveri “protagonisti”.
Le serie tv superano ormai di molto il genere poliziesco classico incentrando tutta l’attenzione, la narrazione, il contenuto di un film sui dettagli, sulle prove a difesa dell’uno o per inchiodare un altro e in cui la scienza sembra diventare la vera protagonista nella lotta contro il crimine.
Come non cogliere inoltre un crescente clima generale di continua tensione e diffidenza nei confronti dell’altro, dove ci si approssima non solo verso un “estraneo” o un “diverso” ma sempre più anche verso quei volti che dovrebbero essere più famigliari e suscitare più fiducia, con un atteggiamento di dubbio, di non detto sospetto, di inquieto “retropensiero” capace di minare pian piano le basi e le fondamenta del vivere comune, di mettere per sempre in crisi parole semplici e intoccabili: “amico”, “compagno”!
La proposta di questo tema sta dentro questo lento e distruttivo processo. Va a confermare l’assurda tendenza ed educazione al fatto che se la realtà non è come la voglio io, in qualche modo, la devo cambiare. Di fronte ad una circostanza che non mi corrisponde, che non è come la vorrei, come quella di un compagno di classe semplicemente “antipatico”, non c’è nessuna domanda da far emergere, da tirare fuori e giudicare, ma solo l’idea di potersene sbarazzare, in tutti i sensi.
E se anche la scelta scolastica (e la scelta dell’autore dell’antologia) fosse stata dettata dal desiderio di proporre l’approssimazione al genere letterario “giallo”, che in alcune sue accezioni è certamente utile a stimolare la fantasia, la creatività e la logica degli alunni, come si può reggere l’idea di far immedesimare un poco più che bambino di 12 – 13 anni con il carnefice del suo compagno di banco o del suo professore, dandogli in questo modo la drammatica possibilità di familiarizzare con il più disumano dei crimini!
Insomma, a scuola di…?!?