“Vogliono sterminare i cristiani”
È di soli pochi giorni fa la notizia della strage dei cristiani copti in Egitto: 26 morti e più di 200 feriti.
Questi i tragici eventi. Tutto è iniziato ed è atrocemente terminato il 9 ottobre, quando i cristiani copti hanno iniziato a sfilare per le vie de Il Cairo, per chiedere le dimissioni del governatore di Aswan dopo l’incendio di una chiesa. Si trattava di una dimostrazione pacifica che poi si è improvvisamente trasformata in tragedia. Testimoni oculari sostengono che ad un certo punto i dimostranti sono stati assaliti da un gruppo di teppisti in borghese che hanno cominciato a tirare sassi e a sparare. I cristiani hanno risposto come potevano, con lancio di sassi, e l’esercito, per tutta risposta, ha attaccato: un veicolo militare ha perfino investito e schiacciato alcuni manifestanti, gli agenti hanno inoltre sparato sulla folla proiettili di gomma e bombe lacrimogene. Asianews racconta di corpi stritolati e irriconoscibili. Un sacerdote è uscito dalla piazza con in mano un sacchetto contenente la testa spappolata di un ragazzo di nome Peter, chiedendo alla gente come poteva fare per recapitare i miseri resti alla famiglia. Un dottore esperto in medicina legale, che lavora nell’obitorio di Stato, ha affermato di non aver mai visto cadaveri così martoriati, nemmeno ai tempi della strage di Luxor avvenuta alla fine degli anni ’90.
Quella del 9 ottobre è solo uno degli episodi di violenza contro i cristiani, segno di un clima di intolleranza che ormai va avanti da tempo. Prima di tali tragici eventi una nota giornalista, Farida al Shubashy, ha addirittura scritto in un articolo “che lo spirito del nazismo sta rivivendo in Egitto. Come Hitler voleva lo sterminio degli ebrei, così fondamentalisti islamici e salafiti vogliono sterminare i cristiani”. Il clima di repressione è evidente: le violenze anti-cristiane sembrano essere, secondo molti, parte di una campagna elettorale per aumentare il consenso verso i partiti islamici in prossimità delle elezioni politiche il prossimo 28 novembre.
I cristiani in Egitto costituiscono il 10% dell’intera popolazione. Essi subiscono quotidianamente emarginazione dalle cariche pubbliche e freni alla libertà religiosa, sia nella costruzione di chiese che nella libertà di evangelizzare e di conversione.
La strage ha profondamente addolorato il Papa, che all’Udienza Generale tenuta in piazza San Pietro per oltre 30 mila pellegrini, ha lanciato un appello affinché la società egiziana ritrovi “una vera pace, basata sulla giustizia e sul rispetto della libertà e dignità di ogni cittadino” “Mi unisco – ha assicurato – al dolore delle famiglie delle vittime e dell’intero popolo egiziano, lacerato dai tentativi di minare la coesistenza pacifica fra le sue comunità, che è invece essenziale salvaguardare, soprattutto in questo momento di transizione”. “Inoltre – ha concluso – sostengo gli sforzi delle autorità egiziane, civili e religiose, in favore di una società nella quale siano rispettati i diritti umani di tutti, e in particolare delle minoranze, a beneficio dell’unita’ nazionale”.
Non va meglio in altre parti del mondo.
“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura…”. Questo è il cuore dei viaggi di molti missionari nel mondo che rischiano la propria vita pur di portare ad ogni uomo della Terra l’Amore di Dio e la Compagnia della Santa Chiesa. Purtroppo però non sempre trovano accoglienza o comunque tolleranza, specie negli Stati totalitari.
Potrebbe parlarcene padre Angelo Lazzarotto, 86 anni, che poche settimane fa – appena messo piede a Pechino alla guida di un gruppo di pellegrini – ha dovuto fare dietrofront.
Padre Lazzarotto – che ha operato in Hong Kong per alcuni anni – visita regolarmente la Cina dai tempi delle prime aperture del dopo-Mao, e vanta numerosi contatti col mondo accademico, oltre che ecclesiale.
Ma anche il confratello padre Gianni Criveller si è visto costretto a lasciare la Cina a fine luglio, senza plausibili spiegazioni, sebbene in possesso di un permesso di lavoro ad hoc come “esperto straniero”. Sul numero di ottobre di Missionari del Pime, padre Criveller scrive: “I missionari che oggi tentano di seguire le orme di Matteo Ricci in Cina e di raccoglierne l’eredità sperimentano simili successi e sconfitte, analoghe difficoltà culturali, psicologiche e politiche. Nel mio piccolo, dopo tanti anni dedicati alla preparazione, ho sperimentato la gioia di raggiungere finalmente Pechino, ottenendo il permesso di lavoro presso un’università e la possibilità di aiutare in modo qualificato studenti e studiosi cinesi nelle loro ricerche sul cristianesimo. Proprio nell’anno del venticinquesimo di sacerdozio, poche settimane fa, ho anche vissuto l’amarezza dell’improvvisa, brusca interruzione di questo promettente progetto”.
Purtroppo non si tratta di casi isolati. Riferisce il quotidiano Avvenire: “Dal mese di giugno a oggi, le autorità di Pechino hanno impedito l’ingresso in Cina continentale a nove sacerdoti cattolici (quattro italiani, un francese e quattro di origine cinese), nonostante tutti fossero in possesso di regolari visti. Esisterebbe persino una black list, cioè una lista nera, con una ventina di nomi di persone considerate «legate al Vaticano», alle quali non è permesso di entrare in Cina. Una vera e propria ritorsione – secondo alcuni osservatori – contro i severi provvedimenti adottati dalla Santa Sede all’indomani delle ordinazioni episcopali illecite”.
Uno dei missionari bloccati da Pechino è padre Franco Mella, 62 anni, da anni “pendolare” fra Hong Kong e Cina. A fine luglio gli è stato negato il visto di ingresso a Shenzhen (nel Guangdong): la prima volta in vent’anni. Impegnato da tempo nelle battaglie per i diritti civili a Hong Kong (l’ultimo, recente successo riguarda il pronunciamento dell’Alta Corte locale in favore di una colf filippina), padre Mella gode di grande stima in Cina: nel 2006 il quotidiano di Xuzhou lo ha inserito in una lista delle 10 “persone più buone” della città.
Non possiamo che stringerci alle famiglie delle vittime in Egitto e pregare per chi ogni giorno vede la propria vita in pericolo perché testimone di Cristo.