“Dio benedica l’America”
Il 4 novembre scorso è stato eletto il 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Hussein Obama II, candidato democratico, 47enne e afroamericano. Dopo circa un anno di campagna elettorale e di confronto prima con Hillary Clinton, moglie dell’ex presidente Bill, e poi testa a testa con il repubblicano Mc Cain, i sondaggi hanno avuto ragione: Obama, infatti, è stato eletto con un alto indice di preferenze.
Si tratta di un evento per gli USA, ovviamente, ma non solo, visto che il presidente americano è in realtà il punto di riferimento anche della politica internazionale.
A maggior ragione in questo momento in cui l’economia mondiale e particolarmente quella americana si trovano in un grave stato di sofferenza, in cui la guerriglia in Iraq ed in altre parti del mondo continua quotidianamente a mietere vittime tra civili e militari, in cui è sempre altissima la tensione ad evitare il ripetersi di tragedie come quella dell’11 settembre. Insomma, non era un fatto di mera curiosità, ma molti attendevano l’elezione del nuovo presidente come attesa di un decisivo “cambiamento”.
Tantissime infatti sono state le aspettative manifestate.
Per esempio Amnesty International ha immediatamente sollecitato il nuovo presidente degli Usa “a mostrare autentica leadership, facendo dei diritti umani un tema centrale della sua nuova amministrazione. Un’azione concreta entro i primi 100 giorni rappresenterebbe la prova di un impegno genuino per allineare gli Usa ai propri obblighi internazionali”.
Eugenio Melandri, coordinatore della campagna “Chiama l’Africa”, commentando all’Agenzia Sir l’elezione di Barak Obama, ha manifestato la speranza in un nuovo rapporto tra USA e Africa: “Spero che dal punto di vista dei rapporti tra Usa e Africa ci sia finalmente la capacità, da parte degli Stati Uniti, di avere una attenzione alla voce dell’Africa, di capire le sue parole e le domande politiche ed economiche. E’ un fatto strepitoso che il figlio di un immigrato africano, che ha ancora i familiari in Kenya, diventi presidente degli Stati Uniti. Per l’Africa significa avere finalmente una parola…”
Il Custode di Terra Santa, Pierbattista Pizzaballa, riferisce all’agenzia Sir che “Obama avrà di fronte tante sfide in Medio Oriente dove gli Stati Uniti hanno giocato e continueranno a giocare un ruolo importante. La sua guida sarà determinante in questo. Ci auguriamo un serio, decisivo e positivo cambiamento ed un sempre maggiore personale coinvolgimento nella politica mediorientale, specialmente in Terra Santa, per arrivare ad una pace negoziata giusta e duratura”.
In ogni caso, proprio per il momento attuale, questa elezione è un’ “occasione storica” come l’ha definita Papa Benedetto XVI nel messaggio inviato ad Obama in occasione della sua nomina dove “assicura le sue preghiere a Dio perché lo assista nelle sue alte responsabilità nel Paese e nella comunità internazionale”.
Quale azione politica infatti, e quale fattivo cambiamento potrà mai essere a favore dell’uomo, di ogni cittadino statunitense tanto quanto di un qualunque uomo africano o della Terra Santa se il neoeletto presidente non volgerà il suo sguardo a Dio, non si lascerà suggerire da Lui dentro i passi concreti della sua immensa responsabilità che segneranno la storia e non svolgerà dentro questo orizzonte il suo compito a favore del vero bene comune e di ciascuno?
Ci associamo alle preghiere del Papa che nel suo messaggio “invoca la benedizione di Dio sul presidente eletto e sul popolo statunitense perché con tutte le persone di buona volontà si possa costruire un mondo di pace, di solidarietà e giustizia”.