“Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”
È stato pubblicato nei giorni scorsi il Messaggio per la XXIV Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a livello diocesano il prossimo 05 aprile dal titolo: “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente” (1 Tm 4,10). Incamminati così verso il raduno internazionale in programma a Madrid nel 2011, che avrà invece come tema sempre le parole dell’apostolo Paolo: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7).
Il Santo Padre ha posto al centro della sua riflessione una domanda urgente e concreta: dove attingere e come tener viva nel cuore la fiamma della speranza?
Di fronte ad ostacoli quotidiani che sembrano insormontabili quali “difficoltà negli studi e mancanza di lavoro” – come non pensare a tanti nostri amici che stanno perdendo il lavoro o sono stati mandati in cassa integrazione o in mobilità -, “incomprensioni in famiglia, crisi nelle relazioni di amicizia o nella costruzione di un’intesa di coppia” – nel 2006 le separazioni in Italia sono state 80.407 e i divorzi 49.534 (fonte: IMGpress) –, “malattie o disabilità” – fino all’estremo nella realtà dello stato vegetativo che colpisce 2500 persone in Italia – “carenza di adeguate risorse come conseguenza dell’attuale e diffusa crisi economica e sociale”… la domanda diventa realmente impellente. Quale speranza? Dove trovarla?
“L’esperienza dimostra che le qualità personali e i beni materiali non bastano ad assicurare quella speranza di cui l’animo umano è in costante ricerca”, continua nel suo Messaggio il Santo Padre. “Questa speranza «può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere» (Spe salvi n. 31). Ecco perché una delle conseguenze principali dell’oblio di Dio è l’evidente smarrimento che segna le nostre società, con risvolti di solitudine e violenza, di insoddisfazione e perdita di fiducia che non raramente sfociano nella disperazione”.
Benedetto XVI individua questo smarrimento particolarmente nel contesto giovanile per cui esprime tutto il suo struggimento, e pone un giudizio serio sulla responsabilità di chi dovrebbe accompagnare i più giovani nel cammino educativo della vita: “Penso, cari giovani amici, a tanti vostri coetanei feriti dalla vita, condizionati da una immaturità personale che è spesso conseguenza di un vuoto familiare, di scelte educative permissive e libertarie e di esperienze negative e traumatiche”.
Di fronte a tali contesti famigliari e socio-culturali il Santo Padre esprime con forza che “per alcuni – e purtroppo non sono pochi – lo sbocco quasi obbligato è una fuga alienante verso comportamenti a rischio e violenti, verso la dipendenza da droghe e alcool, e verso tante altre forme di disagio giovanile”.
Eppure Benedetto XVI con estrema certezza ribadisce che anche le condizioni più penose non possono spegnere il desiderio di amore vero e di autentica felicità che alberga nel cuore di ogni uomo. Ci insegna Nicolino infatti:“…la prima manifestazione della misericordia di Dio è proprio nell’averci fatto con questo cuore. Nell’averlo tessuto in noi con questa natura ed esigenza indomabile ed irriducibile come affermano le sempre e care parole di sant’Agostino: «Ci hai fatto per te Signore, e il nostro cuore è inquieto se non riposa in te». E non sarà mai possibile ridurre il nostro cuore. Dentro tutte le macerie che possiamo ritrovare in una vita nutrita, abbeverata, avvelenata dalla menzogna, il cuore rimane ultimamente irriducibile, sempre vivo ed indomabile nella sua esigenza infinita. E quindi oggettivo come criterio. Tano da saper riconoscere chi lo può totalmente soddisfare e la menzogna di chi ne ha la pretesa. Sa riconoscerlo infallibilmente perché non è accontentabile se non dall’Infinito, dall’Eterno, dalla Verità. (…) Infallibilmente il cuore sa riconoscere la voce e la presenza di Chi l’ha fatto amandolo e lo ha fatto per sé” (Nicolino Pompei – Atti del Convegno 2007).
“Ma come annunciare la speranza a questi giovani?” continua a chiedere il Papa. “Noi sappiamo che solo in Dio l’essere umano trova la sua vera realizzazione”.
La testimonianza che il Papa continua particolarmente in questo anno a metterci di fronte è quella di S.Paolo, “uno come voi, sui venti o venticinque anni” e del suo incontro con Gesù sulla via di Damasco. “Dopo quell’incontro, la vita di Paolo mutò radicalmente: ricevette il Battesimo e divenne apostolo del Vangelo. Sulla via di Damasco, egli fu interiormente trasformato dall’Amore divino incontrato nella persona di Gesù Cristo. Un giorno scriverà: «Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Da persecutore diventò dunque testimone e missionario; fondò comunità cristiane in Asia Minore e in Grecia, percorrendo migliaia di chilometri e affrontando ogni sorta di peripezie, fino al martirio a Roma. Tutto per amore di Cristo”
“Per Paolo la speranza non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù Cristo, il Figlio di Dio”.
Come un giorno incontrò il giovane Paolo, Gesù vuole incontrare anche ciascuno di noi. Prima di essere un nostro desiderio, questo incontro è un vivo desiderio di Cristo. Ma come posso incontrarlo io, oggi? O piuttosto, in che modo Egli si avvicina a me? È quello che ci domanda Benedetto XVI.
E risponde: “Quando nella preghiera esprimiamo la nostra fede, anche nell’oscurità già Lo incontriamo perché Egli si offre a noi” esortando in questo modo a fare spazio alla preghiera nella nostra vita. “Pregare da soli è bene, ancor più bello e proficuo è pregare insieme, poiché il Signore ha assicurato di essere presente dove due o tre sono radunati nel suo nome (cfr Mt 18,20)”. Aggiunge poi: “Ci sono molti modi per familiarizzare con Lui; esistono esperienze, gruppi e movimenti, incontri e itinerari per imparare a pregare e crescere così nell’esperienza della fede. Prendete parte alla liturgia nelle vostre parrocchie e nutritevi abbondantemente della Parola di Dio e dell’attiva partecipazione ai Sacramenti”.
“Se vi nutrite di Cristo, cari giovani, e vivete immersi in Lui come l’apostolo Paolo, non potrete non parlare di Lui e non farlo conoscere ed amare da tanti altri vostri amici e coetanei. Cari amici, come Paolo, testimoniate il Risorto! Fatelo conoscere a quanti, vostri coetanei e adulti, sono in cerca della «grande speranza» che dia senso alla loro esistenza” è l’accorato e finale appello del Papa che indica un semplice verifica dell’essere cristiano dentro ogni e qualsiasi circostanza: la gioia e la pace.
Certi che “… nel nostro cammino spirituale ci accompagna la Vergine Maria, Madre della Speranza (…). Maria intercede per noi e ci guida nel buio delle nostre difficoltà all’alba radiosa dell’incontro con il Risorto”.
Il testo del Messaggio