Una vita per la Bellezza: Gaudì e la Sagrada Familia
1 novembre 2007
Una vita per la Bellezza: Gaudì e la Sagrada Familia
incontro con
prof. Etsuro Sotoo
Scultore della Sagrada Familia
Barbara Braconi
Grazie a tutti per questa accoglienza calorosa. Buonasera e benvenuti a questo incontro dedicato a Gaudí e alla Sagrada Familia, che sarà tenuto dal professor Etsuro Sotoo che è qui con noi accompagnato da Marta Graupera, l’interprete. Vi chiedo per loro un altro grande applauso perché sentano tutta la nostra accoglienza.
Vorrei che iniziassimo questo incontro, che abbiamo molto desiderato per questo nostro Convegno, lasciandoci introdurre e guidare nell’ascolto da alcune affermazioni.
Dice Agostino: “Ci hai fatti, ci hai creati per te, Signore e il nostro cuore è inquieto, non ha pace fino a che non riposa in Te”. Questo è ciò che grida il nostro cuore dentro ogni battito. Il nostro stare qui di questa sera sia nella coscienza di questo desiderio che anima il nostro cuore, di questa inquietudine che il nostro cuore vive finché non incontra Lui che ci ha fatti, ci ha creati e ci ha creati per sé. Vi anticipo che questo è quello che il professor Sotoo ci condividerà della sua esperienza di vita e anche della sua esperienza di artista. Siamo qui non tanto per fare un discorso specialistico su un’opera d’arte grandiosa come la Sagrada Familia, su un architetto eccezionale come è stato Gaudí o su uno scultore magnifico com’è il professor Sotoo. Non siamo qui per fare un discorso specialistico, ma siamo qui perché desideriamo sentir parlare Gesù, oggi, adesso dell’esperienza della Santa Chiesa, nell’esperienza di uomini che l’hanno incontrato e che continuano a vivere di Lui. Questo è stato Gaudí e questa è anche l’esperienza che il professor Sotoo ci racconterà di sé.
Un’altra indicazione che voglio darvi nell’ascolto della testimonianza del professor Sotoo è una caratteristica che ho colto in lui accostando la sua testimonianza attraverso delle interviste che ho potuto ascoltare in televisione o leggere sui giornali e che poi oggi ho avuto modo di verificare direttamente di persona. Ciò che mi colpisce molto è la posizione semplice, bambina, che il professor Sotoo ha avuto e continua a vivere in ogni aspetto della sua vita, compreso e soprattutto nel suo lavoro di artista e di scultore. Ed è stata questa posizione che gli ha permesso di conoscere veramente Gaudí, di conoscere veramente la Sagrada e di conoscere Gesù. Ci diceva Nicolino nel Convegno del 2004, ed è questo un passaggio molto caro al nostro cammino, un passaggio che ci richiamiamo e ci aiutiamo a guardare sempre: “La posizione più razionalmente adeguata per conoscere la realtà, per prendere coscienza della realtà in ogni suo fattore come segno di qualcosa d’Altro, come Mistero è la posizione dei piccoli, dei bambini, dei semplici, degli umili. In qualsiasi campo questa posizione è necessaria: per ricercare, entrare, attraversare, conoscere, possedere, usare adeguatamente; per non ritrovarci chiusi, soli e disperati nel carcere di una realtà concepita a priori, ideologicamente, secondo pregiudizi e pareri forniti dalla mentalità del mondo. Non si può conoscere veramente e fino in fondo una cosa che già abbiamo forzatamente e irrazionalmente definito con la nostra misura. Non si può andare in contro alla realtà con occhi pieni di pregiudizi e definizioni improprie, escludendo e censurando fattori della realtà o riducendoli a immediata reazione istintiva, manipolandoli in funzione di una idea. Non c’è uomo più grande, a qualsiasi livello, di questo uomo piccolo e semplice; tutto aperto, spalancato nel cuore e nel cuore degli occhi, come un bambino, alla verità di tutto. Affamato di bellezza, sempre pieno di meraviglia e stupore, aperto a qualsiasi indicazione e segno. Cosciente e gioioso della sua dipendenza, del suo dipendere da Altro” (Nicolino Pompei, Atti del Convegno Fides Vita 2004, p 25-26). Questa è la posizione in cui il professor Sotoo oltre trenta anni fa si è accostato all’opera della Sagrada Familia e a Gaudí ed è stato permanendo in questa posizione di curiosità, di apertura, di semplicità, di bambino, niño come si definisce lui, è stata questa posizione che gli ha permesso di arrivare al cuore di questa meravigliosa opera che è la Sagrada Familia e di questo eccezionale uomo che è Gaudí e quindi è stata questa la posizione che gli ha permesso di arrivare a Gesù. Lascio la parola al professor Etsuro Sotoo che ci racconterà la sua storia, la sua esperienza e ci farà gustare la Sagrada Familia e la testimonianza di Gaudí.
Etsuro Sotoo
Buonasera, vi ringrazio tantissimo di questa presentazione e in particolare del fatto che avete scoperto che sono come un bambino, anche se io volevo nascondere questo segreto. Quando le cose sono belle sentiamo sempre di avere poco tempo per raccontarle. Anche se è la prima volta che sono qua io mi sento accolto e mi sento come se parlassi a persone che conosco da tantissimo tempo. E allora come amici ci possiamo dire tutto quello che vogliamo, per cui vi invito a domandare, anche quando io sto parlando, se voi avete una domanda che non riuscite a contenere vi invito a farla. In particolare alla fine dell’incontro vorrei che ci fosse una conversazione, perché domandare è molto importante. Chi non domanda, chi non ha dei dubbi, chi non cerca, non vede niente. Lo spirito dei bambini è questo spirito che ci fa domandare, come una domanda che nasce dal di dentro che uno non riesce a contenere. Quelli che hanno aperto al futuro sono i giovani che chiedevano, che avevano delle domande. La scienza e l’arte non vanno avanti se non ci sono delle domande. Uno si fa delle domande e trova una risposta e nello stesso momento che trova questa risposta nascono altre domande, che magari prima non aveva. In questo modo è andata avanti la scienza e anche l’arte. Per questo quando una domanda nasce dentro il cuore di qualcuno si comincia a crescere. Per questo è meglio a volte avere delle domande che trovare delle risposte. Tutti cerchiamo delle risposte, però ci sono delle domande che vale la pena mantenere dentro di noi tanto tempo o anche tutta la vita.
Inizio a raccontare il mio itinerario. Il mio desiderio era ogni minuto di scoprire chi era Gaudí e che cosa cercava. Lavoro come scultore alla Sagrada Familia dal 1978. All’inizio non volevo essere uno scultore, volevo essere semplicemente un tagliapietre ed è stata una pietra che mi ha portato in Europa, non Gaudí, soltanto un pezzo di pietra che io volevo tagliare. Mi sono laureato a Kyoto in Belle Arti e ho lavorato lì un anno come insegnante, come professore. Questo era un lavoro dinamico però io sentivo che mi mancava qualcosa, perché non sapevo a chi potevo chiedere, porre le mie domande. E io non so perché, però ho sentito come se un blocco di pietra mi chiamasse, ho sentito che lì c’era un pezzo della risposta che stavo cercando. E allora sono venuto in Europa, perché è il luogo dove c’era una grande cultura della pietra, e in Europa ho incontrato la Sagrada Familia, dove c’erano grandi mucchi di pietre, non pietre che erano già collocate a 100 metri di altezza; tutti i turisti guardavano in alto, vedevano le cose che erano già costruite, mentre io guardavo giù e guardavo i mucchi di pietra perché io sentivo che quelle pietre stavano aspettando me.
Dal ’78 sono entrato come scultore alla Sagrada Familia e da allora la mia domanda era solo una: che cosa voleva fare Gaudí? Voi già sapete perché l’avrete visto nel tendone accanto dove c’è una grandissima mostra che racconta l’opera di Gaudí. Tutti i dati che volete conoscere sono già nella mostra, allora io racconterò Gaudí dal punto di vista del mio itinerario, del mio lavoro.
Gaudí è nato nella provincia di Tarragona, che fa parte della regione della Catalogna, sul Mediterraneo. Era una città romana, siamo di famiglia. All’epoca si chiamava Tarracum, e i Romani quando arrivavano in un luogo cercavano sempre due cose: che ci fosse l’acqua, perché senza mangiare possiamo vivere una settimana, ma senza acqua neanche tre giorni. Nella zona c’era un grandissimo fiume che si chiama Ebro e che dà nome anche alla penisola Iberica. Hanno trovato anche una cava di pietra e grazie a quella hanno potuto costruire la grandi opere romane: l’anfiteatro, ecc. (immag. 1). Questa era una cava (immag. 2) che aveva 100 metri di lunghezza e 50 di larghezza, in mezzo lasciavano una colonna di pietra che serviva per misurare quanti erano i blocchi che avevano già ritirato e questa è la fotografia di questa colonna (immag. 3). Siccome il mio sogno era di essere un tagliapietre quando ho visto questa cava pensavo che in quel luogo avevano vissuto migliaia di tagliapietre durante i secoli e quindi era il mio santuario. E da questa cava hanno costruito questo viadotto (immag. 4) e molte altre opere romane che ci sono ancora nella città.
Molto vicino a questa città c’era la casa del nonno di Gaudí. Gaudí da quando è nato, da piccolino era malato. Suo nonno lavorava l’acciaio, faceva le pentole. Gaudí quando era piccolo a volte non riusciva neanche a stare in piedi e quindi non aveva amici perché non poteva andare a scuola. Il mondo dei bambini è molto crudele e allora ad un bambino che non poteva né correre né camminare buttavano addosso le pietre, per questo lui passava tantissime ore da solo in casa, perché era più tranquillo. Viveva in una famiglia che lo riempiva d’amore, però era sempre solo, anzi in realtà non era solo perché lui era pieno della natura, viveva dentro la natura. Recentemente ho visitato questa casa (immag. 5) dove abitava il nonno di Gaudí che miracolosamente è rimasta tale e quale all’epoca del nonno. Di solito se un luogo viene abbandonato in dieci anni cambia totalmente e io credo che il fatto che sia ancora così è opera della Provvidenza: perché sia possibile comprendere dove è nato Gaudí il luogo è rimasto tale e quale come quando lui ci stava. E camminando per questa casa ho visto questa piccola pianta (immag. 6) che curiosamente non esisteva da nessun altra parte, soltanto lì vicino alla casa di suo nonno. Quando l’ho vista mi ha risposto ad una domanda che io avevo avuto per trenta anni. Queste sono le torri della Sagrada Familia (immag. 7), Gaudí non ha costruito tutte e quattro le torri, se non una di queste quattro, quella più a destra, ma ha costruito questa torre quando aveva già settanta anni. Oggi nessuno più si sorprende, soprattutto i giovani, è difficilissimo che uno si sorprenda e invece tutti, quando vedono queste torri, rimangono sorpresi e si sorprendono però senza sapere perché si sorprendono. E io mi chiedevo: un signore di settanta anni come è possibile che crea, che disegna una torre così, con queste forme magnifiche? Era stato malato tutta la vita, aveva le energie giuste per vivere, da dove gli viene quest’idea? E io durante trenta anni mi sono chiesto questo. Non vi sembra che sia questo fiore? Gaudí quando aveva settanta anni, conosceva perfettamente i dogmi, la teologia e da lì lui poteva prendere tutti i dati. Ma con questi dati, cioè con le conoscenze, con la sapienza lui non riusciva comunque ad inventare una forma dinamica per costruire le torri. Cento anni fa gli uomini non vivevano così a lungo, adesso con un po’ di fortuna viviamo fino agli ottanta anni, ma cento anni fa alla mia età uno era già un nonno, allora un uomo di 70 anni da dove prende tutta questa energia? Io penso che Gaudí aveva fretta perché non sapeva se l’indomani sarebbe stato ancora vivo. Lui aveva studiato, prendeva i dati, aveva fatto dei modellini che noi conserviamo, però ha scartato tutto. Per avere l’eternità bisogna essere felici e Gaudí si è ricordato della sua infanzia perché era un momento in cui era solo, era malato, ma era felice. Quando era bambino aveva tantissimi amici dentro la natura. E lui ha deciso per quella pianta, per quella pianta che a lui piaceva tanto e che tutte le primavere aspettava che nascesse, aveva detto “questa pianta sarà la Sagrada Familia”. La teoria, le conoscenze, sapere le cose è importante, ma la cosa più importante è la vita e la vita senza speranza non esiste. E l’uomo quanto più speranza ha tanto più è felice. Questa domanda che io mi sono fatto per trenta anni, dopo che ho visto questo fiore ho capito che aveva una risposta.
Questa è la Sagrada Familia (immag. 8) che ha 100 metri d’altezza, adesso ci sono costruite otto torri che sono di 100 metri d’altezza, ma noi ne dobbiamo costruire altre dieci che sono quasi il doppio di altezza di queste che ci sono già. Questa è una immagine della Barcellona di oggi, odierna (immag. 9) e la Sagrada Familia si trova al centro della città. Questo è un altro frutto della Provvidenza perché quando si è iniziata a costruire la Sagrada Familia non era al centro, ma fuori dalla città. Barcellona è cresciuta, anche dopo i lavori del 1992 che si sono fatti per le Olimpiadi, la Sagrada Familia è rimasta al centro della città.
Questa è una foto di Antoni Gaudí (immag. 10) che ha lottato tutta la sua vita contro la malattia del reumatismo che soffriva. E questo non era l’unico problema perché tutta la sua famiglia è morta. Lui era il più piccolo di tutti i fratelli e tutti i suoi fratelli sono morti prima di lui, per esempio il suo fratello maggiore che si stava laureando in medicina è morto giovanissimo, prima di laurearsi; due altri fratelli sono morti quando lui era piccolo. Quindi, già prima di laurearsi come architetto, lui doveva mantenere la sua famiglia, e guadagnare dei soldi per mantenere una famiglia ancora prima di essere laureato era molto duro. Studiare lavorando per guadagnare i soldi per mantenere una famiglia era difficile, però lui doveva farlo. E questi problemi che lui ha vissuto da giovane sono un altro seme della genialità di Antoni Gaudí. La realtà non è quello che io manipolandola voglio che sia, ma la sua realtà vera era che lui era malato, che molti della sua famiglia erano morti e che lui doveva mantenere le persone della sua famiglia. E questa sembrava tutta la sua realtà, mentre non era la realtà perché lui lottando contro la sua malattia, attraversando questa realtà ha trovato quella che era la vera realtà. Oggi lo possiamo spiegare meglio con la parola marketing. Questo è un orologio giapponese molto buono, però per venderlo io devo dire che è il migliore del mondo e questo è il marketing. E questo è il mondo in cui viviamo, in cui tutti dicono queste cose come volendo che siano la realtà. Però dobbiamo attraversare queste cose perché altrimenti non incontriamo la vera realtà e Gaudí è stato fortunato per trovare la vera realtà è entrato nella Sagrada Familia (immag. 11).
Essere l’architetto di un tempio come la Sagrada Familia era una responsabilità enorme, mille volte più grande di essere scultore della Sagrada Familia. Gaudí ha studiato tutto quello che era necessario per costruire il tempio della Sagrada Familia, senza dimenticare la felicità della sua infanzia, degli amici che aveva, che erano gli elementi della natura. Questa era la sua stanza (immag. 12), dove aveva lucertole o altri animali. La lucertola è il miglior amico dei bambini, perché corre però è facile da prendere. Lui ha avuto un’amicizia infinita con la natura. Questo è il letto (immag. 13) dove dormiva Gaudí. Gli ultimi anni della sua vita sembra che dormisse come seduto perché gli facevano male tutte le ossa del corpo. Notate che a fianco del suo letto c’era questo modello con la Sagrada Familia che doveva finire. La stanza è molto povera, però io immagino che lui sognava e che era felice più di nessun altro ricordando la sua infanzia e quella pianta piccolina che lui vedeva da bambino che diventerà la torre della Sagrada Familia. Lui ha finito una delle torri e grazie a questo si sono costruite le altre torri, seguendo questo modello. E ancora dobbiamo costruire le quattro torri della facciata delle Gloria che è la facciata principale.
Gaudí è morto in un incidente a settantadue anni, ed è morto povero, ma io ripeto che lui è morto felice. Perché ho la sua testa, non la sua testa vera ma un modello, una scultura. Quando lui è morto uno scultore con il gesso ha rifatto la sua figura e io ne ho fatto una copia. Quando ho fatto questa scultura ho visto che c’era ancora la sua barba e le sua ciglia – credo di essere l’unico che ha la barba di Gaudí – e io guardando questa scultura ho trovato un volto di felicità. Lui è stato investito da un tram, che gli ha rotto la faccia, la testa e durante tre giorni è stato per strada perché non l’hanno riconosciuto, perché era povero. Ma questa agonia di tre giorni non ha cambiato il suo sentimento, perché lui viveva felice perché ha incontrato il mondo della fede. Il giorno prima che succedesse questo incidente, quando è andato via dalla Sagrada Familia ha detto una parola: “Signori, domani lavoreremo meglio”, un uomo di 70 anni ha detto: “Signori, domani lo faremo meglio”. Questa è una parola di piena gioventù! L’ha potuta dire perché lui viveva felice e pieno di speranza, malgrado la sua salute e tutti i problemi che c’erano nella società in cui si trovava a vivere. È importante pensare e ricordare questo. Lui desiderava che, quando fosse morto, non ci fosse un funerale, né grandi cerimonie, ma che fosse sepolto e basta. Invece, senza che nessuno l’avesse organizzato, tutti i cittadini sono usciti e hanno voluto partecipare a questo addio a Gaudí (immag. 14) perché tutti sapevano che era un santo.
Aveva centinaia di persone che lavoravano con lui e tutti lo chiamavano “padre”, non padre come ad un sacerdote, ma un padre vero perché perfino i ragazzi, figli dei lavoratori, quando avevano dei problemi, invece di andare a chiedere al loro vero padre andavano da Gaudí. Abbiamo molti aneddoti che raccontano di questa paternità. È anche importante rendersi conto, pensare a questo rapporto capo e lavoratori.
È passata mezz’ora e devo raccontare tante cose, quindi vado avanti.
Questa è una delle prime opere di Gaudí che è piena di fiori di girasoli (immag. 15,16,17). Questa è sempre una nostalgia della natura che lui aveva. Questa si chiama Casa Vincens. Quando lui ha finito quest’opera, che è piena di riferimenti alla natura, e doveva consegnare le chiavi della casa al proprietario, gli ha detto: “Aspetta un attimo” ed è corso a casa sua a prendere una cosa. Questa è l’immagine di questo oggetto che è un uccello fatto di carta (immag. 18) e l’ha messo in cima al camino: quando si accende il camino, il vapore tocca questo uccello di carta e si muove. Lui aveva riempito di oggetti che ricordavano la natura, ma mancava qualcosa che era un uccello che si muoveva. È molto romantico questo, non credete? Queste non sono cose di architetti. Quello che lui voleva era dare un po’ di felicità al proprietario della casa, però era un architetto. Lui era un architetto e quindi doveva fare questa casa, però un architetto che costruisce la casa e basta non è la realtà. Fare la casa e dare anche felicità, questa è la realtà di Gaudí. Questo è un semplice uccello di carta, con questo oggetto lui ha completato tutta la casa. Questo particolare dice chi era l’architetto Gaudí. Ci sono quindi tante opere così che lui ha fatto.
Questa villa è a Santander, che è una provincia nel nord della Spagna e si chiama El Capricho (immag. 19).
Questa è la casa Batllò a Barcellona (immag. 20) di grande modernità per i colori e per le forme (immag. 21) perché quello che lui voleva dare era questa felicità ai proprietari delle case che lui faceva.
Ripeto la cosa che ho detto all’inizio: ciò che apre la strada al futuro è il sogno, avere dei desideri, delle illusioni. Come si fa? Non c’è una strada. Uno oggi quando deve affrontare una cosa nuova, la prima cosa che chiede è un manuale d’istruzioni dove c’è scritto come si fa questa cosa. Tutti siamo diventati come delle macchine: se non ho queste istruzioni, questo manuale che mi spiega come si fa, non funziona. Però l’uomo non è una macchina, abbiamo i nostri sogni. Quindi anche se non vediamo qual è la strada, ne cerchiamo una per raggiungere questo sogno, questo è quello che veramente è l’uomo. Questo azzurro così bello si chiama “l’azzurro di Gaudí” (immag. 22). Perché è così bello? Questo è dentro casa Battlò. Dalla parte alta, nell’appartamento più alto della casa entra tantissima luce, mentre a quelli che sono sotto, dall’interno non entra tanta luce; quindi Gaudí che ha fatto? Ha messo il colore azzurro più scuro nelle parti alte e l’azzurro più chiaro nelle parti più basse in modo che la luce che entra sia uguale per tutti gli appartamenti. Questa bellezza da dove nasce? Aveva lui un manuale d’istruzioni che gli spiegava come doveva fare? Non ce l’aveva. L’unica cosa che c’era era l’amore di Gaudí, che voleva che tutti quelli che abitavano nella casa fossero felici e questo è quello che dobbiamo imparare. Così nasce la magia di Gaudí.
Vicino a Casa Batllò c’è la Casa Milà che è un altro edificio costruito da Gaudí (immag. 23). Vi vorrei raccontare tante cose, ma vi racconto soltanto del camino. Sul tetto c’è il camino che serve per portar fuori il fumo (immag. 24). Noi sappiamo che a volte nel camino il fumo entra invece che uscire. Gaudí voleva che la gente non avesse l’asma, che potesse essere contenta. Siccome sul tetto di una casa c’è sempre il vento, che a volte è quello che porta dentro il fumo, lui ha costruito il camino con questa forma a spirale perché il vento gira intorno, ogni volta più veloce – è lo stesso sistema dell’aereo che s’innalza – e questo vento cambia l’atmosfera; questo vento che gira intorno al camino succhia il fumo, senza elettricità, senza motore: soltanto con la forma ottiene che il fumo esca approfittando del vento che invece era fattore nemico.
Per Gaudí il suo maestro è sempre la natura. Osservava sempre la natura e anche domandava alla natura. Lui diceva una cosa, ma non decideva la forma. Cercava e chiedeva alla natura per ottenere quello che lui voleva ottenere. Noi umani invece oggi pensiamo che la legge del mondo in cui viviamo è che decidiamo noi su tutte le cose. Invece non è così perché noi non possiamo decidere niente, anche se il nostro cuore lo desidera, l’unica cosa che possiamo fare è chiedere, pregare che sia così perché decide sempre Qualcuno in alto. È come se un agricoltore che ha gli alberi di frutti dicesse: “Io vorrei che siano maturi tutti i frutti questo giorno a tale ora” e questo non è possibile. Noi possiamo preparare il terreno perché siano frutti buoni irrigando o togliendo le erbe. Questo non soltanto per i campi, per le campagne, serve per tutti i mestieri: per gli scultori, per i medici, tutti dobbiamo pregare ed aspettare che decida Chi è su. Per questo Gaudí è un genio.
Questo è il Parco Güell (immag. 25, 26) che è una zona dove non c’era tanta acqua e allora lui per prendere questa acqua ha fatto questa pianura e quest’acqua filtra attraverso la terra e arriva alle colonne e sotto c’è uno stagno di acqua ed esce dalla fontana. Esce da questa fontana (immag. 27) che ha la forma di una lucertola perché la salamandra era il sogno di Gaudí; lui sognava di incontrare una salamandra così piena di colori perché lui ne sarebbe stato molto felice. Questa salamandra non fa paura. Se voi un giorno andate e la guardate da vicino, vedrete che sta ridendo, sorride. È molto difficile fare una salamandra che sorride e lui invece l’ha fatta.
Questa è una grotta sempre del parco dove sopra passano le macchine e sotto le persone (immag. 28). In quella epoca le macchine erano ancora qualcosa di nuovo, quindi non ce n’erano tante, però lui sapeva già che era pericoloso. Quindi per salvare le persone ha diviso i percorsi: le macchine passavano sopra e, con questa forma magnifica con cui riusciva comunque a reggere il peso delle macchine che erano pesanti e permetteva così alle persone di passeggiare tranquillamente sotto.
Questa è di nuovo la Sagrada Familia (immag. 8). L’architettura di solito va sempre contro la forza della gravità in tutta la storia dell’umanità. Gaudí per questo, come abbiamo detto, ha chiesto alla natura: “Come devo fare questa architettura? Perché, se io vado contro questa forza, vado contro la volontà di Dio.” Quindi ci deve essere un modo in cui possiamo ottenere questa costruzione che sia a favore della volontà di Dio. Questa è una catena ed è la forza di gravità che provoca questa forma, la catena non ha questa forma. Questa è la forma che prende qualsiasi catena, la stessa forma. Questa forma che prende la catena è la volontà di Dio quindi io faccio la stessa forma, ma capovolgendola. La catena cade, ma se io faccio questo esperimento con la pietra regge. Questa non è la forma che ha disegnato Gaudí, è la forma che la natura gli ha insegnato: Dio ha fatto questa forma. Non vi sembra che è geniale? L’umiltà che lui sempre aveva lo faceva diventare più grande. Gaudí diceva sempre che “l’uomo non crea niente”. Lui ha creato tantissime cose e invece diceva che non creava niente, perché lui affermava che l’uomo trova tutto dentro la natura e questa è una prova. Tutte le sue opere le ha trovate dentro la natura. Noi adesso abbiamo il microfono, abbiamo la luce, abbiamo il computer, ma pensare che l’uomo ha fatto una cosa così senza tutti questi strumenti è incredibile. Tutte le cose le abbiamo trovate dentro la natura. Questa semplicità è una cosa che è stata dimenticata, è eterna ed è la porta per entrare nel futuro. Se non entriamo da questa piccola porta che ognuno ha nel suo cuore non ci sarà futuro. Adesso tutti cercano questa porta grande da dove tutti possono passare, cambiare il mondo, con l’energia, con la bomba atomica, ma questo non è il secolo XXI. Quello che è il futuro è imparare da Gaudí, entrare nella natura e comprendere la sua armonia e cercare il futuro lì. Soprattutto dobbiamo cercare l’armonia dentro i nostri cuori, per questo ognuno deve aprire il suo cuore non solo verso fuori, ma anche verso dentro.
È passata un’ora e vorrei avere un dialogo con voi. Ho tantissime altre foto, ma le vedremo in un’altra occasione, se mi chiamate un’altra volta.
Un’altra delle ultime cose che ha detto Gaudí, a parte quella che abbiamo ricordato prima di fare meglio domani, è: “Io collaboro soltanto alla creazione di Dio”. Questo vale per ogni professione il cuoco, il medico, il costruttore, lo scultore…
Barbara Braconi
Ringrazio il professor Sotoo per quanto ci ha fatto percepire e gustare. Ringraziando anche Marta, perché attraverso la sua traduzione ci ha consentito di capire e di cogliere ciò che il professore diceva.
Visto che abbiamo ancora un po’ di tempo a disposizione, sapendo di leggere il desiderio di Nicolino, che ha voluto invitarla a questo incontro, e anche di chi ha curato la mostra su Gaudì, le chiedo professore di raccontarci come l’incontro con il lavoro alla Sagrada Familia, l’incontro con Gaudí è stato per lei la possibilità di incontrare e di aderire al Cristianesimo.
Etsuro Sotoo
Io sono uno scultore, quindi devo realizzare delle sculture. Avevo studiato tantissime cose di Gaudí: i suoi modelli, delle parole, dei libri, la Bibbia… Però c’erano delle cose che non riuscivo a trovare ed io volevo toccare Gaudí, volevo avvicinarmi sempre di più a lui. È arrivato un giorno in cui non riuscivo ad avvicinarmi di più. Ho sentito l’impossibilità di avvicinarmi totalmente a lui perché i dati, la Bibbia… risultavano insufficienti. Era come se Gaudí ridesse di me e io mi sono molto offeso e ho deciso di non guardarlo più. Ho cominciato così a provare a guardare dove guardava lui. Per guardare dove Gaudí guardava, io devo stare dove lui stava, nel mondo della fede quindi. Quando ho cominciato a guardare dove guardava Gaudí, cioè al mondo della fede, ho sentito che Gaudí entrava in me o io sono entrato in Gaudí. Adesso ci guardiamo faccia a faccia per capirci, ma io penso che stiamo guardando tutti nella stessa direzione. Per questo mi sento così comodo e così felice, perché sono dentro di voi. Così è un matrimonio che funziona. Una coppia che funziona non sono due che continuano a dirsi “ah ti amo”, ma che guardano nella stessa direzione, come in amicizia: non c’è bisogno che gli amici stiano sempre a guardarsi faccia a faccia, camminano insieme, con una mano sulla spalla; e Gaudí in questo è un gran maestro. Lui era un grande maestro, ma dal momento in cui io ho iniziato a guardare dove lui guardava, lui è diventato un mio collaboratore e io un suo collaboratore e siamo grandi amici perché tutti e due, così come voi, desideriamo la stessa cosa. Lui continua a essere un grande maestro, però questo desiderare la stessa cosa è quello che rende amici. E anche quando sono entrato in questo mondo della fede avevo bisogno di qualcosa che mi spingesse. Non è che Gaudí mi risolveva tutto, io stesso ho dovuto cercare. Un giorno dovevo fare un viaggio in aereo e avevo una lunga attesa in aeroporto. C’era una madre che aveva in mano il suo bambino e lo curava. I bambini sono meravigliosi, ma per una mamma il suo bambino è il migliore del mondo. Per tutte le madri, per tutti i genitori ogni figlio è il migliore del mondo. Com’è possibile? Ognuno è il migliore del mondo e il migliore del mondo deve essere solo uno. Non è una cosa logica. Invece sì, perché nel mondo della fede, nel mondo dell’amore ognuno è il migliore del mondo. Questo è il miracolo. Questo è stato il punto che mi ha fatto decidere che seguire Gesù valeva la pena perché Lui è stato il primo a dire: “l’amore è tutto”. Questa è la mia risposta.
Barbara Braconi
Di questo grande architetto che è Gaudí è stato aperto ed è tuttora in corso anche il processo di beatificazione. Il professore prima raccontandoci del rapporto che Gaudí aveva con i suoi collaboratori e i loro familiari e dicendoci ciò che è accaduto nell’occasione del suo funerale, ci ha già fatto cogliere l’amore e la stima che il popolo di Barcellona aveva per quest’uomo. E proprio per questo era riconosciuto dal popolo come un santo. È stato questo che ha mosso alcuni ad aprire il processo di beatificazione.
Il professor Sotoo è uno dei cinque membri della Giunta che particolarmente cura la promozione di questa causa di beatificazione. Le chiedo, professore, di poter intervenire ancora per qualche minuto, raccontandoci perché anche lei è coinvolto in questo processo di beatificazione e che cosa significa per lei questo.
Etsuro Sotoo
Gaudí è morto nel 1926, un’epoca in cui parlare di lui non era importante, anzi era considerato perfino brutto. Invece adesso, nella nostra epoca, da pochi anni è come una moda parlare di Gaudí. La Sagrada Familia riceve due milioni quattrocentomila visite in tutto un anno. La Spagna è un paese turistico, ma il luogo più visitato di tutta la Spagna è la Sagrada Familia dove ci sono le file per entrare. Faccio fatica a immaginare perché trenta anni fa c’erano magari solo due giapponesi strani che volevano visitarla. Invece tutti oggi vogliono conoscere che cos’è Gaudí, gli architetti, i disegnatori, anche i cuochi, tutti. Tutti vogliono scoprire il segreto di Gaudí. Però la verità è che nessuno è in grado di parlare di tutta la figura di Gaudí. Non è perfino possibile collocarlo in nessun punto della storia dell’architettura, perché ancora nessuno sa chi sia veramente Gaudí.
C’è una leggenda in India che racconta di tre ciechi che volevano conoscere un elefante. L’elefante è un animale sacro che tutti conoscono, però i ciechi non possono conoscere l’elefante. Questi tre ciechi si sono presi per mano e hanno deciso di andare a toccare l’elefante per poterlo conoscere. Uno ha iniziato toccando la proboscide, ha detto: “Sembra un serpente umido e ha due buchi”. Un altro ha toccato la coda: “Sembra un serpente effettivamente, però è peloso, è molto fine anche”. E invece il terzo ha toccato una delle zampe e ha detto: “No, invece è come un tronco, è grande”. Nessuno dei tre ha potuto sapere che cos’era davvero l’elefante. Tutti siamo come ciechi, perché davanti a Gaudí che è così grande, ancora non sappiamo.
Gaudí si sentiva piccolo davanti a Dio; per conoscere Gaudí bisogna entrare nel suo cuore e farsi piccoli come lui, solo così conosceremo tutta la figura di Gaudí. Nel mondo della fede siamo tutti uguali. Questo è l’unico modo di conoscere il vero Gaudí. Per questo io ho voluto collaborare con questa Associazione della beatificazione, perché la porta per entrare in Gaudí si chiama fede. Senza cercare di comprendere la sua spiritualità è impossibile conoscere Gaudí.
Barbara Braconi
Vorrei concludere questo dono che oggi abbiamo ricevuto – così vorrei chiamarlo questo incontro – facendovi una domanda che vi chiedo di tenere con voi: che cosa può aver fatto innamorare il professor Sotoo fino al punto d’arrivare al desiderio di avere anche la barba di Gaudí? Cosa può averlo portato a desiderare di avere lo stesso sguardo?
Ascoltarlo mi ha fatto tornare in mente un passaggio che abbiamo letto anche ieri sera all’adorazione Eucaristica in cui, parlando dei primi uomini che hanno seguito Gesù, Nicolino ci diceva: “Che cosa hanno incontrato, sentito, visto, quei primi uomini da non poter più fare a meno di stare con Lui, da non poter più fare a meno della sua faccia, del suo sguardo, di quelle sue parole? Questo c’è da continuare a riconoscere, non c’è altro da ritrovare, se non quella faccia e quello sguardo, come Avvenimento vivo, determinante e generativo adesso. Generativo di quella incredibile esperienza umana che i Primi hanno sperimentato”, che noi abbiamo sperimentato, che il professor Sotoo ha sperimentato, che chi vive nella Chiesa sperimenta: “l’esperienza di uno sconvolgente e disarmante amore, di una splendente bellezza” che poi si riflette, si comunica nelle opere d’arte, come per esempio nella meraviglia che è la Sagrada Familia. “L’esperienza di uno sconvolgente e disarmante amore, di una spendente bellezza da cui loro si sono sentiti attratti e afferrati. A questo amore, a questa bellezza siamo chiamati a cedere”.
Cosa resterebbe, anche di un’opera così grande come la Sagrada Familia, se venisse meno la presenza di Cristo che è ciò che l’ha suscitata, generata in Gaudí e che continua a suscitarla in chi, come il professor Sotoo, sta continuando a lavorare alla realizzazione di questa cattedrale? Se togliamo questo, cosa resta?
Ci diceva in un incontro Nicolino, alcuni anni fa, proprio riferendosi ad un’immagine che avevamo scelto per accompagnare, per esprimere la tematica del nostro Convegno, così come accade quest’anno con questa immagine di Maria, con questo sguardo meraviglioso tra Maria ed Elisabetta, ci domandava Nicolino: “Se viene meno il Soggetto amante e amato – se viene meno Cristo, se viene meno Gesù – viene giù tutto. Viene proprio giù tutta la Chiesa. Immaginatevi di veder crollare di colpo la santa Chiesa, con tutta quella bellezza di umanità, di carità, di opere, di architettura, di dipinti, musica e colori che la segnano. Se viene meno quell’Uomo viene giù tutto, viene meno tutto. Perché la natura e lo scopo della Chiesa, con tutto il suo prodigio e splendore di santità, di carità, di umanità consumata nell’amore, fin dentro alla sua architettura, arte e musica, è quella di affermare Cristo redentore dell’uomo, di segnare la sua Presenza contemporanea alla vicenda umana, di farLo incontrare e sentire parlare al cuore di ogni uomo.” (Nicolino Pompei, Atti del Convegno Fides Vita 2005, pag 36).
Ringrazio il professor Sotoo perché oggi ci ha aiutato, attraverso il suo intervento, la sua presenza, la sua testimonianza, a sentire, a riconoscere che Gesù è presente, continua ad incontrare ed a parlare all’uomo, continua a rispondere alla domanda del nostro cuore.
Vi auguro questo stesso incontro e di permanere nell’amicizia di Cristo.