Primi commenti
Parla di «contraddizione» il professor Antonio Spagnolo, direttore dell’Istituto di Bioetica presso la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma e Policlinico Gemelli: “Con questa sentenza viene confermato quanto stabilito precedentemente dalla stessa Corte Costituzionale, secondo cui era caduto l’obbligo a impiantare tutti gli embrioni prodotti con la fecondazione assistita. Il problema è che ci troviamo davanti a una situazione in cui soccombe il principio di autonomia e dignità dell’embrione, stabilito dall’articolo 1 della stessa legge 40 («assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito», ndr). Dobbiamo chiederci: chi è malato non ha il diritto di vivere? È giusto e comprensibile che una coppia desideri un figlio sano, ma è la medicina che deve porsi questo problema prima ancora di concepire l’embrione. Esistono per esempio delle tecniche per attuare una fecondazione con sperma o gameti eliminando patologie genetiche, come l’eliminazione di un globulo polare che consente di scartare la parte malata del gamete: la ricerca dovrebbe puntare su questo. Ripeto, la richiesta della coppia di avere un figlio sano è legittima, ma il metodo no. Qui siamo di fronte a una forma indiretta di eugenetica: gli embrioni malati non vengono distrutti ma messi in un limbo. Dobbiamo chiederci: che dignità ha l’embrione? È una questione di coerenza scientifica, più ancora che di morale”. E c’è un altro punto che sta particolarmente a cuore al professor Spagnolo: “È sbagliato parlare di «embrioni malati», perché in un embrione posso vedere un danno genetico, non una patologia conclamata. E non è detto che un danno genetico porti nel 100% dei casi a sviluppare una malattia”.
Parla di eugenetica anche Eugenia Roccella, parlamentare di Area Popolare: “Resta lo sconcerto per la decisione della Consulta di aprire a forme di selezione a fini eugenetici, con la cancellazione del divieto esplicito previsto fino ad oggi dalla legge 40. Il disabile ha un diritto affievolito a nascere, può essere scartato, insomma è «figlio di un dio minore»”.
Per Gian Luigi Gigli, capogruppo di Per l’Italia-Centro Democratico in Commissione Affari Costituzionali e presidente del Movimento per la Vita Italiano, siamo di fronte a una «cultura dello scarto»: “L’embrione è ormai ridotto a un bene di consumo, da usare e gettare se difettoso. Il prossimo passo sarà la produzione di esseri umani allo stadio embrionale per la riparazione di soggetti adulti malati, non identificati sufficientemente in tempo per non farli nascere”.