Non solo un “problema” ma una “risorsa”
Senza entrare ulteriormente in una questione di tipo politico, sulla legittimità di tale legge o sulle sue parti che possano essere considerate critiche o da rivedere, che potrebbero portare anche ad episodi dolorosi e moralmente ingiusti per il singolo individuo, nel nome del più grande bene collettivo, non possiamo fare a meno di sottolineare come ultimamente la vera giustizia sia solo quella di Dio, che ha veramente a cuore ogni figlio e che ha per ciascuno un disegno buono e allo stesso tempo misterioso.
Diceva Giovanni Paolo II, nella sua fondamentale enciclica Dives in misericordia, che “sarebbe difficile non avvedersi che molto spesso i programmi che prendono avvio dall’idea di giustizia e che debbono servire alla sua attuazione nella convivenza degli uomini, dei gruppi e delle società umane, in pratica subiscono deformazioni. Benché essi continuino a richiamarsi alla medesima idea di giustizia, tuttavia l’esperienza dimostra che sulla giustizia hanno preso il sopravvento altre forze negative, quali il rancore, l’odio e persino la crudeltà” (n. 12).
In effetti, l’esperienza del passato come quella del nostro tempo dimostrano che la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com’è ai limiti e ai condizionamenti personali o di gruppo…
Il card. Bagnasco, nella prolusione al Consiglio Episcopale Permanente del 21 settembre 2009, ha parlato della questione migratoria come di un “fenomeno che impressiona per il numero di persone coinvolte, per i drammi cui dà vita, per le problematiche di vario ordine che solleva, per le sfide che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale”. Confermando le valutazioni che il Papa offre nella sua ultima enciclica e quanto già affermato in occasione dell’Assemblea episcopale di maggio, il Card. Bagnasco ha ribadito: “Si è di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, da inquadrare in una vigorosa e lungimirante politica di cooperazione internazionale (cfr Caritas in veritate, n. 63). Infatti, allorché si tenta di dirimere il fenomeno entro parametri più ristretti, di fatto esso sfugge da ogni parte. E d’altro canto, l’appello a procedere celermente attraverso soluzioni internazionali e multilaterali non può rappresentare una via di fuga solo dialettica rispetto alle emergenze concrete e lancinanti che nel frattempo si avvicendano. A più riprese l’Italia ha cercato negli ultimi lustri delle risposte alle questioni provenienti dai flussi migratori, e ultimamente ciò è accaduto con il varo delle disposizioni in materia di sicurezza pubblica, sulle quali in verità non sono mancate da parte cattolica riserve variamente espresse. Ora, tenuto saldo il criterio esposto nella Caritas in veritate (al n. 9), secondo cui «la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende minimamente di intromettersi nella politica degli Stati», bisogna osservare che vi è la necessità di soluzioni in grado di contemperare esigenze diverse ma, a guardare bene, non antitetiche. Il rispetto della legalità e della sicurezza dei cittadini non può essere disgiunto dalla garanzia dei diritti umani riconosciuti nell’ordinamento nazionale e internazionale, né può portare a trascurare stati di necessità e doveri da sempre radicati nel cuore della nostra gente. L’esclusione dal circuito della legalità può dar luogo infatti a non previste situazioni di ulteriore auto-emarginazione delle persone, indotte per la paura a nascondersi e a ritirarsi definitivamente dalla fruizione di servizi essenziali che le strutture pubbliche fino a ieri garantivano a tutti. In altre parole, i problemi che si tenta di risolvere per una certa via fatalmente ritornano, riproponendo l’esigenza di dispositivi meglio calibrati, come opportunamente è stato fatto per le badanti”.
Allora o il punto è tamponare un fenomeno sfuggito al nostro controllo “costi quel che costi”, oppure questa tremenda situazione ci richiama e ci costringe a sollevare lo sguardo e avere a cuore il Bene di ogni uomo, cittadino o straniero che sia.
Fermiamoci a considerare la drammatica condizione di quelle madri costrette ad abbandonare i propri figli per crescere quelli degli altri, di quegli stessi figli cresciuti orfani che tentano di percorrere la strada dei genitori, di quei padri che pur di sostentare i propri cari lontani sopportano di vivere di stenti come lavavetri ai semafori. Questa situazione di indigenza gravemente lesiva della dignità umana, qualora se ne crei l’occasione, è una facile traghettatrice di delinquenza, la delinquenza dei disperati che va ad alimentare quella nostra e di chiunque venga in Italia solo con losche intenzioni.
Così il Santo Padre Benedetto XVI si esprimeva a riguardo il 21 giugno 2009 a San Giovanni Rotondo “Molte sono le persone che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa. Voglia Iddio che, con l’impegno di tutti, si riesca il più possibile a rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste”.
Nel Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato il Santo Padre ha espressamente formulato l’auspicio che“ogni comunità cristiana possa nutrire il medesimo fervore apostolico di san Paolo che, pur di annunciare a tutti l’amore salvifico del Padre (Rm 8,15-16; Gal 4,6) per «guadagnarne il maggior numero a Cristo» (1 Cor 9,19) si fece «debole con i deboli … tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22). Il suo esempio sia anche per noi di stimolo a farci solidali con questi nostri fratelli e sorelle e a promuovere, in ogni parte del mondo e con ogni mezzo, la pacifica convivenza fra etnie, culture e religioni diverse”.
Sottolineando che “è nostro prossimo chiunque ha bisogno di noi e noi possiamo aiutarlo” nello stesso Messaggio Benedetto XVI ha affermato: “L’insegnamento e l’esempio di san Paolo, umile-grande Apostolo e migrante, evangelizzatore di popoli e culture, ci sproni a comprendere che l’esercizio della carità costituisce il culmine e la sintesi dell’intera vita cristiana. Il comandamento dell’amore – noi lo sappiamo bene – si alimenta quando i discepoli di Cristo partecipano uniti alla mensa dell’Eucaristia che è, per eccellenza, il Sacramento della fraternità e dell’amore. E come Gesù nel Cenacolo, al dono dell’Eucaristia unì il comandamento nuovo dell’amore fraterno, così i suoi “amici”, seguendo le orme di Cristo, che si è fatto “servo” dell’umanità, e sostenuti dalla sua Grazia, non possono non… dedicarsi al servizio vicendevole, facendosi carico gli uni degli altri secondo quanto lo stesso san Paolo raccomanda: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,2). Solo in questo modo cresce l’amore tra i credenti e verso tutti (cfr 1 Ts 3,12)”.
Proprio lo scorso 09 novembre Benedetto XVI si è invece così pronunciato durante il VI Congresso mondiale per la Pastorale dei migranti e dei rifugiati:
“…Le migrazioni invitano a mettere in luce l’unità della famiglia umana, il valore dell’accoglienza, dell’ospitalità e dell’amore per il prossimo. Ciò va però tradotto in gesti quotidiani di condivisione, di compartecipazione e di sollecitudine verso gli altri, specialmente verso i bisognosi. Per essere accoglienti gli uni degli altri – insegna san Paolo – i cristiani sanno di dover essere disponibili all’ascolto della Parola di Dio, che chiama a imitare Cristo e a restare uniti a Lui. Solo in tal modo essi diventano solleciti nei confronti del prossimo e non cedono mai alla tentazione del disprezzo e del rifiuto di chi è diverso. Conformati a Cristo, ogni uomo e ogni donna vengono visti come fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre. Un tale tesoro di fratellanza li rende ‘premurosi nell’ospitalità’, figlia primogenita dell’agapê (…) Fedele all’insegnamento di Gesù ogni comunità cristiana non può non nutrire rispetto e attenzione per tutti gli uomini, creati a immagine e somiglianza di Dio e redenti dal sangue di Cristo, ancor più quando si trovano in difficoltà. Ecco perché la Chiesa invita i fedeli ad aprire il cuore ai migranti e alle loro famiglie, sapendo che essi non sono solo un “problema”, ma costituiscono una “risorsa” da saper valorizzare opportunamente per il cammino dell’umanità e per il suo autentico sviluppo”.