La testimonianza di Nicolino in una pubblicazione su Pink realizzata dalla famiglia poco dopo la morte
Di fronte alla morte ci si può solamente gettare in ginocchio, alzare le mani verso il cielo e mendicare la fede, la misericordia di Dio, il Suo Santo Spirito e riconoscere, ancora una volta, come la vita sia un dono che non ci appartiene.
Questo è l’atteggiamento con cui mi sono messo di fronte alla morte drammatica e “banale” di Paolo (Pink per tutti noi), mio caro amico e fratello. Doveva venirmi a trovare al camposcuola, invece sono andato io a trovarlo, ed era già morto; l’ho abbracciato per l’ultima volta.
Quante lacrime, quanto dolore… ma che dono questa morte; quanti segni di conversione tra di noi… E che stupore riacquistarlo verso la vita, verso l’attimo della vita! È il miracolo della fede, è l’infinito Amore di Dio che si è fatto compagnia per l’uomo fino in fondo, addirittura non risparmiando se stesso perché tutto avesse senso.
“Con Cristo, Dio ha dato la vita anche a voi che eravate morti per i vostri peccati” (Col 2,13ss). Il riconoscere questo Fatto, pur con una ferita ancora aperta dentro di te per il dolore, ti porta a dire come S. Paolo: “Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,8).
Ti sono infinitamente grato, Signore, per averci dato Pink, per avercelo fatto incontrare: grazie per quel giorno, durante il pellegrinaggio Unitalsi a Loreto, in cui cominciammo a condividere la nostra vita; grazie perché mi hai dato di rincontrarlo proprio lì, nella Santa Casa, e questa volta per poter approfondire la nostra amicizia che in Te è diventata fraternità. Grazie per quelle sere in cui, dopo le lezioni in facoltà, scendevo a casa sua e lui, sempre fedele, mi aspettava per la nostra ora di passeggiata e preghiera. Grazie per tutte quelle volte che abbiamo condiviso la voglia di crescere in Te, Signore. Grazie perché era così legato al nostro Movimento e con me condivideva gioie e difficoltà della sua crescita. Grazie perché dalle sue poche parole straripava un desiderio grande di servirti; grazie per la sua opera, le sue iniziative che mi hanno sempre coinvolto.
Grazie per il dono grande che gli hai dato facendone un artista, un grande vignettista, estraneo alla banalità, ma sempre carico di una grande ironia sulla realtà, al servizio completo dell’uomo e della fede. Grazie per la sua collaborazione al nostro giornale. Grazie per tutti gli amici che tramite lui mi hai donati; grazie per la sua famiglia, il papà, la mamma, la sorella: sempre disponibili con la grande accoglienza di chi, Signore, ha fondato la vita su di Te…
Questa mia gratitudine potrebbe continuare all’infinito, ma soprattutto questa gratitudine, pur nella drammaticità del distacco, è vera, è carne ed è dono, perché tutto è dono. E allora non possiamo che inginocchiarci di nuovo, con lo sguardo del cuore e della mente verso di Te e mendicare che ogni attimo sia sempre ricolmo della tua Presenza e diventi eterno. Sono certo di avere un amico in più in cielo, un amico che prega per noi, per la nostra salvezza, nella certezza proclamata dall’Apocalisse: “Gli eletti vedranno la faccia del Signore e porteranno il suo nome scritto sulla fronte. Non ci sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampade, né della luce del sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (22,4ss).
Nicolino Pompei