La risposta della Chiesa
I fatti di pedofilia accaduti sono evidentemente una tragica realtà e ci riportano immediatamente al cuore di quella Via Crucis del 2005 al Colosseo, le cui meditazioni erano state affidate all’allora cardinal Ratzinger; Via Crucis che Giovanni Paolo II, ormai al termine della sua vita terrena, visse di fronte ad un televisore, aggrappato alla croce. Proprio nella nona stazione avevamo ascoltato: “Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25)”. E ancora l’Orazione: “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo. Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi”.
Oggi, anche alla luce di fatti di abusi così tremendi, sentiamo ancora più vere e necessarie queste parole, tanto è lo struggimento per chi ha vissuto una tale esperienza… tanto è il dispiacere per la diffidenza che una tale realtà inevitabilmente rischia di suscitare nel cuore dell’uomo.
Benedetto XVI lo scorso 19 marzo ha indirizzato una Lettera Pastorale ai cattolici d’Irlanda, dove ad oggi sono tre i vescovi dimessisi a causa dello scandalo denunciato da due rapporti governativi. Una Lettera piena di umiltà quella del Papa per esprimere lo sgomento per gli abusi sessuali commessi e per il modo in cui essi furono affrontati dai vescovi irlandesi e dai superiori religiosi. Una Lettera così commentata dal giornalista Tornielli:“Ratzinger non si è difeso trincerandosi dietro le statistiche, non ha minimizzato con sottili distinzioni in base all’età della vittime, non ha fatto neanche minimamente balenare l’idea di una Chiesa sotto assedio a causa di complotti. Non ha rilanciato responsabilità verso altre istituzioni o confessioni religiose, limitandosi soltanto a consentire con quanti osservano che «il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa».(…) Eppure la vera notizia della lettera sta in quello sguardo profondamente evangelico del vescovo di Roma. Quello sguardo così assente nelle polemiche di questi giorni, talvolta anche nelle parole degli uomini di Chiesa. Joseph Ratzinger, fin da quando era cardinale Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, ha sempre perseguito con molta severità i colpevoli di abusi e la durezza di certi giudizi contenuti nella lettera lo attesta nuovamente. Ma la chiave di volta del documento sta nell’umiltà del Papa che parla di una Chiesa non autosufficiente, che non potrà mai bastare a se stessa. Una Chiesa bisognosa di purificazione, di misericordia, che proprio per questo sa, a sua volta, donare perdono e misericordia anche ai peccatori che si sono macchiati delle colpe più gravi. Non è un caso che le direttive concrete indicate da Benedetto nella lettera non siano leggi speciali o nuovi artifizi canonistici, ma preghiera, confessione sacramentale, adorazione eucaristica: i tradizionali strumenti attraverso cui è assicurata l’azione della grazia divina”.
Infatti, rivolgendosi direttamente alle vittime di abuso e alle loro famiglie, nella Lettera il Santo Padre esprime apertamente il rimorso e la vergogna! Allo stesso tempo è sconvolgente il fatto che con umile certezza chiede proprio a loro di non perdere la speranza perché “è nella comunione della Chiesa che incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato”. E continua: “Come voi egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena e il persistere del suo effetto nelle vostre vite e nei vostri rapporti con altri, compresi i vostri rapporti con la Chiesa”. E aggiunge con tenera convinzione: “Credo fermamente nel potere risanatore del suo amore sacrificale – anche nelle situazioni più buie e senza speranza -che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio”. Rivolgendosi invece ai sacerdoti e ai religiosi che hanno abusato dei ragazzi e in questo modo tradito la loro fiducia, scrive con fermezza che dovranno rispondere davanti a Dio onnipotente e ai tribunali debitamente costituiti di quanto accaduto. Persa la stima della gente d’Irlanda, rovesciati vergogna e disonore sui confratelli, violata la santità del sacramento dell’Ordine Sacro: oltre al danno causato alle vittime il Santo Padre non manca di sottolineare il danno perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa. E li ammonisce in questo modo: “Vi esorto ad esaminare la vostra coscienza, ad assumervi la responsabilità dei peccati che avete commesso e ad esprimere con umiltà il vostro rincrescimento. Il pentimento sincero apre la porta al perdono di Dio e alla grazia del vero emendamento. Offrendo preghiere e penitenze per coloro che avete offeso, dovete cercare di fare personalmente ammenda per le vostre azioni. Il sacrificio redentore di Cristo ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più terribile dei mali. Allo stesso tempo, la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Riconoscete apertamente la vostra colpa, sottomettetevi alle esigenze della giustizia, ma non disperate della misericordia di Dio”. La Lettera non manca di pronunciare parole di vicinanza, sostegno e incoraggiamento ai genitori, ai giovani e a tutti i fedeli dell’Irlanda, e parole di esortazione e comprensione a tutti i sacerdoti e i religiosi. Benedetto XVI allo stesso tempo ammonisce i Vescovi per gli errori di giudizio e le mancanze di governo e chiede loro di ritornare ad essere guide e testimoni credibili della verità redentrice di Cristo.
La Lettera si conclude appunto con il suggerimento di alcune iniziative concrete: penitenza, digiuno, preghiera, meditazione e opere di misericordia per ottenere la grazia della guarigione e del rinnovamento della Chiesa d’Irlanda; adorazione eucaristica per riparare al peccato e implorare la grazia di una rinnovata forza e di un più profondo senso della missione; l’annuncio della visita Apostolica in alcune diocesi dell’Irlanda, una Missione a livello nazionale, la richiesta d’intercessione particolare a San Giovanni Maria Vianney; la consegna di una preghiera per la Chiesa d’Irlanda da pregare nelle famiglie, nelle parrocchie e nelle comunità.
Ci colpisce, attraversando la Lettera parola per parola, il fatto che il Santo Padre si rivolge all’Irlanda proprio così come Lui stesso afferma alla fine: “con la cura che un padre ha per i suoi figli e con l’affetto di un cristiano come voi scandalizzato e ferito per quanto accaduto nella nostra amata Chiesa”.
E proprio per questo che non possiamo non prendere le distanze da chi, anche in seguito a questa Lettera e a tutti i chiarimenti ufficiali precedenti e successivi che ci sono stati per alcune specifiche questioni, sta sfruttando la situazione, seppur tremenda e deplorevole, per definire la Chiesa unicamente dentro questi fatti o per far permanere la percezione di ambiguità e omertà delle autorità ecclesiastiche rispetto ad eventi così gravi.
Prima di tutto perché il fenomeno non deve essere generalizzato e non si può certamente dimenticare che la realtà dice che è notevolmente inferiore ai casi di abusi che interessano altri ambiti – professionali, educativi, religiosi – in primo luogo la famiglia, dove avviene la maggior parte delle violenze. Inoltre su L’Unità, Filippo Di Giacomo ha ricordato che negli oltre ottanta casi di abusi denunciati qualche anno fa nella diocesi di Boston, «solo quattro sono stati riconosciuti colpevoli», mentre in Irlanda, le due commissioni che hanno investigato sui circa 2800 casi denunciati, «ne hanno considerati fondati solo il 10 per cento. Ciò vuol dire che il 90 per cento delle accuse, benché fortemente mediatizzate, erano false» (Intervista al prof. Casonato).