La lunga notte del popolo giovane
Non c’è più spazio per correre, nel tempio delle corse per eccellenza. Non ci sono né prato, né rettilinei, né curve. E anche gli steccati non dividono più. Ci sono solo, a perdita d’occhio, quasi 250mila giovani pellegrini che hanno camminato per chilometri come in un esodo dalle dimensioni bibliche, hanno atteso per ore una volta giunti a destinazione, hanno ascoltato e pregato in silenzio e cantato a squarciagola, e che ora occupano ogni metro d’erba, ogni angolo dell’ippodromo di Randwick e del vicino Centennial Park. Ettari ed ettari di un unico tappeto umano. E tutto perché a correre, questa sera, sia Uno solo. Lo Spirito Santo che « benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra testimonianza su Gesù Cristo » . È questo il colpo d’occhio offerto dalla veglia della Gmg 2008, la seconda che si svolge in uno stadio per l’ippica, dopo quella di Longchamp nel 1997 a Parigi. Visione d’insieme che lascia senza fiato e rimbalza via satellite in tutto il mondo. Perché a tutto il mondo Benedetto XVI e i suoi amici ricordano dall’ippodromo di Sydney ( già scenario di memorabili celebrazioni con Paolo VI e Giovanni Paolo II) che « la vita non è semplicemente accumulare ed è ben più che avere successo » . Che nello Spirito di Dio si può ritrovare quel principio di unità della creazione, « indebolita dalle ferite » dello sfruttamento e dell’abuso delle persone. E che « la Persona dimenticata della Santissima Trinità » è « amore » che « dissolve le incertezze » e può « trasformare le famiglie, le comunità, le nazioni », aiutando a respingere « la follia consumista » .
Il Papa lo sottolinea nella sua omelia, che pubblichiamo integralmente nelle due pagine seguenti e che costituisce anche il punto centrale di tutta la veglia. «È lui, lo Spirito, l’artefice delle opere di Dio. Accoglietelo nel vostro cuore e nella vostra mente, con i suoi sette doni » . E lo Spirito infatti corre di cuore in cuore, di preghiera in preghiera, di canto in canto, per tutto lo sterminato accampamento. Non ha l’aspetto di un vento impetuoso, poiché nella rigida sera di Sydney soffia piuttosto una leggera brezza. E nemmeno di un fuoco che scende dall’alto, perché le bianche fiammelle che punteggiano la spianata come stelle in un cielo notturno, sono originate dalle candele che i giovani tengono in mano. Nessuno sa dove soffierà. E tuttavia pare di avvertirne concretamente la presenza, quando migliaia di voci cantano « Vieni, vieni » . La veglia, infatti, era iniziata proprio con questa invocazione, mentre una ventina di danzatrici in candide vesti eseguivano un’eterea coreografia. Pochi minuti dopo Papa Ratzinger giunge sul palco accompagnato da 12 ragazzi di tutto il mondo nelle proprie vesti tradizionali e viene accolto dall’ovazione generale. Per i più lontani, la bianca figura del Pontefice è poco più di una miniatura illuminata dai fari dell’alto palco rosso, sulla cui copertura si staglia una grande colomba chiara nell’atto di spiccare il volo. Ma per tutti, vicini e lontani, l’importante non è vedere ma esserci. Imbacuccati in cappelli e giacche a vento per difendersi dal freddo, incollati alle radioline che ritrasmettono in otto lingue i testi proclamati dagli speakers, gli occhi fissi al più vicino maxischermo, i ragazzi continuano a seguire attentamente.
Sicuramente visibile da tutti è ad esempio la processione au flambeaux che parte dal cero pasquale sul palco e scende fino al parterre, per accendere le candele dei più vicini. Di lì la luce, che simboleggia Cristo, si propaga in tutto il campo. E quando parte l’Alleluia, ritornello dell’inno ufficiale della Gmg, le 250mila fiammelle che si agitano a ritmo della musica sembrano onde di un oceano mosso dal vento.
Un altro ‘ Vento’ ha cambiato la storia di sette tra i tanti ragazzi presenti. Testimoni dei doni dello Spirito, che raccontano dal microfono le proprie storie ( come riferiamo a parte). Il Papa li ascolta attentamente e, quando prende la parola, ricorda anche la sua esperienza personale. Pure il piccolo Joseph Ratzinger, destinato a diventare uno dei più grandi teologi contemporanei e successore di Pietro, sperimentò la comune difficoltà di comprendere il mistero della Trinità. « E tuttavia – ricorda – quando ero ragazzino, i miei genitori, come i vostri, mi insegnarono il segno della croce e così giunsi presto a capire che c’è un Dio in tre Persone, e che la Trinità è al centro della fede e della vita cristiana » . Perciò ora ne parla ai suoi amici giovani con tutta la sapienza e l’esperienza che gli derivano da anni di studio e di vita di fede nella Chiesa.
La parola del Papa introduce infine la preghiera. È preghiera di adorazione. Davanti al Santissimo esposto nell’ostensorio si consuma l’ultima parte della veglia, conclusa dal Pontefice con i saluti in sei lingue, italiano compreso. Ora davvero Randwick è un Tempio. Ma con la ‘ T’ maiuscola. E quando Benedetto XVI si congeda citando la beata australiana Mary Mackillop – « credi a ciò che Dio sussurra al tuo cuore » – di colpo sei certo che lo Spirito, lui sì, troverà tra tende e sacchi a pelo lo spazio per correre. Sussurrando alle menti e ai cuori per tutta la notte.
IL SALUTO AGLI ITALIANI
Cari giovani italiani! Un saluto speciale a tutti voi! Custodite la fiamma che lo Spirito Santo ha acceso nei vostri cuori, perché non abbia a spegnersi, ma anzi arda sempre più e diffonda luce e calore a chi incontrerete sulla vostra strada, specialmente a quanti hanno smarrito la fede e la speranza. La Vergine Maria vegli su di voi in questa notte e ogni giorno della vostra vita.