La consegna di questa GMG alla successiva non lasciarsi inghiottire dall’«ideologia relativista»
Quando si conclude una Giornata mondiale della gioventù viene spontaneo chiedersi quale ne sia stata la nota dominante o quella più originale. Sydney 2008 potrebbe a prima vista essere parsa molto simile ad altri appuntamenti, come quello di Denver (1993) o di Toronto (2002), anch’essi ambientati sullo sfondo di grandi metropoli contemporanee, apparentemente distratte, se non impermeabili al Vangelo. In realtà, la prima Gmg in terra australiana ha detto qualcosa di più rispetto a quei pur significativi appuntamenti. Sia dal punto di vista della Chiesa, sia per quanto riguarda i suoi giovani protagonisti.
Benedetto XVI in particolare ha mostrato che l’appuntamento di Colonia 2005, ereditato dall’agenda di Giovanni Paolo II, non era solo un doveroso omaggio di inizio pontificato al suo amato predecessore. Papa Ratzinger crede oggi alle Gmg almeno quanto il Pontefice che le ha inventate (e che dal Cielo – c’è da crederlo – ora continua ad assisterle). Crede alla loro forza evangelizzatrice, alla capacità che hanno insita di trasformare le giovani coscienze e immettere linfa vitale nella vita pubblica, perché i giovani sono oggi strategici per qualunque società; per di più saranno gli adulti di domani, e dunque la speranza di un mondo nuovo e diverso, dove «la vita sia accolta e non temuta», dove l’ambiente sia rispettato e dove la pace trionfi sui conflitti che ancora insanguinano il pianeta, passa attraverso il loro coinvolgimento e la loro concreta formazione.
I giovani, come ha confermato il successo della Gmg australiana, questo lo hanno afferrato appieno. Ogni Papa ha la sua personalità. Ma vista l’esperienza di Colonia prima e di Sydney adesso, e ripensando alle Gmg di Giovanni Paolo II, viene spontaneo dire che entrambi hanno impresso il meglio di sé proprio nelle Giornate mondiali della gioventù. Il che non deve stupire se si pensa alla capacità maieutica propria dei giovani, ruolo che riescono a svolgere anche rispetto ai successori del Pescatore di Galilea. Ed è in forza di questo impegno senza riserve che tali giornate ormai non appartengono più ad un solo Pontefice, ma come sottolineava ieri l’arcivescovo di Sydney George Pell, «sono diventate un punto di riferimento nella storia della Chiesa ». Benedetto XVI ne ha offerto in maniera palpabile la dimostrazione, affrontando nonostante i suoi 80 anni e più un volo così lungo e faticoso, tanto da confidare esplicitamente ai giovani la sua umanissima «apprensione» nel compierlo. Egli si è speso completamente e si è spinto il più lontano possibile, nel cuore di un Paese profondamente secolarizzato. Specialista anche lui delle missioni più difficili. L’ha fatto per offrire a quanti lo seguivano fino a lì la premura di una presenza paterna – dono già di per sé prezioso – insieme a un magistero di grande consistenza teologica e spirituale.
Il risultato è stato straordinario. In termini numerici (i 350mila di Sydney, viste le distanze e i costi, valgono sicuramente i numeri a sette cifre di altre edizioni), ma anche e soprattutto sotto il profilo programmatico. C’è una persistenza, in questo, straordinaria da parte dei due ultimi Papi. Chi non ricorda le ardue omelie che Giovanni Paolo II puntualmente offriva in occasioni come queste, a cominciare dal primo raduno giovanile da lui promosso per la domenica delle Palme 1984?
Oggi, il Papa teologo e pastore, nel viaggio più lungo del suo pontificato, ha offerto ai giovani le chiavi di lettura aggiornate e dunque più penetranti in ordine ad un confronto non soccombente con la post-modernità, all’interno di società secolarizzate come quella australiana, nelle quali è decisivo non lasciarsi inghiottire da quella che lui stesso ha chiamato «l’ideologia relativista ». Ed è proprio qui il tratto di maggiore originalità di questa Gmg «degli antipodi ». Una pista di lavoro che già si proietta su Madrid 2011, e indica la direzione di marcia dei prossimi tre anni.