Il viaggio a Malta
Due settimane fa il Santo Padre ha compiuto un viaggio apostolico, il suo quattordicesimo, a Malta in occasione del 1950° anniversario del naufragio dell’apostolo Paolo sulle coste dell’arcipelago maltese e della sua permanenza in quelle isole per circa tre mesi.
La metà della popolazione dell’arcipelago di Malta, definita Chiesa vivace, feconda nelle vocazioni e piena di fede, è accorsa a vedere Benedetto XVI durante la sua visita apostolica; padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha tracciato un bilancio estremamente positivo di questo viaggio, anche superiore all’attesa per gli stessi organizzatori maltesi. “E questo perché il calore della rispondenza, la quantità spontanea di persone per le strade, tutte molto gioiose e molto ordinate, corrette nella manifestazione del loro entusiasmo, è qualcosa che ha colpito molto profondamente. Io credo che si possa dire tranquillamente che circa 200 mila persone, nei due giorni, hanno potuto vedere il Papa. Quindi, una partecipazione corale”.
Entusiasta della straordinaria e calorosa accoglienza dei Maltesi, Benedetto XVI, all’udienza generale di mercoledì 21 aprile, ha sottolineato come fosse stato per lui “motivo di gioia, ed anche di consolazione sentire il particolare calore di quel popolo che dà il senso di una grande famiglia, accomunata dalla fede e dalla visione cristiana della vita”.
Anche in questa occasione Benedetto XVI non ha esitato ad abbracciare il dolore delle vittime di abusi da parte di esponenti del clero, ricordando innanzitutto che “Malta ama Cristo e ama la sua Chiesa che è il suo Corpo e sa che, anche se questo Corpo è ferito dai nostri peccati, il Signore tuttavia ama questa Chiesa, e il suo Vangelo è la vera forza che purifica e guarisce” e ha desiderato incontrare una piccola rappresentanza di queste vittime dopo la Celebrazione, per condividere con loro la sofferenza e pregare insieme.
Come padre di tutti noi, il Papa ci insegna che la Chiesa è fatta di uomini, come Dio ha voluto, cioè è fatta di me e di te, di poveri peccatori, che cadono e che necessitano di perdono.
Come già detto proprio il Santo Padre in prima persona, nella Lettera ai cattolici d’Irlanda, ha mostrato tutto il suo dolore, il suo rammarico e la sua esortazione agli ecclesiastici a chiedere perdono ed alle vittime a perdonare. Così scriveva alle vittime: “Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava. Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. È comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza. È nella comunione della Chiesa che incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato. Come voi, egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena e il persistere del suo effetto nelle vostre vite e nei vostri rapporti con altri, compresi i vostri rapporti con la Chiesa. So che alcuni di voi trovano difficile anche entrare in una chiesa dopo quanto è avvenuto. Tuttavia, le stesse ferite di Cristo, trasformate dalle sue sofferenze redentrici, sono gli strumenti grazie ai quali il potere del male è infranto e noi rinasciamo alla vita e alla speranza. Credo fermamente nel potere risanatore del suo amore sacrificale – anche nelle situazioni più buie e senza speranza – che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio. Rivolgendomi a voi come pastore, preoccupato per il bene di tutti i figli di Dio, vi chiedo con umiltà di riflettere su quanto vi ho detto. Prego che, avvicinandovi a Cristo e partecipando alla vita della sua Chiesa – una Chiesa purificata dalla penitenza e rinnovata nella carità pastorale – possiate arrivare a riscoprire l’infinito amore di Cristo per ciascuno di voi. Sono fiducioso che in questo modo sarete capaci di trovare riconciliazione, profonda guarigione interiore e pace”.
Ecco perché nel viaggio a Malta, come anzidetto, Benedetto XVI ha sentito la forte esigenza di condividere intimamente il dramma di alcune delle vittime di abuso incontrandole personalmente.
In particolare Papa Benedetto XVI ha incontrato, domenica 18 aprile, nella Nunziatura Apostolica, dopo la celebrazione nella piazza dei granai di Floriana, otto vittime maltesi di abusi da parte di religiosi, tutti uomini fra i 30 e i 40 anni accompagnati dai vescovi di Malta e Gozo. È stato profondamente scosso dalle loro storie ed ha espresso la sua vergogna e il suo dolore per quello che le vittime e le loro famiglie hanno sofferto (Il Giornale 18.04.2010).
Subito dopo l’incontro il gruppo ha tenuto una conferenza stampa in un convento di suore domenicane ad Attard, alla presenza di un vescovo maltese che, mentre le vittime raccontavano del colloquio con il Papa, aveva le lacrime agli occhi.
“Sono stato sollevato e liberato da un grande peso”. Lo ha detto Lawrence Grech, 35 anni, una delle vittime degli abusi da parte di preti maltesi, poco dopo l’incontro con Papa Benedetto XVI. Grech, che da anni chiede giustizia e una forma di scuse da parte della Chiesa, parlando all’ANSA si è dichiarato liberato dall’incubo che lo aveva turbato per anni. “Io insieme ai miei amici abbiamo ringraziato tantissimo il Papa”, ha detto piangendo per l’emozione. Ed ha aggiunto: “Ho visto il Papa piangere di emozione. Non mi aspettavo scuse dal Papa, ma ho visto in lui e nel vescovo di Malta l’umiltà di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna”. Il Papa, ha raccontato Grech, “ha appoggiato la mano sulla testa di ciascuno dei partecipanti all’incontro, benedicendoli. Io mi sento liberato e sollevato da un grande peso. Da tanto tempo non andavo più a messa e avevo perso la fede ma ora mi sento un cattolico convinto”. L’incontro con il Papa – ha concluso – è stato “il più grande regalo mai ricevuto dopo la nascita di mia figlia” ( Il Giornale 19.04.2010).
Per quanto riguarda questo incontro, padre Lombardi ha rivelato che è stato molto semplice: “un incontro discreto, lontano – diciamo così – dal clamore dei media e dalla pubblicità; impostato a cominciare da un momento di preghiera e poi continuando con un ascolto profondo da parte del Papa delle parole che queste persone desiderano dirgli, tutto quello che possono avere nel cuore e che vogliono dire al Papa come pastore e come padre”.
Le parole del Santo Padre sono state molto semplici, molto spontanee, di partecipazione, di dolore, di preghiera, di incoraggiamento, di speranza, “perché si tratta di incontrare e – diciamo – di curare delle ferite personali profonde e, quindi, la via non è tanto quella dei messaggi gridati, ma è proprio quella dell’ascolto e del dialogo in profondità. Il Papa ha potuto farlo ed ha concluso di nuovo con una preghiera comune e con una benedizione a questo incontro”. Ha inoltre assicurato le vittime che la Chiesa provvederà ad “assicurare misure efficaci per salvaguardare i giovani in futuro”, continuando a fare tutto ciò che è in suo potere per investigare sulle accuse e consegnare alla giustizia i responsabili degli abusi.
Nello spirito della Lettera ai cattolici d’Irlanda Benedetto XVI “ha poi pregato affinché tutte le vittime degli abusi sperimentino la guarigione e la riconciliazione, mettendoli in grado di andare avanti con rinnovata speranza”. Benedetto XVI ha anche esortato a seguire l’esempio di San Paolo, il quale “anche in una violenta tempesta mantenne fiducia e speranza e seppe trasmetterle ai suoi compagni di viaggio”.
Quindi non solo preghiera e partecipazione, ma anche l’assicurazione che la Santa Sede intende agire con fermezza di fronte a questi episodi, nella linea inaugurata proprio da Ratzinger quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede durante il pontificato di Giovanni Paolo II.