Il santo curato d’Ars: tutto per il “bon Dieu”
Giovanni Maria Vianney nacque e venne battezzato a Dardilly, nei pressi di Lione, l’8 maggio 1786, da una famiglia di contadini. Quarto di sei figli, ricevette dai genitori una solida educazione cristiana, prodiga nelle opere di carità.
In seguito allo scoppio della Rivoluzione Francese, il nuovo parroco di Dardilly prestò giuramento alla Costituzione civile del clero; per poter continuare ad essere fedeli all’autorità del Papa, i Vianney decisero di entrare nel circolo clandestino di un sacerdote “refrattario”. Fu durante una di queste riunioni eucaristiche presso Ecully che, a 13 anni, Giovanni Maria ricevette la sua Prima Comunione. Questa esperienza e la testimonianza ricevuta sia in famiglia che dal sacerdote refrattario, lo segnarono tanto profondamente che a poco a poco maturò l’idea di consegnarsi a Dio nella vocazione sacerdotale.
Così a vent’anni cominciò la sua preparazione al sacerdozio presso don Balley, curato di Ecully. Fu un periodo molto difficile per Giovanni Maria: i suoi sforzi per imparare la grammatica latina sembravano non portare frutto; ma poi, grazie alla sua perseveranza ed in seguito ad un pellegrinaggio presso san Francesco Régis alla Louvesc per ottenere la grazia di vincere la propria ignoranza, i risultati cominciarono ad arrivare.
Nel 1809, fu chiamato alle armi nell’esercito napoleonico. Partito a malincuore, per una serie di circostanze riuscì a disertare. Ricercato, dovette passare un periodo nel nascondimento. Tornato a casa nel 1811 in seguito alla morte della madre, chiese umilmente perdono al Padre per i dolori e i problemi che la famiglia aveva dovuto subire a causa sua. Nel cuore era però era certo che la scelta di disertare l’esercito di un nemico del Papa fosse stata guidata dalla Provvidenza.
Sicuro della sua vocazione, non senza aver affrontato ancora dure prove, Giovanni Maria Vianney fu ordinato sacerdote a Grenoble il 13 agosto 1815 e subito fu inviato come vicario proprio ad Écully. Vi resterà per circa due anni, fino alla morte di don Balley. L’esperienza ad Ecully fu determinante nel gettare le basi di tutto il suo successivo apostolato. Imparò molto e fu in gran sintonia col suo protettore don Balley, fortemente influenzato dal pensiero giansenista: in un periodo in cui i disordini politici avevano generato una forte decadenza religiosa, era forte in loro il senso della tragicità del peccato, cui dovevano seguire penitenza e sobrietà della vita, finalizzate all’incontro con Dio nella preghiera.
Nel febbraio del 1818 don Vianney venne trasferito ad Ars, “l’ultimo villaggio della diocesi”. I circa duecentocinquanta abitanti del villaggio, prevalentemente di umili condizioni, pur non essendo apertamente atei o anticlericali, vivevano una fede banale e superficiale, assoggettata ai propri interessi mondani, schiavi della mentalità post-rivoluzionaria.
Giovanni Maria si trovo così solo davanti alla rischiosissima sfida di ricondurre quelle anime a Dio. Facendo della sua chiesa la sua casa, per guadagnare la redenzione dei suoi parrocchiani, scelse la via della penitenza e della preghiera, stando notte e giorno davanti al tabernacolo implorando il Signore per la loro conversione. La preghiera contemplativa, la Santa Messa e la liturgia delle ore erano l’unica vera fonte di tutto il suo zelo pastorale.
La sua vita era tutta votata alla conversione delle anime, segnata da un austero regime di penitenza e digiuno. Il suo stile sobrio era tutto a sottolineare come la sua unica ricchezza fosse Cristo.
Un po’ alla volta, superando calunnie e contestazioni, risvegliò così nei suoi parrocchiani la fede. Egli li spronò alla partecipazione frequente ai sacramenti, con veemenza ma anche con pazienza. Senza temere di condannare i vizi del paese, seppe con premura far rifiorire la fede di gran parte della sua parrocchia e, pian piano, dei paesi limitrofi, istituendo anche varie confraternite.
Le sue predicazioni erano così efficaci perché corroborate dall’esempio della sua vita, totalmente segnata dall’amore e dalla sequela a Cristo.
In questi anni don Vianney si prodigò molto anche per restaurare ed abbellire la sua chiesa, rinnovando la suppellettile sacra e costruendo delle cappelle laterali.
Sempre attento alle necessità dei poveri e bisognosi, fondò la Casa della Provvidenza per aiutare ragazze in condizione di disagio e prive di istruzione. In seguito creò anche un istituto per ragazzi, poiché, avendo sperimentato su di sé i disagi dell’ignoranza, ben conosceva l’importanza dell’istruzione.
Attratti dalla sua santa condotta e dal suo particolare dono di penetrazione dei cuori, che sapeva indirizzare in una sicura strada di discernimento vocazionale, un numero sempre maggiore di pellegrini si riversava ad Ars, per ricevere da don Vianney una parola di conforto e soprattutto il Sacramento del Perdono, tenendolo nel confessionale fino a 17 ore al giorno. Molte sono le testimonianza che confermano nel sacerdote il dono di una conoscenza misteriosa, donatagli da Dio come strumento per aumentare i frutti del suo zelante impegno pastorale.
Ben presto Ars divenne un modello per la diocesi, nonché luogo di prodigi e guarigioni, che il curato umilmente attribuiva all’intercessione di Santa Filomena (il cui culto, per un’errata valutazione storica, è oggi stato soppresso). Giovanni Maria cercava infatti in tutti i modi di distogliere da sé l’attenzione, consapevoli che i prodigi che Dio gli concedeva erano segno di una più profonda guarigione spirituale.
Morì con fiducioso abbandono alle due del mattino del 4 agosto 1859, dopo aver dato il massimo dell’amore.
Nel 1866 fu aperto il processo di canonizzazione, che fu concluso il 31 maggio 1925 da papa Pio XI. Nel 1929 il santo curato d’Ars fu proclamato patrono universale di tutti i parroci di Roma e del mondo. Nel centenario della sua morte, papa Giovanni XXIII gli dedicò l’enciclica “Sacerdotii nostri primordia”.
La vita del curato d’Ars non è stata certo povera di molte prove e difficoltà. Dovette portare molte croci, dalla malattia all’aiuto di un coadiutore, don Antoine Raymond,dal carattere difficile; dalle ingiuste calunnie al dolore per il cedimento della Casa della Provvidenza alle Figlie di san Giuseppe. Fino ad una profonda crisi interiore: don Vianney era afflitto da un forte senso di incapacità a svolgere il ministero pastorale che suscitava in lui un desiderio di ritirarsi in solitudine per espiare i suoi peccati così forte che tentò addirittura due volte la fuga da Ars. Ma il pensiero che avrebbe potuto ricondurre tante anime a Dio, al suo “bon Dieu” che stava sopra ogni cosa, prevalse sempre sulla sua volontà e lo indusse a restare.
Seppe sempre conservare il proprio cuore radicato nell’amore di Dio e dei suoi fratelli, parrocchiani e pellegrini, cui si consacrò totalmente; sua unica preoccupazione era la salvezza delle anime, nella certezza della bontà e della misericordia di Dio.
Questo amore fedele, gratuitamente ricevuto e gratuitamente donato, questo fuoco d’amore che lo consumava davanti al Santissimo Sacramento o nella celebrazione dell’Eucaristia. La sua vita semplice e umile, totalmente donata al “bon Dieu”, in ogni luogo ed istante, nella quotidianità del suo ministero. Questo il “segreto” della sua santità, della santità.