Il parere della scienza
Carlo Casini, medico nonché Presidente del Movimento per la Vita, ha ribadito che “l’obiezione di coscienza del personale sanitario in materia di aborto è garantita dalla legge 194 e confermata dalla Corte costituzionale (sentenza 467 del 1991)”, specificando che il fatto che“la pillola del giorno dopo abbia effetti potenzialmente abortivi lo afferma il Comitato nazionale di bioetica e lo ribadisce il Tar del Lazio che ha obbligato la casa distributrice ad indicare nel foglietto illustrativo che il prodotto può avere come effetto la morte dell’embrione a cui è reso impossibile l’annidamento mediante la modificazione dell’ambiente uterino reso inospitale”. Inoltre il Movimento per la Vita ha annunciato che invierà a tutti i medici delle Marche la documentazione giuridica che consentirà loro la tranquillità nel rifiuto della prescrizione della pillola del giorno dopo e assicurerà, se necessario, anche l’assistenza giudiziaria gratuita.
Il Sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, ha sottolineato che non si può dimenticare che l’assumere tale farmaco potrebbe comportare un problema alla salute della donna, tanto che per assumere il Norlevo “occorre una ricetta non ripetibile” il che significa che “ci sono motivi scientifici per cui non può essere classificato tra i farmaci da banco”.
“E credo -ha aggiunto la Roccella- che non si possa obbligare nessun medico a prescrivere un farmaco. Anzi il medico deve poter effettuare un’adeguata valutazione clinica che comprende le eventuali controindicazioni, prima di scrivere una ricetta”.
Sostegno alla libertà di prescrizione dei medici viene anche dal presidente dell’Ordine dei medici di Ancona, Fulvio Borromei, che si rifà sia alle indicazioni del Codice deontologico sia alle riflessioni prodotte dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Specifica inoltre che le problematiche organizzative non possono soffocare i diritti dei medici; difatti la clausola di coscienza deve essere sempre pienamente valida per i medici, mentre le suddette problematiche spettano all’autorità sanitaria.
Una posizione condivisa da Giancarlo Pizza, presidente dell’Ordine dei medici di Bologna: «Qui è la Asl a organizzarsi in modo che ci sia in servizio qualcuno che è d’accordo con la prescrizione della pillola del giorno dopo. E ciò accade proprio perché tutte le disquisizioni sulla prescrizione si scontrano con il diritto del medico di appellarsi all’obiezione: non si può escludere infatti che il farmaco intervenga dopo che il concepimento è avvenuto» .
Continua dicendo che “il medico deve prescrivere secondo scienza e coscienza, dopo una valutazione reale delle condizioni del paziente. Il che, ovviamente, esclude che si possano scrivere ricette alla cieca… Mi meraviglio che si voglia trasformare il medico in esecutore della volontà altrui. C’è un’autonomia professionale da rispettare, così come c’è un’alleanza terapeutica da costruire. La richiesta di un direttore generale di prescrivere comunque mi sembra francamente eccessiva”.
Non è mancato l’intervento anche del presidente dell’Ordine dei medici di Pavia, Giovanni Belloni, che è anche coordinatore regionale degli Ordini della Lombardia, il quale dichiara che “c’è sempre stata divisione su questo farmaco, tra chi ne sostiene la doverosità di prescrizione e chi richiama il fatto che potrebbe intervenire dopo che l’embrione si è formato… Peraltro il richiamo all’articolo 22 del Codice deontologico è pienamente giustificato. Né si vede come possa essere individuato un grave e immediato danno alla salute nel non prescrivere la pillola del giorno dopo… La questione è complicata dal fatto che spesso a rivolgersi ai servizi di continuità assistenziali sono ragazze minorenni: e questo pone ulteriori interrogativi”.
Emanuela Lulli, medico di base specializzato in ostetricia e ginecologia di Pesaro, membro dell’Associazione italiana medici cattolici (Amci) e del gruppo locale di Scienza & Vita è convinta che “il contenuto della nota è orientato in un’unica direzione: vietare di fatto qualsiasi forma di obiezione di coscienza, sia con riferimento alla normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza (legge 194/78) sia con riferimento all’articolo 22 del Codice di deontologia medica del 16 dicembre 2006”. La Lulli ricorda che esiste una circolare del presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) dell’11 dicembre 2006, in cui si dicono parole chiare sul concetto di “clausola di coscienza” presente nel citato articolo 22. In base a questa circolare la “clausola” è “assimilabile” all’obiezione di coscienza, che in Italia è permessa solo per il servizio militare e l’aborto, per cui “il medico al quale vengono richieste prestazioni che contrastino con la sua coscienza o il suo convincimento clinico può rifiutare la propria opera, a meno che questo comportamento non sia di grave e immediato nocumento alla salute della persona assistita”. La circolare evidenzia che il medico non si deve limitare ad esprimere la propria obiezione “ma deve provvedere, nell’ambito delle proprie responsabilità, affinché la richiedente possa accedere con tempi e modalità appropriate alla prescrizione”.
Paolo Marchionni, medico legale dell’Asur e presidente del gruppo di Pesaro di Scienza & Vita, ha invece reagito mandando ai colleghi un testo base da usare in risposta alla nota di Malucelli.
In esso si ribadisce che “nessun Direttore generale potrà obbligare un professionista medico a prescrivere quello che egli ritiene necessario o doveroso, né quello che viene richiesto da qualsiasi paziente” e si ripete che l’articolo 9 della 194 consente di esprimere il diritto all’obiezione di coscienza “nei confronti di quegli atti che possono provocare la morte del concepito, embrione o feto che sia”.
Anche a livello locale sono intervenuti medici che si sentono profondamente colpiti da questa direttiva; si pensi al dr. Stefano Ojetti, medico dell’ospedale di Ascoli Piceno e vicepresidente nazionale dell’Amci, che definisce la lettera del direttore Asur un “abuso di potere”, oppure il dr. Giovanni Borroni, medico anestesista dell’ospedale di Macerata, presidente del gruppo locale di Scienza & Vita e segretario provinciale Amci il quale sottolinea che “l’obiezione prevista della legge sull’aborto è consentita a tutto il personale sanitario per ogni intervento abortivo e un aborto chimico non è meno intervento che un aborto chirurgico”.
Borroni, poi, non si limita alla sola critica ma fa anche una proposta, invitando l’Ordine dei medici a farsi promotore della stesura dell’elenco dei sanitari che hanno fatto obiezione di coscienza, da affiggere poi negli ambulatori della Guardia medica e delle altre sedi istituzionali.
Insomma il mondo della medicina, anche più di quello della politica, non può rimanere inerte di fronte ad una vera e propria ideologia che pretende di decidere il bene del paziente, il dovere del medico, la giusta cura, l’inizio e la fine della vita.