I fatti
Tutto è iniziato il 6 marzo scorso, quando è stata sbattuta in prima pagina la foto del fratello del Papa, Georg Ratzinger, arbitrariamente associato allo scandalo della pedofilia in Germania. In pochi minuti fece il giro del mondo la notizia che anche monsignor Georg Ratzinger, dal 1964 al 1993 direttore del coro dei «Domspatzen», i «passerotti del Duomo» di Ratisbona, fosse a conoscenza di alcuni fatti accaduti proprio all’interno della stessa corale, all’epoca in cui ne era direttore.
Niente di più falso. Il giorno dopo solo alcuni giornalisti seriamente e veramente attenti alla ricostruzione storica ci hanno informato, al contrario di chi ha lanciato la notizia e non ha avuto nessuna necessità – nemmeno in forza di una corretta e necessaria informazione – di smentirla, che in realtà i fatti a cui ci si stava riferendo in quei giorni, tremendi e tragici fatti di pedofilia accaduti all’ombra di istituti religiosi, non erano accaduti affatto nel periodo in cui Georg Ratzinger era direttore del coro. Durante il tempo in cui fu direttore, dal 1964 al 1993, nessun caso di abuso è stato né accertato né anche soltanto denunciato fino ad oggi nell’ambiente dei “Domspatzen”. Già nel nostro sito pubblicammo l’articolo de il Giornale, uno dei pochi quotidiani che hanno portato chiarezza in merito.
Proprio George Ratzinger, raggiunto ovviamente e in fretta dai giornalisti, qualche giorno dopo ha riaffermato la sua non conoscenza dei fatti eppure ha chiesto perdono alle vittime delle violenze.
Si è capito subito che qualcosa di grosso stava solo iniziando!
E infatti pochi giorni dopo nuovamente sono state date in pasto alla stampa internazionale due notizie: il primo, il cosiddetto “caso Murphy”, riguardante un sacerdote della diocesi di Milwaukee che aveva lavorato dal 1950 al 1977 in una scuola per bambini sordi e sordomuti e che aveva abusato di 29 di loro, anche durante la confessione. È stato un comunicato di Padre Federico Lombardi del 25 marzo e alcuni articoli di giornale (per es. il Foglio del 6 aprile) a portare chiarezza sul seguito di questi tragici fatti dopo le “accuse” alla Chiesa di non aver preso provvedimenti subito dopo le denunce.
Sempre negli stessi giorni in prima pagina anche la storia del sacerdote tedesco Peter Hullermann, riconosciuto colpevole di abusi ai danni di minori e poi, secondo alcune voci, reintegrato nel lavoro pastorale mentre era ancora in terapia psichiatrica, negli anni in cui Joseph Ratzinger era arcivescovo di Monaco. Ancora titoloni, dibattiti, polemiche e grande confusione.
Per chi ha voluto seguire fino in fondo la realtà dei fatti anche in quest’ultimo ha trovato delle volute invenzioni: la stessa diocesi di Monaco ha chiarito immediatamente che l’abate che Ratzinger accettò di accogliere perché fosse curato, venne immesso nuovamente nella pastorale parrocchiale per decisione del vicario generale Gerhard Gruber. In ogni caso, negli anni in cui l’attuale Papa rimase arcivescovo, contro l’abate non furono mosse denunce né segnalate molestie. La condanna arrivò nel 1986 per abusi commessi anni dopo che il futuro Papa aveva lasciato Monaco.
Ancora una questione eclatante: il 10 aprile l’Associated Press ha rilanciato una lettera firmata nel 1985 dall’allora cardinale Ratzinger nella quale si consigliava prudenza sulla riduzione allo stato laicale chiesta da un prete pedofilo americano trentottenne che sarà effettivamente dimesso due anni dopo, al compimento dei 40 anni. Questo il commento immediato del giornalista Andrea Tornielli: “Come già accaduto nei giorni scorsi, la lettera è stata presentata come un caso di «copertura» da parte del futuro Papa di un prete pedofilo. Le cose non stanno così, e nel giro di qualche ora si è potuto verificare il contesto, ricordando che 1) all’epoca la Congregazione per la dottrina della fede non era competente sui casi di pedofilia e nella lettera si parla soltanto della dimissione dallo stato clericale, non del procedimento, 2) la dimissione dallo stato clericale non si decideva prima del quarantesimo anno d’età, 3) la richiesta era stata presentata dallo stesso sacerdote coinvolto, 4) Ratzinger ha solo chiesto di approfondire il caso e due anni dopo la dimissione dallo stato clericale è arrivata, 5) non c’è stata alcuna copertura del colpevole. La cosa che più mi stupisce non è il fatto che queste lettere (chissà quante ne avrà firmate Ratzinger durante i 23 anni trascorsi ai vertici dell’ex Sant’Uffizio) vengano pubblicate, quanto il fatto che le si lanci e rilanci senza prima verificare i contesti e le procedure, senza cioè approfondire le circostanze per permettere a chi legge di farsi un’idea. Il che sarebbe esattamente il compito del giornalista”.
E ancora solo qualche giorno dopo una necessaria dichiarazione ancora dal direttore della sala stampa della Santa Sede in merito a delle affermazioni rilasciate dal Cardinale Segretario di Stato Bertone in Cile, poi pretestuosamente reinterpretate dai giornalisti.
L’apice lo si è raggiunto proprio in questi ultimi giorni: nella casa natale di Papa Benedetto XVI sono state trovate scritte e immagini oscene, insulti a sfondo sessuale che fanno riferimento allo scandalo degli abusi sui minori; e ancora la rivista satirica Titanic ha pubblicato una copertina ferocemente ingiuriosa nei confronti della Chiesa che, pur avendo suscitato moltissime polemiche, non è stata ritirata. Non per ultimo si prospetterebbe un’azione legale, diretta a un tribunale di Milwaukee e capeggiata dall’Avvocato Anderson, che rappresenta una delle vittime di padre Murphy, contro Benedetto XVI, in quanto Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede all’epoca in cui la denuncia arrivò a Roma, e contro i cardinali Bertone e Sodano, in quanto segretario della stessa Congregazione il primo, Segretario di Stato il secondo.