“È necessario preservare la freschezza del Carisma!”
III CONGRESSO MONDIALE DEI MOVIMENTIECCLESIALI E DELLE NUOVE COMUNITÀ
di don Armando Moriconi
da Nel Frammento anno XII – Numero 5/2014
Ho avuto la grazia di partecipare, dal 20 al 22 novembre, al III Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, che si è svolto a Roma su iniziativa del Pontificio Consiglio per i Laici. Alcuni mesi fa, il cardinal Stanisław Ryłko, Presidente del Dicastero, aveva mandato una lettera di invito a Nicolino Pompei, quale fondatore di Fides Vita: con lui ho potuto vivere l’intensa bellezza di quei giorni, al cui centro vi è stato l’incontro con il Santo Padre Francesco. Si è trattato del terzo incontro di questo tipo, dopo quelli voluti da Giovanni Paolo II nel 1998 e da Benedetto XVI nel 2006. In questa edizione, si sono ritrovati più di300 membri di esperienze ecclesiali – tra fondatori, moderatori generali e delegati -in rappresentanza di circa 100 realtà provenienti da più di 40 paesi del mondo; si sono riuniti attorno al tema suggerito da papa Francesco: “La gioia del Vangelo: una gioia missionaria” (cfr. EG 21).Il cardinal Ryłko, che ha aperto i lavori, ha ricordato come “la fioritura dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, sia uno dei frutti più preziosi del Concilio Vaticano II”, ed inoltre come tale “improvvisa e inaspettata fioritura sia stata interpretata dal Magistero pontificio come una risposta tempestiva dello Spirito Santo alla difficile sfida dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo”. Da qui, il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici ha sottolineato lo sguardo profetico degli ultimi tre Sommi Pontefici, particolarmente rispetto alle nuove esperienze ecclesiali. San Giovanni Paolo II, che ha ribadito la co-essenzialità tra istituzione e carisma nella vita della Chiesa, “ha seguito e guidato da vicino il rapido sviluppo dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, accompagnandoli con la sua parola chiara e illuminante”. Non solo: nella Pentecoste del 1998, “papa Wojtyła decise di imprimere una svolta nella storia della nuova stagione aggregativa dei fedeli laici: con intuito profetico indicò una nuova tappa per la vita dei nuovi carismi, che ormai necessariamente doveva seguire la fioritura iniziale, ovvero la tappa della maturità ecclesiale”. Il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici ha continuato ad accompagnarci attraverso le tappe più significative del Magistero pontificio, sottolineando che per Benedetto XVI “la multiformità e l’unità dei carismi e ministeri sono inseparabili nella vita della Chiesa. Lo Spirito Santo vuole la multiformità dei movimenti al servizio dell’unico Corpo che è appunto la Chiesa”. L’excursus del Cardinale si è concluso con papa Francesco che, con il suo accento pieno di forza e di tenerezza, ha inteso così rivolgersi alle nuove realtà ecclesiali: “Siete un dono e una ricchezza nella Chiesa! Questo siete voi! […] Portate sempre la forza del Vangelo! Non abbiate paura! Abbiate sempre la gioia e la passione per la comunione nella Chiesa!”. Con il conforto dell’autorevole e paterna parola degli ultimi tre Papi, il Presidente del Dicastero ha rivolto ai presenti l’urgente appello alla conversione missionaria che Francesco ha ripetuto nell’Esortazione Evangeli i gaudium e che, con vigore, ha ribadito nell’Udienza avuta con lui l’ultimo giorno del Congresso. Dopo quello del cardinal Ryłko, autorevoli e numerosi sono stati gli interventi. Nel primo giorno, il prof. Fabrice Hadjadj ci ha aiuto a lasciarci provocare dai segni dei tempi; il padre Raniero Cantalamessa ha sostenuto il nostro sguardo alla permanente novità dell’annuncio della fede; ed infine il cardinale Marc Ouellet ha sottolineato ciò che sta profondamente al cuore del nostro cammino ecclesiale: l’evangelizzazione non è una sorta di proselitismo, ma scaturisce da un’attrazione, da una vita così piena che chiunque altro non può fare a meno di curiosare, scoprire, domandare, imitare la ragione di tale pienezza. Un’attenzione particolare merita l’incontro con il prof. Guzmán Carriquiry. Innanzitutto per un motivo di gratitudine. Abbiamo conosciuto il prof. Carriquiry quando era Sotto Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, e a lui molto dobbiamo della considerazione e della stima che, oggi, fino a questo Congresso, il Consiglio ha nei confronti della nostra realtà ecclesiale. L’amicizia con il prof. Carriquiry si è come rinnovata in quei giorni, particolarmente nel calore, nell’affabilità e nell’importanza del saluto e delle parole che egli ha voluto rivolgere a Nicolino prima di andarsene. La relazione del prof. Carriquiry ha preceduto le due tavole rotonde che hanno caratterizzato il secondo giorno del Congresso. Vale la pena riportare alcuni passaggi del suo intervento. Carriquiry ha legato il cammino dei movimenti alla particolare “ora di grazia” che stiamo vivendo con il pontificato di Francesco. Egli ha detto che “la prima domanda che dobbiamo porci è questa: lo Spirito di Dio cosa ci sta dicendo, cosa ci sta chiedendo di cambiare, per mezzo dell’odierno pontificato? Cosa dicono concretamente le sue parole e i suoi gesti al nostro movimento, alla nostra comunità? Se non ci poniamo a fondo queste domande è forse segno preoccupante del nostro rimanere attaccati alle nostre sicurezze, incuranti delle sorprese dello Spirito”. Carriquiry, insomma, così come in un suo intervento ha desiderato fare l’Arcivescovo di Taranto, l’amico Filippo Santoro, ha voluto porre la necessità del paragone che ciascuno è chiamato a vivere con il Papa, con la sua vita, con i suoi gesti, con le sue parole. Da qui, il Vice Presidente della Commissione per l’America Latina, facendo leva sul profondo apprezzamento del Papa per i movimenti, ha ribadito ancora l’urgenza di una conversione missionaria: “Se abbiamo applaudito quando papa Benedetto ha richiamato i movimenti ecclesiali ad essere sempre dipiù collaboratori del ministero universale del Papa, quanto importante è sentirsi chiamati, tra l’altro, dal Medio Oriente in tempesta (in cui le minoranze cristiane rischiano di scomparire) all’Estremo Oriente (dove c’è un “mondo” da evangelizzare). Sentirsi chiamati anche dai Paesi africani assai abbandonati, dai Paesi del continente americano (che hanno bisogno urgente di rivitalizzare la loro tradizione cattolica), dall’Europa sempre più scristianizzata (dove, in molte parti, si può parlare di un mondo post-cristiano), dalla Russia sino alla Siberia (nel dialogo con l’Ortodossia e gli enormi territori senza cura pastorale). Occorre anche proseguire sulla strada dell’ecumenismo con i nostri fratelli cristiani e nel dialogo e nell’amicizia con i credenti di altre tradizioni religiose. Guai a qualsiasi imborghesimento!”. Il terzo giorno è stato il giorno del Papa. L’udienza con lui è stata come incastonata tra due bellissime relazioni: quella della professoressa Mary Healy, che ci ha accompagnato ad incontrare, con vivezza e contemporaneità, alcune Donne del Vangelo; e quella del cardinal Peter Kodwo Appiah Turkson, che ci ha aiutato a guardare come la gioia di Cristo cambi la vita fino alle estreme periferie dell’esistenza. Posso veramente dire che ogni contributo(penso ancora al cuore libero e paterno del vescovo Dominique Rey; all’acuta competenza del padre Gianfranco Ghirlanda; alla sapiente esperienza del vescovo Massimo Camisasca, per citarne solo alcuni), dal palco come dall’assemblea, ha sostenuto il nostro cammino e ci ha accompagnato al momento centrale del Congresso: l’incontro con il Santo Padre. Papa Francesco ha fondato il suo breve e intensissimo discorso su “due elementi essenziali della vita cristiana: la conversione e la missione. Essi sono intimamente legati. Infatti, senza un’autentica conversione del cuore e della mente non si annuncia il Vangelo, ma se non ci apriamo alla missione non è possibile la conversione e la fede diventa sterile. Da qui, ci ha detto che “è necessario preservare la freschezza del carisma: che non si rovini quella freschezza! Freschezza del carisma! Rinnovando sempre il «primo amore» (cfrAp 2,4)”. Poi ci ha parlato della pazienza di Dio e della necessità di farsi accanto all’umanità ferita del nostro tempo, accompagnando nella libertà il cammino di ognuno. Tutto questo, ha aggiunto il Papa, non può che essere vissuto nella comunione; essa è “il bene più prezioso, il sigillo dello Spirito Santo”: “L’unità prevale sul conflitto, perché il fratello vale molto di più delle nostre personali posizioni: per lui Cristo ha versato il suo sangue (cfr 1 Pt 1,18-19), per le mie idee non ha versato niente!”. Così, ha concluso papa Francesco, mantenendola freschezza del carisma, rispettando la libertà di ognuno e cercando sempre la comunione, si cammina verso la maturità ecclesiale e si vive una conversione realmente missionaria; si partecipa cioè “alla missione di Cristo che ci precede sempre e ci accompagna sempre nell’evangelizzazione”. Meraviglioso l’intervento del Santo Padre e- forse – ancora più grande e splendente e struggente la sua affabilità, la sua cordialità, la sua passione per ognuno dei convenuti. Nel nostro cuore resta particolarmente viva la memoria del saluto e dell’abbraccio di papa Francesco a Nicolino, come segno di tutta la nostra Compagnia. Come poi, commosso, Nicolino mi ha condiviso, brevi e decisive sono le parole che si sono detti: mani nella mani, occhi dentro agli occhi, brevi e decisive parole per segnare e confermare la nostra baldanzosa figliolanza; brevi e decisive parole per affermare e rinsaldare la sua struggente paternità. Che grazia! Questa volta, dopo l’incontro del maggio2013, tutto è accaduto – se possibile – in maniera ancora più imprevista, inattesa, sorprendente: purissimo dono, chiarissima chiamata ad una più consapevole responsabilità. E poi, dopo quel momento, l’incontro si è concluso con la richiesta di perdono da parte del Papa per non riuscire, dati i suoi impegni, a salutare personalmente, uno ad uno, tutti i presenti. Sì, occorre proprio avere l’umiltà di paragonarsi con papa Francesco, con la sua umanità afferrata e segnata dalla impareggiabile bellezza della Carità di Cristo. Porto con me la testimonianza dell’umanità del Papa, dalla quale così chiaramente traspare la presenza di Cristo. Porto con me, rinnovato, il dono della Compagnia che il Signore mi ha dato per incontraLo e per amarLo. Che bellezza e che commozione vivere quei giorni nella compagnia di Nicolino, primo volto della nostra esperienza ecclesiale. Camminare insieme, stare nel cuore stesso della Chiesa, continuare ad imparare a respirare e sentire cum Ecclesia; ritrovare la nostra piccola storia nella storia grande della Chiesa, e lì cogliere, nell’umiltà dello sguardo e nella chiarezza del giudizio, il prezioso dono che il Signore ha voluto, misteriosamente, accordare alle nostre misere persone. Che struggente commozione, per me, riconoscere nell’atto e nel confronto con altri il cuore del nostro giovane carisma: ogni occasione d’incontro è stata una possibilità, una strada, una porta spalancata sulla mia vita, sulla mia storia, sulla verità di me e della comunione che vivo, sulla radice della mia appartenenza a Cristo. Tantissimi sono stati gli incontri che in quei giorni il Signore ci ha concesso di vivere. A volte è stato un saluto, un abbraccio, una stretta di mano di fronte al banchetto che ospitava il nostro materiale; altre volte è stato un dialogo, un approfondimento, un confronto più dettagliato. Tra i tanti, non posso non sottolinearne due. Il primo è quello con mons. Miguel Delgado Galindo, Sotto Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici. Quando ci siamo presentati, lui si è acceso nello sguardo e, con la sua stretta vigorosa, ha manifestato a Nicolino tutto il suo entusiasmo per poter dare finalmente un volto ad un nome da tempo appuntato nella sua memoria. Quindici anni fa, infatti, don Miguel, come primo incarico al Pontificio Consiglio, ricevette il compito di scrivere una lettera a Nicolino in occasione del nostro Convegno: quei nomi – Nicolino, Fides Vita – non lo hanno mai più lasciato, e quando ci siamo conosciuti, è come se per lui si fosse finalmente compiuto un percorso: da lì in avanti, fino alla sua vicinanza durante l’Udienza con il Papa, la sua presenza ci ha accompagnati passo dopo passo, facendoci sentire tutta la premurosa cura della Chiesa verso il nostro piccolo popolo. Il secondo incontro cui vorrei dare un poco di spazio è quello con gli amici colombiani del movimento “Lazos de Amor Mariano”: José, il fondatore, Wilsone Sebastian. Durante un pranzo, siamo capitati a tavola insieme. E con noi c’era anche Rich del movimento “Youth Apostles”, dalla Virginia, Stati Unitid’America. Sembravano le nove del mattino di quel giorno di Pentecoste: si parlava un po’ in italiano, un po’ in inglese, un po’ in spagnolo, e ci si capiva, si capiva l’Essenziale, si andava diritti al punto, diritti al cuore delle nostre diverse esperienze; si rendeva grazie all’Onnipotente e si partecipava di quel prodigioso mistero di unità e di comunione che è la Santa Chiesa. Come ho detto, questi due incontri mi hanno particolarmente colpito dalla parte del cuore. Ma volendo fino in fondo rendere conto della grazia ricevuta, occorre almeno citare alcuni degli altri
amici incontrati quei giorni: da Chiara Amirante a don Davide Banzato di NuoviOrizzonti, da Kiko Argüello del Cammino amons. Julián Carrón di CL, da Maria Voce del movimento dei Focolari a Salvatore Martinez del Rinnovamento nello Spirito; e poi, oltre ai Relatori e ai Capi del Dicastero, Stefano De Pasquale Ceratti e Francesca Acito, carissimi, cordialissimi e disponibilissimi amici del Pontificio Consiglio per i Laici; ed infine, come segno di tanti altri, Gioele, Seminarista del Pontificio Collegio Maria Mater Ecclesiae: la semplicità e la chiarezza, la vivacità e la purezza del suo sguardo sono ancora oggi per me parametro e richiamo al mio modo di stare dentro le circostanze che la realtà mi offre. Non a caso ho voluto terminare questo breve cammino di memoria e di gratitudine con un ragazzo ai più sconosciuto: una tra le testimonianze più belle ricevute in quei giorni – e sempre -da Nicolino, è stata proprio quella di una posizione radicalmente umile e inconfondibilmente lieta. Ogni momento di quei giorni è stato vissuto – ed io sono stato aiutato a viverlo – come una reale offerta di Grazia cui occorreva solo cedere, obbedire, lasciarsi fare; ed ogni incontro di quei giorni, da quello con il Papa a quello con Gioele, è stato vissuto -ed io l’ho visto con i miei occhi! – con lo stesso ardore, con la stessa intensità, con lo stesso entusiasmo: è proprio vero: il cristianesimo è una sconfinata passione per ogni uomo! Come dicevo all’inizio, sono stati per me giorni di Grazia. Nel succedersi degli eventi, nei numerosi incontri vissuti, ho contemplato le meraviglie del Signore, la Sua incessante iniziativa, la grande bellezza della Sua Chiesa; e ho gustato, nuovamente, il dono della Compagnia nella quale sono nato e cresciuto, via attraverso la quale il Signore mi ha chiamato e mi chiama a Sé, modalità attraverso cui continua a farmi innamorare di Sé e della Sua Santa Chiesa. E la maggiore consapevolezza di questo dono accresce il riconoscimento di una chiamata, di una responsabilità: perché altri vedano ciò che i miei occhi vedono e credano ciò che ai miei occhi continua a manifestarsi. Desidero concludere con un brano tratto dall’incontro di approfondimento che Nicolino ha vissuto nel Convegno dello scorso anno. In esso ritrovo la grazia della Chiesa e, nel suo seno, della nostra Compagnia; da esso – come è accaduto nei giorni del Congresso – mi lascio pro-vocare e richiamare per averne una più ferma e radicata e lucida coscienza. “È attraverso la vita della Chiesa -attraverso i suoi Sacramenti, la Parola di Dio sempre attualizzata e custodita dal Magistero, la comunione dei suoi pastori e di tutto il popolo credente con il Papa, attraverso la molteplicità dei carismi di cui lo Spirito Santo la fa sovrabbondare – chela presenza di Cristo continua e continuerà a manifestarsi, a farsi incontrare, a prendere l’iniziativa, a parlare, ad attirare, ad operare, a riprendere, perdonare, redimere, resuscitare e salvare la vita di ogni uomo. Fosse anche impantanata nella tragica condizione di errori, peccati e tradimenti, soggiogata da un’angosciante debolezza e fragilità, martoriata dall’esperienza di sofferenze e di dolori che lasciano senza fiato e spezzano le gambe. È solo dentro questa Vita lasciata partecipare, estendere e innestare alla nostra che Gesù ci fa partecipi e ci investe della Grazia della Sua resurrezione, aprendoci e accompagnandoci a vivere tutta la realtà, fin dentro la molteplicità di rapporti e circostanze drammatiche che altrimenti ci troverebbero perdenti e sconfitti in partenza. La presenza di Cristo risorto e vincitore non può che rimandare sempre alla vita intera della Chiesa. Senza di questa, l’avvenimento di Gesù rischierebbe di essere relegato ad un passato estraneo e lontano dalla vita presente, di non essere riconosciuto come avvenimento presente; rischierebbe di essere ridotto e sottomesso ad un’idea e interpretazione nostra o ad un vacuo e umorale sentimento, ad una mera legge morale, ad un messaggio valoriale e ideale, che non solo tradirebbe la sua vera natura ma soprattutto non risponderebbe all’assoluta dimensione del nostro umano e del nostro cuore. Tutto quello che rende ragione dell’avvenimento della nostra compagnia è solo il suo essere segno e modalità attuale e operativa della vita e della comunione della Santa Chiesa, in cui lasciarsi incontrare, raggiungere e trasfigurare dalla potenza di Cristo risorto; in cui poter imparare a camminare nell’avvenimento della Sua resurrezione e della Sua vincente compagnia dentro la realtà del nostro vivere quotidiano”(Nicolino Pompei, Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?).