Che cosa è accaduto con questa sentenza?
A difendere la legge, che su questo punto era già stata oggetto di identici ricorsi nel 2012, respinti perché nel frattempo si era pronunciata la Corte europea dei diritti dell’uomo a favore dell’autonomia degli Stati nel legiferare come ritengono più opportuno, si è subito levata la voce dell’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, la quale è intervenuta dopo la relazione del giudice costituzionale Giuseppe Tesauro, relatore anche nell’udienza di due anni fa.
Gabriella Palmieri ha fatto notare che su un tema cruciale come il divieto di eterologa “bisogna restituire il ruolo centrale al legislatore e che se oggi la Corte costituzionale si pronunciasse per l’abrogazione di tale divieto, si verrebbe a creare un pesante vuoto normativo”. La scienza registra un progresso più rapido rispetto al diritto, ha detto ancora l’avvocato dello Stato, “ma bisogna superare la bioetica dei tribunali”, secondo la quale il diritto si afferma con una sequenza di sentenze e pronunce. Tanto più che sulla eterologa non esiste “un chiaro consenso condiviso”.
Occorre ricordare che la ratio della legge è ben altra e che tutti questi interventi mirano a stravolgerla se non a distruggerla con continui interventi di costituzionalità. Nel nostro ordinamento, infatti, l’ausilio delle tecniche di procreazione medicalmente assistita era consentito solo laddove fosse accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione e circoscritto ai soli casi di sterilità o di infertilità, medicalmente accertata… non per avere un figlio a tutti i costi!!! Invece sembra che la Corte costituzionale voglia proseguire la propria opera di demolizione della legge 40, avendo in passato già eliminato il divieto di crioconservazione e avendo reso possibile la selezione genetica degli embrioni.
Dopo l’annuncio eclatante della decisione, si attendeva con ansia il testo della sentenza scritta dal relatore Giuseppe Tesauro, ma in data 20 maggio, anziché passare alla firma, la Corte ha deciso di prendere ancora un po’ di tempo per approfondire e intervenire sul testo.
Pertanto il deposito della sentenza è stato deciso per il 9 giugno. Comunque si è chiarito che il posticipo non andava ad intaccare il nocciolo della decisione: il divieto resta incostituzionale, ma le argomentazioni della sentenza erano comunque centrali per capire in quale cornice si andava a collocare tale diritto e se le stesse motivazioni non dovessero aprire uno spazio d’intervento legislativo.
La sentenza è stata pertanto depositata il 12 giugno con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale disposta qualche giorno dopo.
Purtroppo da quel momento “il via libera all’eterologa” è stato immediato, essendo stati esclusi eventuali vuoti normativi da parte della stessa Corte Costituzionale. Difatti subito dopo si è registrato già che nei centri di procreazione assistita italiani i call center sono stati tempestati di chiamate da parte di coppie interessate ad avere informazioni e non manca chi teme che la sentenza possa aprire la strada alla fecondazione assistita per le coppie dello stesso sesso e i single.
Addirittura secondo la Corte il divieto assoluto della eterologa determinava “una lesione della libertà fondamentale della coppia destinataria della legge n. 40 del 2004 di formare una famiglia con dei figli, senza che la sua assolutezza sia giustificata dalle esigenze di tutela del nato, le quali, in virtù di quanto sopra rilevato in ordine ad alcuni dei più importanti profili della situazione giuridica dello stesso, già desumibile dalle norme vigenti, devono ritenersi congruamente garantite”.
La Corte negando il pericolo di un vuoto normativo qualifica la procreazione medicalmente assistita (PMA) eterologa come una species rientrante nel genus PMA cui risulteranno applicabili tutte le norme della legge 40/04 non modificate e/o abrogate dalla pronuncia della Corte. Ciò comporta che “l’illegittimità del divieto in esame, opera esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l’esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute” con la conseguenza che la pratica deve ritenersi consentita solo “qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità e sia stato accertato il carattere assoluto delle stesse, dovendo siffatte circostanze essere documentate da atto medico”. Il ricorso a questa tecnica, “non diversamente da quella di tipo omologo, dovrà inoltre, osservare i principi di gradualità e del consenso informato stabiliti dal citato art. 4, comma 2”.