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In particolare la prima questione, dice la Consulta, “è stata dichiarata inammissibile in ragione dell’elevato grado di discrezionalità, per la complessità dei profili etici e scientifici che lo connotano, del bilanciamento operato dal legislatore tra dignità dell’embrione ed esigenze della ricerca scientifica: bilanciamento che, impropriamente, il Tribunale chiedeva alla Corte di modificare, essendo possibile una pluralità di scelte, inevitabilmente riservate al legislatore”. Quindi la scelta di rendere eventualmente possibile la donazione di embrioni alla ricerca spetta al legislatore e non alla Corte.
La seconda questione, invece, “è stata dichiarata, a sua volta, inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio di merito, nel quale risultava che la ricorrente aveva comunque, di fatto, deciso di portare a termine la procreazione medicalmente assistita”.
Il timore più grande era che la Corte poteva, contraddicendosi, ritenere superiore l’interesse della scienza di sperimentare sugli embrioni, rispetto alla dignità degli embrioni stessi, arrivando a far cadere anche questo divieto, con la conseguente considerazione che i giudici della Consulta hanno deciso finora di risparmiare gli embrioni scartati non per bontà d’animo, ma per convenienza, non perché hanno visto negli embrioni delle persone, bensì delle cavie di laboratorio utili per la ricerca.
Anche l’avvocatura dello Stato, rappresentata in udienza Gabriella Palmieri, in una memoria aveva chiesto alla Corte di dichiarare inammissibile o comunque infondata la richiesta di illegittimità sollevata dal Tribunale di Firenze.
Invece per ora gli embrioni «orfani» non possono essere utilizzati per la ricerca sulle cellule staminali. Di certo un sì avrebbe potuto rimettere in discussione un altro passaggio centrale della normativa che regola la procreazione medicalmente assistita, proprio nel veto ad ogni manipolazione sui frutti del concepimento anche se per fini scientifici.