Meditazioni del 9 marzo 2009
“… La preghiera del fariseo, dietro l’apparente devozione, è una preghiera, oserei dire, senza Dio, senza il riconoscimento di Dio. Il riferimento a Dio è pretesto e copertura di un io ricco e gonfio di se stesso, che usa del rapporto con Dio per la propria autoesaltazione. L’uomo che c’è e si nasconde dietro questa preghiera è un uomo che non aspetta nulla da Dio, non è un mendicante di Dio e non ha nulla da chiedere. Usa della preghiera solo per confermare se stesso come misura, per far mostra di sé, in un continuo tentativo di autoesaltazione. Ed è così gonfio e preso dalla sua alterigia da provare solo disprezzo degli altri e vivere nella contrapposizione con gli altri, in cui addirittura si sente esaltato. Invece il pubblicano, l’esattore del fisco, evidentemente un peccatore, sta a distanza perché è spaesato, perché sente la sproporzione, ha la coscienza della sua sproporzione. Sente tutta la sua mancanza, la sua fragilità, il suo tradimento e tutto il bisogno di perdono. È umiliato dal dolore di questo tradimento e supplica battendosi il petto con la formula istintiva del peccatore che non sa dire bene i suoi peccati, dicendo: mio Dio abbi pietà di me peccatore. È la preghiera del povero che è tutto proteso a rimettere la propria vita a Dio. Sente dolore e quindi documenta di essere in una tensione e apertura alla verità di sé, che lo porta a piegarsi mendicante della Misericordia, in cui solo sente la possibilità di essere riammesso alla vita. È l’atteggiamento richiamato giusto da Gesù perché il solo adeguato ad aspettare e ricevere tutto da Dio…” (Nicolino Pompei)
Invocazione allo Spirito Santo
O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita. Te lo chiediamo per intercessione della Madonna, a cui ci affidiamo e a cui affidiamo il nostro Movimento, Nicolino e tutte le intenzioni del suo cuore.
I MISTERI DEL SANTO ROSARIO
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Sacrificio e offerta non gradisci, / gli orecchi mi hai aperto. / Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. / Allora ho detto: “Ecco, io vengo. / Sul rotolo del libro di me è scritto, / che io faccia il tuo volere. / Mio Dio, questo io desidero, / la tua legge è nel profondo del mio cuore” (Salmo 39).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Sono torturati i miei fianchi, / in me non c’è nulla di sano. / Afflitto e sfinito all’estremo. / Padre, davanti a te ogni mio desiderio / e il mio gemito a te non è nascosto. / Palpita il mio cuore, / la forza mi abbandona, / si spegne la luce dei miei occhi. / Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, / i miei vicini stanno a distanza. / Tende lacci chi attenta alla mia vita, / trama insidie chi cerca la mia rovina / e tutto il giorno medita inganni. / Io, come un sordo, non ascolto / e come un muto non apro la bocca; / sono come un uomo che non sente e non risponde. / In te spero, Padre; / tu mi risponderai. / Non abbandonarmi, Padre, / da me non stare lontano; / accorri in mio aiuto (Salmo 37).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Essi godono della mia caduta, si radunano, / si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso. / Mi dilaniano senza posa, / mi mettono alla prova, scherno su scherno, / contro di me digrignano i denti (Salmo 34).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
Abbi pietà di me, Padre, sono nell’affanno; / per il pianto si struggono i miei occhi, / la mia anima e le mie viscere. / Si consuma nel dolore la mia vita, / i miei anni passano nel gemito; / inaridisce per la pena il mio vigore, / si dissolvono tutte le mie ossa. / Sono l’obbrobrio dei miei nemici, il disgusto dei miei vicini, / l’orrore dei miei conoscenti; / chi mi vede per strada mi sfugge. / Ma io confido in te, Padre (Salmo 30).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? / Tu sei lontano dalla mia salvezza. / L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. / È secca come un coccio la mia gola, / la mia lingua si attacca al mio palato. / Hanno messo nel mio cibo veleno / e quando avevo sete mi hanno dato aceto. / Hanno forato le mie mani e i miei piedi, / posso contare tutte le mie ossa (Salmo 21.68).
Carissimi amici,
in questo tempo di Quaresima la Chiesa maternamente ci richiama in maniera incessante alla conversione. Questa occasione favorevole e di Grazia ci apra “ad una continua tensione quotidiana, di istante in istante. In cui la vita si rivolga incessantemente alla Fonte vitale che solo la disseta sempre e la irriga per la sua fecondità. Questa ripresa continua è un rivolgersi incessante. E rivolgersi è più di un semplice voltarsi o di un generico girarsi dalla parte opposta. Indica il volgersi verso Colui che è la fonte e la soddisfazione continua della vita per attaccargli la vita. Indica un rivolgerla dalla parte di Cristo, perché sia appoggiata, attaccata, afferrata e affermata da Cristo, in cui solo si ritrova adeguatamente alimentata e feconda di frutti copiosi, tanto che altri ne possano godere” (Nicolino Pompei).
Viviamo la preghiera, il digiuno e la carità che la Chiesa ci propone soprattutto in questo periodo di Quaresima, certi della Grazia tutta particolare che questo tempo porta e può portare alla nostra vita, se ci apriamo ad essa e l’accogliamo.