Meditazioni del 24 novembre 2008
Quasi tutti noi ieri abbiamo vissuto il magnifico pellegrinaggio alla tomba di Padre Pio. Un pellegrinaggio curato e guidato da alcuni di noi, ma suggerito da Nicolino, che ha poi accolto il nostro invito ad essere presente e ad intervenire. Il nostro cuore è gonfio di gratitudine al Signore per la Grazia di questo pellegrinaggio.
Ci lasciamo introdurre alla preghiera di questa sera da queste parole di Nicolino che sono come un’eco della testimonianza di Padre Pio e un aiuto a riporci di fronte al decisivo richiamo del Vangelo di ieri:
“… Se anche parlassi le lingue degli uomini – pensiamo alla possibilità di conoscere e saper parlare tutte le lingue presenti sulla faccia della terra – e degli angeli – già qui facciamo più difficoltà ad immaginarlo, ma è comunque qualcosa che supera l’orizzonte finito del linguaggio umano – ma non ho la carità, sono come un bronzo sonante o un cembalo strepitante. E se anche avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza – pensate al tentativo degli uomini, nemmeno così tanto celato, di arrivare alla conoscenza di tutto, alla spiegazione di tutto – e anche possedessi tutta la fede – qui è argomento nostro… – così da trasportare le montagne – una fede così forte da trasportare e muovere le montagne – ma non ho la carità, NON SONO NIENTE – che botta, che contraccolpo! Non solo rispetto alla mentalità del mondo ma anche per noi che parliamo sempre della fede, della nostra tensione a…, della nostra passione per l’umano, del desiderio del cuore, del bisogno del cuore, della nostra Compagnia, del dialogo tra noi, dell’amicizia… E se anche distribuissi tutte le mie sostanze – distribuire per sfamare, questo è il senso esplicativo… È il massimo della povertà evangelica e dell’azione di carità così come viene normalmente concepita – e se anche dessi il mio corpo per essere bruciato – è la suprema accondiscendenza alla disponibilità della vita – ma non ho la carità, NON MI GIOVA NULLA” (cfr. 1 Cor 13,1 ss.). La carità, senza la quale non sono niente, è Cristo stesso, è l’Amore di Cristo. È proprio l’Amore di Cristo e il nostro amore a Lui l’Avvenimento che ci deve muovere, commuovere sempre e in tutto quello che facciamo o poniamo… Qualsiasi cosa viviamo o facciamo, la prima carità che ci urge, proprio come urgenza del nostro cuore, è Cristo e l’Amore di Cristo come contenuto della nostra vita, come il nostro amore che ci immette in una vita consegnata all’amore, all’assoluta gratuità dell’amore…” (Caritas Christi urget nos, p 39-40.42).
Invocazione allo Spirito Santo
Ritrovandoci questa sera per il gesto dell’Affidamento non possiamo che continuare a pregare la Madonna come ieri ci è stato ritestimoniato e nuovamente indicato. A Lei affidiamo particolarmente Nicolino, il nostro Movimento e il nostro cammino in questo anno di discernimento così importante. Alla Madonna raccomandiamo anche tutti i malati nel corpo e nello spirito. In particolare preghiamo per Teresa, la mamma di Enrico e Elisa.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,26-33).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo (Lc 1,39-41).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva :«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,6-14).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2,25-32).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole (Lc 2,46-50).