Meditazioni 8 giugno 2015
Ora dobbiamo aprire il nostro cuore alla domanda. Tutto il nostro lavoro non può che essere sempre e ultimamente preghiera. Sant’Agostino afferma che “porre la speranza nella preghiera è totum atque summum negotium /è l’attività, il lavoro totalizzante e sommo”. Dobbiamo quindi incessantemente mendicare Gesù, mendicare il Suo sguardo sempre, perché ci investa, ci commuova lo sguardo e il cuore, ci rimetta sempre in piedi e in cammino con Lui e dietro a Lui. Dobbiamo mendicare a Gesù la Grazia di vincere tutta la nostra estraneità e la nostra resistenza nella Grazia della Sua attrattiva presente. Di vincere e farci uscire da quella strettoia di immagini e di pensieri dentro cui soffochiamo, arrestiamo e perdiamo la vita, sottomettendola al dominio della nostra misura; al dominio delle nostre misere e brevi vedute, in cui qualcuno di noi si ritrova o vorrebbe ancora definire e affermare se stesso, gli altri, la realtà e anche l’appartenenza alla Compagnia. Dobbiamo domandare la Grazia di essere ridestati alle esigenze del cuore, all’emergenza del nostro bisogno, all’impeto del nostro desiderio. […] E tanto più la nostra affezione la lasceremo spostare verso il Suo sguardo, quanto più risulterà coincidente proprio con la Sua presenza. Quanto più quello che si farà, lo si farà con Lui, in Lui e per Lui. Tutto quello che si amerà, lo si amerà con Lui, in Lui, per Lui. Tutto quello che si cercherà sarà solo il Suo sguardo. Tutto quello che si domanderà sarà la Sua presenza, di rimanere con Lui, di amarlo dentro ogni cosa/sopra ogni cosa (Nicolino Pompei, Guardate a Lui e sarete raggianti).
Questa, Gesù, è tutta la nostra preghiera. A te, o Maria, affidiamo Nicolino, ciascuno di noi e particolarmente ti preghiamo per Pietro, Gino, Romano, Ermanno
O Dio, vieni a salvarmi!
Signore, vieni presto in mio aiuto!
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
...Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Jesu dulcis memoria, dans vera cordis gaudia, sed super mel et omnia Eius dulcis praesentia…
O Gesù, ricordo di dolcezza, dolce memoria, sorgente di vera gioia al cuore. Ma di una dolcezza più dolce del miele e sopra ogni dolcezza è dolcezza la sua Presenza. È proprio l’espressione umana del cuore di un uomo segnato dalla memoria di Cristo. Una dolcezza rappresentativa di tutto quello da cui il cuore si sente avvolto e compenetrato nella memoria di Cristo, che non ha paragone con quello che normalmente sentiamo della dolcezza. È la misteriosa dolcezza dell’incontro del cuore con l’Amore, con “l’Amato del mio cuore”, come afferma la sposa nel Cantico dei Cantici. Con l’Amore che “omne cosa conclama”, come dice Jacopone da Todi (Ibi).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Vorrei farvela sentire [questa dolcezza] anche attraverso la testimonianza del grande san Francesco, segnato fin dentro l’evidenza della carne da questo Amore. L’esperienza della dolcezza in lui è così determinante che assume perfino connotazioni fisiche: “D’improvviso il Signore lo visitò e ne ebbe il cuore riboccante di tanta dolcezza che non poteva né muoversi né parlare, non percependo se non quella soavità… e da allora smise di adorare se stesso, e persero via via di fascino le cose che prima amava… svincolandosi man mano dalla superficialità si appassionava a custodire Cristo nell’intimo del suo cuore… e quasi ogni giorno si immergeva segretamente nell’orazione. Vi si sentiva attirato dall’irrompere di quella misteriosa dolcezza che, penetrandogli sovente nell’anima, lo sospingeva alla preghiera perfino quando stava in piazza o in altri luoghi pubblici” (Leggenda dei Tre Compagni) (Ibi).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Ricordiamo tutti il racconto della celebrazione del Natale [di san Francesco] davanti al primo presepio proprio da lui realizzato. Ad un certo punto nella “Vita prima” si dice: “… E ogni volta che diceva Bambino di Betlemme o Gesù passava la lingua sulle labbra quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole”. San Bonaventura nella “Leggenda Maggiore” riferisce: “Diceva i salmi con estrema attenzione, come se avesse Dio presente, e quando nella recita capitava di pronunciare il nome del Signore lo si vedeva leccarsi le labbra per la dolcezza e la soavità… quando, poi, pronunciava o udiva il nome di Gesù, ricolmo di intimo giubilo, lo si vedeva trasformarsi anche esteriormente, come se un sapore di miele avesse impressionato il suo gusto, o un suono armonioso il suo udito” (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Nil canitur suavius, nil auditur iucundius, nil cogitatur dulcius quam Jesus Dei Filius. Nulla si canta di più soave, nulla si ode di più giocondo, nulla di più dolce si pensa che Gesù Figlio di Dio. Non c’è niente di più soave, che apporti una più grande gioia e un’immensa dolcezza, di Gesù. Ma questo non a discapito di qualcuno o qualcosa, né di noi stessi né delle persone che amiamo. Vivere segnati e costituiti dalla presenza e dall’amore di Cristo significa vivere nell’Avvenimento illuminante, significativo ed esaltativo di ogni momento dell’esperienza umana. Non a scapito dell’esperienza umana. “Egli non toglie nulla e dona tutto” (Benedetto XVI). È proprio dentro l’esperienza umana che riceviamo e sorprendiamo la realtà di ciò che le parole dell’inno affermano (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Jesu, spes paenitentibus, quam pius es petentibus, quam bonus Te quaerentibus, sed quid invenientibus? Gesù, speranza di chi si pente e ritorna al bene, quanto sei pietoso verso chi ti supplica e ti desidera, quanto sei buono verso chi ti cerca, ma che sarai per chi ti trova? Come è facile sbagliare, tradire, strapparci dal bene… noi sappiamo quanto è facile… e sentiamo impossibile questo ritornare alla vita e al bene. È infatti impossibile, se non perché è il Sommo Bene che nella sua misericordia ci viene incontro e ci riammette continuamente a Lui nella presenza di Cristo e attraverso la Sua redenzione. Nella salvezza e redenzione che Cristo ha acquistato nella sua morte in croce per ogni uomo, ad ogni uomo è riaperta una strada altrimenti impossibile, la strada di un continuo ritorno e di una rinascita alla vita. Allora è ancora più facile immettersi in questa strada […]. Ma se già nella mendicanza e nel desiderio la vita è investita e risollevata dalla Sua pietà che è Misericordia, che sarà quella di chi lo trova, lo riconosce e lo lascia entrare? Qui si attesta e si chiarisce ancora una volta la parola testimonianza. Da quei primi uomini fino all’ultimo di noi, la vera vocazione di ciascuno è quella di rendere ragione di che cosa significa trovare, riconoscere, ospitare e amare Gesù (Ibi).