Meditazioni 8 agosto 2011
Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore, tuo Dio, se non che tu tema il Signore, tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu lo ami, che tu serva il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima, che osservi i comandi del Signore e le sue leggi, che oggi ti do per il tuo bene? Ecco, al Signore, tuo Dio, appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene. Ma il Signore predilesse soltanto i tuoi padri, li amò e, dopo di loro, ha scelto fra tutti i popoli la loro discendenza, cioè voi, come avviene oggi. Circoncidete dunque il vostro cuore ostinato e non indurite più la vostra cervice (Dt, 10,12-16, Prima Lettura della Santa Messa di oggi).
È disumano – oltre che irrazionale; anzi, è disumano proprio perché irrazionale – questo indurimento del cuore. Soprattutto per quella iniziativa di Amore fedele ed inarrestabile con cui Dio continua ad investire la nostra vita, e che sola ci permette di ricominciare sempre ad attenderlo e a spalancargli il cuore. Lasciamolo entrare ora per lasciargli incontrare il nostro cuore. Abbandoniamo questo atteggiamento indurito, che solo per il fatto di trovarsi indurito mostra tutta l’estraneità e l’incombenza deleteria di immagini e di pensieri – rifiuti della nostra saccente misura – con cui avveleniamo la nostra vita (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita…).
Invocando lo Spirito Santo perché apra il nostro cuore, pieghi ciò che è rigido, scaldi ciò che è gelido, drizzi ciò che è sviato.
…Invocazione allo Spirito Santo
O Maria, Madre nostra dolcissima, con il cuore colmo di gioia e di gratitudine per la Vacanza che abbiamo appena vissuto, ci rivolgiamo a Te, chiedendoti di prenderci e di tenerci sempre per mano per portarci sempre da Gesù, perché l’esperienza di questi giorni di Grazia rimanga e si accresca in ciascuno di noi. Aiutaci a risentire sempre l’irriducibile grido del nostro cuore, suggeriscici sempre la posizione adeguata del cuore, aiutaci a riaccenderci sempre nella preghiera umile e mendicante. Custodisci Nicolino ed intercedi per le intenzioni che porta nel suo cuore. In particolare Ti raccomandiamo l’anima del nostro carissimo amico Luciano e Ti preghiamo per Pasquale, perché possa vivere questo tempo di malattia nella certezza e nel conforto della fede. Ti affidiamo anche tutte le persone che stiamo incontrando attraverso l’invito all’Avvenimento in piazza, perché possano sentire il calore della presenza di Gesù ed avvicinarsi a Lui. In comunione con il Papa, Ti preghiamo o Maria, per le popolazioni della Siria e della Libia, “perché la riconciliazione prevalga sulla divisione e sul rancore e si ristabilisca quanto prima la pacifica convivenza e si risponda adeguatamente alle legittime aspirazioni dei cittadini, nel rispetto della loro dignità e a beneficio della stabilità” (Benedetto XVI, Angelus del 7.08.11).
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Quando Maria ricevette la visita dell’Angelo, era una giovane ragazza di Nazaret che conduceva la vita semplice e coraggiosa delle donne del suo villaggio. E se lo sguardo di Dio si posò in modo particolare su di lei, fidandosi di lei, Maria vuole dirvi ancora che nessuno di voi è indifferente per Dio. Egli posa il suo sguardo amoroso su ciascuno di voi e vi chiama ad una vita felice e piena di senso. Non lasciatevi scoraggiare davanti alle difficoltà! Maria fu turbata all’annuncio dell’angelo venuto a dirle che sarebbe diventata la Madre del Salvatore. Essa sentiva quanto era debole di fronte alla onnipotenza di Dio. Tuttavia disse “sì” senza esitare. Grazie al suo “sì” la salvezza è entrata nel mondo, cambiando così la storia dell’umanità (Benedetto XVI – Lourdes, Omelia del 14.09.08).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Immaginiamo lo stato d’animo della Vergine dopo l’Annunciazione, quando l’Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l’ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto. Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all’anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino “in fretta” per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall’Alto, esclama: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,42-45)… Le parole di Elisabetta accendono nello spirito di Maria un cantico di lode, che è un’autentica e profonda lettura “teologica” della storia… Andando oltre la superficie, Maria “vede” con gli occhi della fede l’opera di Dio nella storia (Benedetto XVI – Discorso del 31.05.08).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Nella notte di Betlemme il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla… Niente può essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme (Benedetto XVI – Omelia 24.12.08).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Solo il Bambino che giace nel presepe possiede il vero segreto della vita. Per questo chiede di accoglierlo, di fargli spazio in noi, nei nostri cuori, nelle nostre case, nelle nostre città e nelle nostre società. Risuonano nella mente e nel cuore le parole del prologo di Giovanni: “A quanti lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Cerchiamo di essere tra quelli che lo accolgono. Dinanzi a Lui non si può restare indifferenti. Anche noi, cari amici, dobbiamo continuamente prendere posizione. Quale sarà dunque la nostra risposta? Con quale atteggiamento lo accogliamo? Ci viene in aiuto la semplicità dei pastori e la ricerca dei Magi che, attraverso la stella scrutano i segni di Dio; ci è di esempio la docilità di Maria e la sapiente prudenza di Giuseppe. Gli oltre duemila anni di storia cristiana sono pieni di uomini e donne, di giovani e adulti, di bambini e anziani che hanno creduto al mistero del Natale, hanno aperto le braccia all’Emmanuele divenendo con la loro vita fari di luce e di speranza (Benedetto XVI – Udienza Generale 03.01.07).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa”, perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù… La Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio. Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati (Benedetto XVI – Angelus 28.12.08).