Meditazioni 7 dicembre 2009
… Partiremmo malissimo, contrari al cuore e al desiderio – solo e continuamente mendicanti di [Cristo] – se non domandassimo ora la sua Presenza attraverso l’azione dello Spirito Santo; se non fossimo totalmente presi dall’azione infinita dello Spirito Santo, da quell’iniziativa di Dio che ha fecondato la carne di una donna di Nazareth di nome Maria, per lasciarsi partorire come Uomo, come Uno in mezzo a noi… Quell’Uomo di nome Gesù – in cui consiste tutta la rivelazione umana di Dio – solo nel dinamismo dello Spirito Santo può risultare ora, in noi, presenza viva, reale, contemporanea. Che la sua incessante azione trovi il nostro cuore ospitale perché abbia a sostenerci nell’ascolto, nel dialogo, nell’amicizia e nella risposta secondo la portata del desiderio, secondo l’esigenza del cuore, secondo la verità del nostro bisogno (Nicolino Pompei, Atti del Convegno Fides Vita 2005).
… Invocazione allo Spirito Santo
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
L’Annunciazione è il mistero a cui ritorniamo ogni giorno recitando l’Angelus. Questa preghiera ci fa rivivere il momento decisivo, in cui Dio bussò al cuore di Maria e, ricevuto il suo “sì”, incominciò a prendere carne in lei e da lei. Ci invita a fissare lo sguardo sul mistero ineffabile che Maria ha custodito per nove mesi nel suo grembo verginale: il mistero di Dio che si fa uomo (Benedetto XVI – Angelus 21.12.08).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Contempliamo quest’oggi Maria, madre sempre vergine del Figlio unigenito del Padre; impariamo da Lei ad accogliere il Bambino che per noi è nato a Betlemme. Se nel Bimbo nato da Lei riconosciamo il Figlio eterno di Dio e lo accogliamo come il nostro unico Salvatore, possiamo essere detti e lo siamo realmente figli di Dio: figli nel Figlio. Scrive l’Apostolo: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4) (Benedetto XVI – Omelia 01.01.08).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Dio ha un po’ sollevato il velo del suo nascondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali. Luca ci dice che queste persone “vegliavano”. Possiamo così sentirci richiamati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con crescente urgenza fino all’Orto degli ulivi torna l’invito alla vigilanza – a restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati. Pertanto anche qui la parola significa forse più del semplice essere esternamente svegli durante l’ora notturna. Erano persone veramente vigilanti, nelle quali il senso di Dio e della sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa di Dio e non si rassegnavano all’apparente lontananza di Lui nella vita di ogni giorno. Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore. Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio. Solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella stalla. Preghiamo in quest’ora il Signore affinché aiuti anche noi a diventare persone vigilanti (Benedetto XVI – Omelia 25.12.08).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevolenza”. E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vigilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano guardando verso di Lui da lontano?…La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime. La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell’umiltà e dell’amore. E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c’è Lui, là c’è pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza. Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro che corrispondono alla sua elevatezza, all’elevatezza dell’umiltà e dell’amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace entri in questo mondo (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa”, perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma, di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società. Al tempo stesso, però, la Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio. Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati. Per tutto questo oggi rendiamo grazie a Dio, ma anche alla Vergine Maria e a San Giuseppe, che con tanta fede e disponibilità hanno cooperato al disegno di salvezza del Signore (Benedetto XVI – Angelus 28.12.08).
Carissimi amici,
nel desiderio di continuare a sostenerci perché questo tempo d’Avvento sia accolto e vissuto come occasione di Grazia tutta particolare, ci soffermiamo questa sera a considerarne un altro aspetto.
L’Avvento è certamente il tempo in cui risorprendere l’attesa del cuore dell’uomo e la venuta del Signore, che si fa Carne, si fa Bambino, si fa Uomo per rispondere al desiderio che ci caratterizza tutti. Ma l’Avvento è anche il tempo in cui la Chiesa sottolinea l’attesa del ritorno definitivo di Cristo, che verrà nella Sua gloria per giudicare i vivi e i morti. “Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli – dice il Vangelo di Matteo. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alle sua sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: «Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto,o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»” (Mt 25, 31ss).
Quel “l’avete fatto a me” – come d’altro canto il “non l’avete fatto a me” che Gesù dice a coloro che giudica maledetti e condannati al supplizio eterno lontano da lui – sia tutto il nostro criterio di giudizio e di verifica di ogni giornata, di ogni istante di ogni giornata.
“State ben attenti – ci diceva Gesù nel Vangelo di domenica scorsa – che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio egli si abbatterà sopra tutti coloro che abitano la faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21, 34-36). E comparire davanti al Figlio dell’uomo è tutto ciò che il cuore di ciascuno di noi desidera. Pensate per esempio al Vangelo di oggi e alla tenacia di quegli uomini che portano il paralitico sul lettuccio e che fanno di tutto, fino a scoperchiare il tetto, per che cosa? Solo per “mettere quell’uomo davanti a lui, davanti a Gesù” (Lc 5, 18b).
“State ben attenti… Vegliate e pregate in ogni momento” è l’invito di Gesù che la Chiesa ci ripete e ci rinnova in questo tempo d’Avvento. La vigilanza e la preghiera continua sono l’atteggiamento più normale e più corrispondente alla natura della nostra umanità. “La preghiera – ci diceva Nicolino al 13° Convegno – non è un momento di tempo a lato, ma è proprio il gesto attraverso cui siamo sostenuti a vivere tutto il tempo nella coscienza del Mistero, di Cristo. La preghiera è lasciar prendere tutto l’io nel tempo da Chi è il significato del tempo, delle cose, dei rapporti, della realtà. Certamente vissuta dentro una regola e momenti di tempo acquisiti puntualmente (la mattina, la sera…). Ma il pregare di questi momenti deve aprire alla vita come «preghiera sempre», al cuore sempre mendicante della presenza di Cristo, alla vita come obbedienza alla volontà del Padre in cui tutto consiste, all’azione sempre rinnovatrice dello Spirito Santo. È quanto Gesù disse ai Suoi sulla necessità di pregare sempre. Quel «sempre» è la vita come continua apertura a Colui che è la Vita” (Nicolino Pompei, Atti del Convegno Fides Vita 2003).
Buon Avvento a tutti!