Meditazioni 6 luglio 2010
… Non dovremmo mai aprirci ed addentrarci in una giornata – dentro qualsiasi condizione, anche la più faticosa e la più ottenebrata dal limite e dal peccato – senza la mendicanza. Non si può procedere in nessuna attività, passo, operatività; come non si può approfondire nulla, se innanzitutto il nostro tempo non è battuto dalla domanda a Dio, dalla domanda a Cristo e di Cristo in noi. Quello che ci siamo educati a “fare” in Compagnia non è qualcosa a lato della vita o attinente alla vita della Compagnia. Non c’è niente di ciò che viviamo e a cui ci educhiamo che non sia solo attinente e decisivo per la vita. Così la preghiera: non è un momento di tempo a lato, ma è proprio il gesto attraverso cui siamo sostenuti a vivere tutto il tempo nella coscienza del Mistero, di Cristo. La preghiera è lasciar prendere tutto l’io nel tempo da Chi è il significato del tempo, delle cose, dei rapporti, della realtà. Certamente vissuta dentro una regola e momenti di tempo acquisiti puntualmente (la mattina, la sera…). Ma il pregare di questi momenti deve aprire alla vita come “preghiera sempre”, al cuore sempre medicante della presenza di Cristo, alla vita come obbedienza alla volontà del Padre in cui tutto consiste, all’azione sempre rinnovatrice dello Spirito Santo. È quanto Gesù disse ai Suoi sulla necessità di pregare sempre. Quel “sempre” è la vita come continua apertura a Colui che è la Vita… (Nicolino Pompei)
… Invocazione allo Spirito Santo
Nella gratitudine per l’esperienza di Grazia vissuta con la famiglia di Mirella, preghiamo questa sera particolarmente per questi carissimi amici: Claudio, Andrea, Barbara e Paolo, Luisa e Marino, Dorina e Mimmo… preghiamo perché continuino ad essere aperti alla Tua Presenza, Signore, e tesi al rapporto con Te come magnificamente ci hanno testimoniato, aiutando tutti noi a risorprendere il dono della fede e della nostra Compagnia. Come per loro preghiamo anche per i ragazzi appena tornati dalla Vacanza a Passo Lanciano. Alla Madonna affidiamo particolarmente Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Ormai non è più l’ora delle parole e dei discorsi; è giunta l’ora decisiva, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo, e malgrado la sua anima sia turbata, Egli si rende disponibile a compiere fino in fondo la volontà del Padre. E questa è la volontà di Dio: dare la vita eterna a noi che l’abbiamo perduta. Perché ciò si realizzi bisogna però che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli (Benedetto XVI – Angelus del 29.03.09).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Lasciamo questa sera che il sacrifico di Gesù sulla Croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre umane certezze; apriamogli il cuore: Gesù è la Verità che ci rende liberi di amare. Non temiamo! Morendo il Signore ha salvato i peccatori, cioè tutti noi. Scrive l’apostolo Pietro: Gesù “portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti” (Benedetto XVI – Discorso del 21.03.08).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
I Padri della Chiesa hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagano la insensibilità, la durezza del cuore e amavano la profezia del profeta Ezechiele: “Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. Convertirsi a Cristo, divenire cristiano voleva dire ricevere un cuore di carne, un cuore sensibile per la passione e la sofferenza degli altri.
Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore. Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi (Benedetto XVI – Discorso del 6.04.07).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
I nostri sguardi spesso distratti da dispersivi ed effimeri interessi terreni, oggi volgiamoli verso Cristo; fermiamoci a contemplare la sua Croce. La Croce è sorgente di vita immortale, è scuola di giustizia e di pace, è patrimonio universale di perdono e di misericordia; è prova permanente di un amore oblativo e infinito che ha spinto Dio a farsi uomo vulnerabile come noi sino a morire crocifisso. Le sue braccia inchiodate si aprono per ciascun essere umano e ci invitano ad accostarci a Lui certi che ci accoglie e ci stringe in un abbraccio di infinita tenerezza: “Quando sarò elevato da terra, – aveva detto – attirerò tutti a me” (Benedetto XVI – Discorso del 21.03.08).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Sulla croce il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene, ci ha resi figli adottivi di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Restiamo dunque in adorazione davanti alla Croce. O Cristo, Re crocifisso, donaci la vera conoscenza di Te, la gioia a cui aneliamo, l’amore che colmi il nostro cuore assetato d’infinito. Così Ti preghiamo questa sera, Gesù, Figlio di Dio, morto per noi in Croce e risorto il terzo giorno (Benedetto XVI – Discorso del 21.03.08).