Meditazioni 6 febbraio 2012
Che io ti veda: ed è questo il mattino. Il mattino dentro ogni mattino. Mostraci il tuo volto e noi saremo salvi: è questa la salvezza. E Lui si mostra: Lui si mostra ed accade nella storia, accade nella presenza di un uomo di nome Gesù e della sua santa Compagnia. Non solo 2000 anni fa, ma anche adesso. Siamo noi questa presenza e questa compagnia adesso. Che ci sia io, con tutto quello che sono. Che aderisca e mi lasci afferrare io. Ed è questo il mattino. Un nuovo mattino. Possiamo essere venuti segnati da una vita stanca, amareggiata, delusa, confusa e ottenebrata da ciò in cui l’abbiamo irrazionalmente tentata di sfamare fino a qualche minuto fa: ma è più grande la presenza del suo amore e della sua misericordia che opera sempre, che sta operando ora, nella tua vita. Basta solo uno spiraglio del cuore: ed è subito un nuovo mattino, uno splendore di luce che vince queste tenebre. Un nuovo inizio. Perché solo Lui è. Che io ti veda: perché la vita è e c’è per vederti, incontrarti, attaccarla tutta a te. Così dice Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato”. È questa la vita, quella vera, quella piena, quella eterna. “Mostraci il Padre e ci basta”. Sì, solo la presenza del Padre basta. Solo la presenza del Mistero che è Padre e che si rivela nella presenza di Gesù è tutta la corrispondenza del cuore di ogni uomo (Nicolino Pompei, Mostraci il Padre e ci basta… Chi ha visto Me ha visto il Padre).
…Invocazione allo Spirito Santo
Queste ultime settimane, Signore, sono state segnate dalla morte di alcune persone carissime, fino alla nostra sorella Franca, che venerdì hai richiamato a Te. Volendo continuare a pregare per lei e per ciascuno di questi amici, Ti ringraziamo particolarmente per averci donato la nostra amatissima Bibi. La sua materna e struggente testimonianza di fede e di amore, riecheggi sempre in noi. Nella Tua infinita Misericordia, Signore, accogli Bibi, Franca e tutti i nostri cari parenti e amici defunti nel regno dei beati, perché possano per sempre contemplare il Tuo volto nella gloria dei cieli.
Mendicando la fede di chi accorreva a Te da ogni parte pur di toccare anche solo un lembo del Tuo mantello, Ti affidiamo, Signore, tutte le persone malate e la piccola Federica, che sabato riceverà la Grazia del Battesimo.
O Maria Santissima, Madre nostra dolcissima, a te affidiamo la nostra Compagnia di Fides Vita. Accompagna il nostro cammino, prega per noi, perché possiamo sempre accogliere e lasciar crescere in noi il carisma che il Signore ci dona. Custodisci particolarmente Nicolino e accogli le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Maria ha davvero creduto che “nulla è impossibile a Dio” e, forte di questa fiducia, si è lasciata guidare dallo Spirito Santo nell’obbedienza quotidiana ai suoi disegni. Come non desiderare, per la nostra vita, lo stesso abbandono fiducioso? Come potremmo precluderci quella beatitudine che nasce da una così intima e profonda consuetudine con Gesù? Perciò, rivolgendoci oggi alla “piena di grazia”, le chiediamo di ottenere anche a noi, dalla Provvidenza divina, di poter pronunciare ogni giorno il nostro “sì” ai disegni di Dio con la stessa fede umile e schietta con cui Lei ha pronunciato il suo. Ella che, accogliendo in sé la Parola di Dio, si è abbandonata a Lui senza riserve, ci guidi ad una risposta sempre più generosa e incondizionata ai suoi progetti, anche quando in essi siamo chiamati ad abbracciare la croce (Benedetto XVI, Discorso del 31.05.11).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Elisabetta era anziana e la vicinanza di Maria, ancora molto giovane, poteva esserle utile. Per questo Maria la raggiunge e rimane con lei circa tre mesi, per offrirle quella vicinanza affettuosa, quell’aiuto concreto e tutti quei servizi quotidiani di cui aveva bisogno (…) La carità di Maria, però, non si ferma all’aiuto concreto, ma raggiunge il suo vertice nel donare Gesù stesso, nel “farlo incontrare”. È ancora san Luca a sottolinearlo: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo”. Siamo così al cuore e al culmine della missione evangelizzatrice. Siamo al significato più vero e allo scopo più genuino di ogni cammino missionario: donare agli uomini il Vangelo vivente e personale, che è lo stesso Signore Gesù. E quella di Gesù è una comunicazione e una donazione che – come attesta Elisabetta – riempie il cuore di gioia: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”. Gesù è il vero e unico tesoro che noi abbiamo da dare all’umanità (Benedetto XVI, Discorso del 31.05.10).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Il nostro tempo umano è sì carico di mali, di sofferenze, di drammi di ogni genere – da quelli provocati dalla cattiveria degli uomini a quelli derivanti dagli infausti eventi naturali -, ma racchiude ormai e in maniera definitiva e incancellabile la novità gioiosa e liberatrice di Cristo salvatore. Proprio nel Bambini di Betlemme possiamo contemplare in modo particolarmente luminoso ed eloquente l’incontro dell’eternità con il tempo, come ama esprimersi la liturgia della Chiesa. Il Natale ci fa ritrovare Dio nella carne umile e debole di un bambino. Non c’è forse qui un invito a ritrovare la presenza di Dio e del suo amore che dona la salvezza anche nelle brevi e faticose ore della nostra vita quotidiana? Non è forse un invito a scoprire che il nostro tempo umano – anche nei momenti difficili e pesanti – è incessantemente arricchito delle grazie del Signore, anzi della Grazia che è il Signore stesso? (Benedetto XVI, Discorso del 31.12.10).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
È interessante osservare da vicino questo ingresso del Bambino Gesù nella solennità del tempio, in un grande “via vai” di tante persone, prese dai loro impegni: i sacerdoti e i leviti con i loro turni di servizio, i numerosi devoti e pellegrini, desiderosi di incontrarsi con il Dio santo di Israele. Nessuno di questi però si accorge di nulla. Gesù è un bambino come gli altri, figlio primogenito di due genitori molto semplici. Anche i sacerdoti risultano incapaci di cogliere i segni della nuova e particolare presenza del Messia e Salvatore. Solo due anziani, Simeone ed Anna, scoprono la grande novità. Condotti dallo Spirito Santo, essi trovano in quel Bambino il compimento della loro lunga attesa e vigilanza. Entrambi contemplano la luce di Dio, che viene ad illuminare il mondo, ed il loro sguardo profetico si apre al futuro, come annuncio del Messia. Alla vista del Bambino, Simeone e Anna intuiscono che è proprio Lui l’Atteso (Benedetto XVI, Omelia del 02.02.11).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Gesù dodicenne rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori, i quali, stupiti e preoccupati, ve lo ritrovano dopo tre giorni mentre discute con i dottori. Alla madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde che deve “essere nella proprietà”, nella casa del suo Padre, cioè di Dio (cfr Lc 2,49). In questo episodio il ragazzo Gesù ci appare pieno di zelo per Dio e per il Tempio. Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le “cose” del Padre suo? Certamente come figlio ha avuto un’intima conoscenza del Padre suo, di Dio, una profonda relazione personale permanente con Lui, ma, nella sua cultura concreta, ha certamente imparato le preghiere, l’amore verso il Tempio e le Istituzioni di Israele dai propri genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre, ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe (Benedetto XVI, Angelus del 27.12.09).