Meditazioni 4 marzo 2013
Ci introduciamo all’Affidamento di questa sera riascoltando un breve tratto dell’ultima udienza di Benedetto XVI
Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in un Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei inviate tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere. Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! […] Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore.
…Invocazione allo Spirito Santo
Con il cuore traboccante di commozione e gratitudine, continuiamo a pregare per Benedetto XVI e, congiunti al suo cuore, preghiamo per tutti i Cardinali, mendicando l’intercessione della Madonna e la presenza dello Spirito Santo perché suggerisca e assicuri alla Santa Chiesa il dono di un Padre che la guidi e la governi, servendola e amandola come successore di Pietro e come dolce Cristo in terra. Affidiamo a Maria Santissima anche ciascuno di noi, Nicolino, tutte le intenzioni che porta nel suo cuore; in particolare preghiamo per Maria, Marco e il piccolo Pietro; per Dylan, per Brando, per Gianluca, per Sandro, per Adriano, per Sergio, per Rita e per tutti i malati. Alla Madonna affidiamo anche l’unità della nostra Compagnia e il futuro del nostro Paese.
Le meditazioni di questa sera sono tratte dalla Via Crucis al Colosseo del 2005 curata dall’allora card. J. Ratzinger
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
“Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,6-8). Nella caduta di Gesù sotto il peso della croce appare il suo volontario abbassamento per sollevarci dal nostro orgoglio. Qui emerge anche la natura del nostro orgoglio con cui vogliamo emanciparci da Dio, con cui crediamo di non aver bisogno dell’amore eterno, ma vogliamo dar forma alla nostra vita da soli. In questa ribellione contro la verità, in questo tentativo di essere noi stessi dio, di essere creatori e giudici di noi stessi, precipitiamo e finiamo per autodistruggerci. L’abbassamento di Gesù è il superamento della nostra superbia: con il suo abbassamento ci fa rialzare. Lasciamo che ci rialzi. Spogliamoci della nostra errata smania di autosufficienza, e impariamo da lui, che si è abbassato, a trovare la vera grandezza, abbassandoci e volgendoci a Dio e ai fratelli calpestati.
Signore Gesù, aiutaci perché siamo caduti. Aiutaci ad abbandonare la nostra superbia distruttiva e, imparando dalla tua umiltà, a essere rialzati di nuovo.
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Il Giudice del mondo, che un giorno ritornerà a giudicare tutti noi, sta lì, annientato, disonorato e inerme davanti al giudice terreno. Pilato non è un mostro di malvagità. Sa che il condannato è innocente; cerca di liberarlo. Ma il suo cuore è diviso. Alla fine fa prevalere sul diritto la sua posizione, se stesso. Anche gli uomini che gli urlano e chiedono la morte di Gesù non sono dei mostri di malvagità. Molti di loro, il giorno di Pentecoste, si sentiranno “trafiggere il cuore” (At 2,37), quando Pietro dirà loro: “Gesù di Nazareth – uomo accreditato da Dio presso di voi – l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi” (At 2,22s). Ma in quel momento subiscono l’influenza della folla. Urlano perché urlano gli altri e come urlano gli altri. E così, la giustizia viene calpestata per vigliaccheria, per pusillanimità. La sottile voce della coscienza viene soffocata dalle urla della folla. L’indecisione, il rispetto umano conferiscono forza al male.
Signore Gesù, che hai accettato l’ingiusta condanna per la nostra salvezza, donaci sempre di nuovo la grazia della conversione (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Gesù, condannato come sedicente re, viene deriso, ma proprio nella derisione emerge crudelmente la verità. Quante volte le insegne del potere, portate dai potenti di questo mondo, sono insulto alla verità, alla giustizia e alla dignità dell’uomo! Quante volte i loro rituali e le loro grandi parole, in verità non sono altro che pompose menzogne, una caricatura del compito a cui sono tenuti per il loro ufficio, quello di mettersi a servizio del bene. Gesù, che viene deriso e che porta la corona della sofferenza, è il vero re, non regna tramite la violenza, ma tramite l’amore che soffre per noi e con noi. Egli porta la croce su di sé, la nostra croce, il peso del suo essere uomini, il peso del mondo. È così che egli ci precede e mostra come trovare la via per la vita vera.
Signore Gesù, che hai accettato gli scherni e il peso della croce per la nostra salvezza, aiutaci a percorrere la via dell’amore e, obbedendo alle sue esigenze, a raggiungere la vera gioia (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù lungo la sua salita al Calvario? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del Santo Sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della Riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo, certamente sono il suo più grande dolore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cf Mt 8,25).
Signore, Gesù, tu ti sei rialzato, sei risorto! Noi crediamo che puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte di Gesù
Sopra la croce di Gesù – nelle tre lingue del mondo di allora, il greco e il latino, e l’ebraico, lingua del popolo eletto – c’è scritto chi è: il Re dei Giudei, il Figlio promesso di Davide. Pilato, giudice ingiusto, è diventato profeta suo malgrado. E la regalità di Gesù è così proclamata all’opinione pubblica mondiale. Gesù stesso non aveva accettato il titolo di Messia, perché avrebbe dato un’idea sbagliata, umana, di potere e di salvezza. Ma ora il titolo può stare scritto lì, sopra il Crocifisso. Egli così è davvero il re del mondo. Adesso è davvero “innalzato”. Nella sua discesa egli è salito. Ora ha radicalmente adempiuto al mandato dell’amore, ha compiuto all’offerta di se stesso, e proprio così egli ora è la manifestazione del vero Dio, di quel Dio che è l’Amore. Ora sappiamo chi è Dio. Ora sappiamo com’è la vera regalità. Gesù prega il Salmo 22, che comincia con le parole: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal 22,2). Assume su di sé l’intero Israele sofferente, l’intera umanità sofferente, il dramma dell’oscurità di Dio, e fa sì che Dio si manifesti dove sembra definitivamente sconfitto e assente. La croce di Gesù è un avvenimento cosmico. Il mondo si oscura, la terra trema quando il Figlio di Dio muore. E presso la croce ha inizio la Chiesa dei pagani. Il centurione romano riconosce, capisce che Gesù è il Figlio di Dio. Dalla croce, egli trionfa, sempre di nuovo.
Gesù, aiutaci a credere in te e a seguirti proprio nell’ora dell’oscurità e del bisogno. Mostrati di nuovo al mondo in quest’ora. Fa’ che la tua salvezza si manifesti (Ibi). Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in un Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei inviate tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…». Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere. Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! […] Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore.
Invocazione allo Spirito Santo
Con il cuore traboccante di commozione e gratitudine, continuiamo a pregare per Benedetto XVI e, congiunti al suo cuore, preghiamo per tutti i Cardinali, mendicando l’intercessione della Madonna e la presenza dello Spirito Santo perché suggerisca e assicuri alla Santa Chiesa il dono di un Padre che la guidi e la governi, servendola e amandola come successore di Pietro e come dolce Cristo in terra. Affidiamo a Maria Santissima anche ciascuno di noi, Nicolino, tutte le intenzioni che porta nel suo cuore; in particolare preghiamo per Maria, Marco e il piccolo Pietro; per Dylan, per Brando, per Gianluca, per Sandro, per Adriano, per Sergio, per Rita e per tutti i malati. Alla Madonna affidiamo anche l’unità della nostra Compagnia e il futuro del nostro Paese.
Le meditazioni di questa sera sono tratte dalla Via Crucis al Colosseo del 2005 curata dall’allora card. J. Ratzinger
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
“Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,6-8). Nella caduta di Gesù sotto il peso della croce appare il suo volontario abbassamento per sollevarci dal nostro orgoglio. Qui emerge anche la natura del nostro orgoglio con cui vogliamo emanciparci da Dio, con cui crediamo di non aver bisogno dell’amore eterno, ma vogliamo dar forma alla nostra vita da soli. In questa ribellione contro la verità, in questo tentativo di essere noi stessi dio, di essere creatori e giudici di noi stessi, precipitiamo e finiamo per autodistruggerci. L’abbassamento di Gesù è il superamento della nostra superbia: con il suo abbassamento ci fa rialzare. Lasciamo che ci rialzi. Spogliamoci della nostra errata smania di autosufficienza, e impariamo da lui, che si è abbassato, a trovare la vera grandezza, abbassandoci e volgendoci a Dio e ai fratelli calpestati.
Signore Gesù, aiutaci perché siamo caduti. Aiutaci ad abbandonare la nostra superbia distruttiva e, imparando dalla tua umiltà, a essere rialzati di nuovo.
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Il Giudice del mondo, che un giorno ritornerà a giudicare tutti noi, sta lì, annientato, disonorato e inerme davanti al giudice terreno. Pilato non è un mostro di malvagità. Sa che il condannato è innocente; cerca di liberarlo. Ma il suo cuore è diviso. Alla fine fa prevalere sul diritto la sua posizione, se stesso. Anche gli uomini che gli urlano e chiedono la morte di Gesù non sono dei mostri di malvagità. Molti di loro, il giorno di Pentecoste, si sentiranno “trafiggere il cuore” (At 2,37), quando Pietro dirà loro: “Gesù di Nazareth – uomo accreditato da Dio presso di voi – l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi” (At 2,22s). Ma in quel momento subiscono l’influenza della folla. Urlano perché urlano gli altri e come urlano gli altri. E così, la giustizia viene calpestata per vigliaccheria, per pusillanimità. La sottile voce della coscienza viene soffocata dalle urla della folla. L’indecisione, il rispetto umano conferiscono forza al male.
Signore Gesù, che hai accettato l’ingiusta condanna per la nostra salvezza, donaci sempre di nuovo la grazia della conversione (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Gesù, condannato come sedicente re, viene deriso, ma proprio nella derisione emerge crudelmente la verità. Quante volte le insegne del potere, portate dai potenti di questo mondo, sono insulto alla verità, alla giustizia e alla dignità dell’uomo! Quante volte i loro rituali e le loro grandi parole, in verità non sono altro che pompose menzogne, una caricatura del compito a cui sono tenuti per il loro ufficio, quello di mettersi a servizio del bene. Gesù, che viene deriso e che porta la corona della sofferenza, è il vero re, non regna tramite la violenza, ma tramite l’amore che soffre per noi e con noi. Egli porta la croce su di sé, la nostra croce, il peso del suo essere uomini, il peso del mondo. È così che egli ci precede e mostra come trovare la via per la vita vera.
Signore Gesù, che hai accettato gli scherni e il peso della croce per la nostra salvezza, aiutaci a percorrere la via dell’amore e, obbedendo alle sue esigenze, a raggiungere la vera gioia (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù lungo la sua salita al Calvario? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale, all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del Santo Sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della Riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo, certamente sono il suo più grande dolore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cf Mt 8,25).
Signore, Gesù, tu ti sei rialzato, sei risorto! Noi crediamo che puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte di Gesù
Sopra la croce di Gesù – nelle tre lingue del mondo di allora, il greco e il latino, e l’ebraico, lingua del popolo eletto – c’è scritto chi è: il Re dei Giudei, il Figlio promesso di Davide. Pilato, giudice ingiusto, è diventato profeta suo malgrado. E la regalità di Gesù è così proclamata all’opinione pubblica mondiale. Gesù stesso non aveva accettato il titolo di Messia, perché avrebbe dato un’idea sbagliata, umana, di potere e di salvezza. Ma ora il titolo può stare scritto lì, sopra il Crocifisso. Egli così è davvero il re del mondo. Adesso è davvero “innalzato”. Nella sua discesa egli è salito. Ora ha radicalmente adempiuto al mandato dell’amore, ha compiuto all’offerta di se stesso, e proprio così egli ora è la manifestazione del vero Dio, di quel Dio che è l’Amore. Ora sappiamo chi è Dio. Ora sappiamo com’è la vera regalità. Gesù prega il Salmo 22, che comincia con le parole: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal 22,2). Assume su di sé l’intero Israele sofferente, l’intera umanità sofferente, il dramma dell’oscurità di Dio, e fa sì che Dio si manifesti dove sembra definitivamente sconfitto e assente. La croce di Gesù è un avvenimento cosmico. Il mondo si oscura, la terra trema quando il Figlio di Dio muore. E presso la croce ha inizio la Chiesa dei pagani. Il centurione romano riconosce, capisce che Gesù è il Figlio di Dio. Dalla croce, egli trionfa, sempre di nuovo.
Gesù, aiutaci a credere in te e a seguirti proprio nell’ora dell’oscurità e del bisogno. Mostrati di nuovo al mondo in quest’ora. Fa’ che la tua salvezza si manifesti (Ibi).