Meditazioni 4 gennaio 2010
Quante volte ci troviamo a lasciar scivolare via quello che ci viene proposto, indicato, incessantemente richiamato… Quante volte ci troviamo ad ascoltare con un cuore indurito, con una testa appesantita perché incarcerata da pensieri e immagini che sembrano intoccabili e che non siamo disposti a lasciar abbattere solo per la mancanza di un giudizio adeguato, semplice e leale su noi stessi… In questi giorni, nella Chiesa, abbiamo pregato con il Salmo 94, che ad un certo punto ci invita ad ascoltare questo richiamo: “Non indurite il vostro cuore come fecero i vostri padri, che mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere… ascoltate oggi, adesso la voce del Signore… è Lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo”. È un fatto costitutivo la nostra appartenenza a Dio. Siamo suoi, ciascuno lo è. E il nostro cuore originalmente è costituito solo dal desiderio di Lui. Per questo è disumano – oltre che irrazionale; anzi, è disumano proprio perché irrazionale – questo indurimento del cuore. Soprattutto per quella iniziativa di Amore fedele e inarrestabile con cui Dio continua ad investire la nostra vita, e che sola ci permette di ricominciare sempre ad attenderlo e a spalancargli il cuore. Lasciamolo entrare ora per lasciargli incontrare il nostro cuore (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita…).
…Invocazione allo Spirito Santo
Ringraziando il Signore per gli incontri che stiamo vivendo in questi giorni, preghiamo particolarmente per Nicolino e per tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Quando Maria ricevette la visita dell’Angelo, era una giovane ragazza di Nazaret che conduceva la vita semplice e coraggiosa delle donne del suo villaggio. E se lo sguardo di Dio si posò in modo particolare su di lei, fidandosi di lei, Maria vuole dirvi ancora che nessuno di voi è indifferente per Dio. Egli posa il suo sguardo amoroso su ciascuno di voi e vi chiama ad una vita felice e piena di senso. Non lasciatevi scoraggiare davanti alle difficoltà! Maria fu turbata all’annuncio dell’angelo venuto a dirle che sarebbe diventata la Madre del Salvatore. Essa sentiva quanto era debole di fronte alla onnipotenza di Dio. Tuttavia disse “sì” senza esitare. Grazie al suo “sì” la salvezza è entrata nel mondo, cambiando così la storia dell’umanità (Benedetto XVI, Lourdes, Omelia del 14.09.08).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Che cosa ha spinto Maria, giovane ragazza, ad affrontare quel viaggio? Che cosa, soprattutto, l’ha spinta a dimenticare se stessa, per spendere i primi tre mesi della sua gravidanza al servizio della cugina bisognosa di assistenza? La risposta sta scritta in un Salmo: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, [Signore,] / perché hai dilatato il mio cuore”. Lo Spirito Santo, che rese presente il Figlio di Dio nella carne di Maria, dilatò il suo cuore alle dimensioni di quello di Dio e la spinse sulla via della carità. La Visitazione di Maria si comprende alla luce dell’evento che immediatamente precede nel racconto del Vangelo di Luca: l’annuncio dell’Angelo e il concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito scese sulla Vergine, la potenza dell’Altissimo stese su di Lei la sua ombra. Quello stesso Spirito la spinse ad “alzarsi” e a partire senza indugio, per essere di aiuto all’anziana parente. Gesù ha appena incominciato a formarsi nel seno di Maria, ma il suo Spirito ha già riempito il cuore di Lei, così che la Madre inizia già a seguire il Figlio divino: sulla via che dalla Galilea conduce in Giudea è lo stesso Gesù a “spingere” Maria, infondendole lo slancio generoso di andare incontro al prossimo che ha bisogno, il coraggio di non mettere avanti le proprie legittime esigenze, le difficoltà, le preoccupazioni, i pericoli per la sua stessa vita. È Gesù che l’aiuta a superare tutto lasciandosi guidare dalla fede che opera mediante la carità (Benedetto XVI, Discorso 31.05.07).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Nella notte di Betlemme il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla… Niente può essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme (Benedetto XVI, Omelia 24.12.08).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al Tempio
Nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio celebriamo un mistero della vita di Cristo, legato al precetto della legge mosaica che prescriveva ai genitori, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, di salire al Tempio di Gerusalemme per offrire il loro figlio al Signore e per la purificazione rituale della madre. Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito, offrendo – secondo la legge – una coppia di tortore o di colombi. Leggendo le cose più in profondità, comprendiamo che in quel momento è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini, mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna. Simeone, infatti, proclama Gesù come “salvezza” dell’umanità, come “luce” di tutti i popoli e “segno di contraddizione”, perché svelerà i pensieri dei cuori. In Oriente questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: infatti, Simeone ed Anna, che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa. Successivamente questa festa si estese anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce, e la processione con le candele, che diede origine al termine “Candelora”. Con questo segno visibile si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è “la luce degli uomini” e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa “luce” al mondo (Benedetto XVI, Omelia 02.02.10).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa”, perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma, di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società. Al tempo stesso, però, la Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio. Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati. Per tutto questo oggi rendiamo grazie a Dio, ma anche alla Vergine Maria e a San Giuseppe, che con tanta fede e disponibilità hanno cooperato al disegno di salvezza del Signore (Benedetto XVI, Angelus 28.12.08).