Meditazioni 30 maggio 2011
Dobbiamo invocare lo Spirito Santo perché sostenga in noi l’atteggiamento del povero di spirito. Lo sostenga innanzitutto per una liberazione da tutte quelle immagini che riempiono la nostra testa e con cui vogliamo tradurre il nostro bisogno e soddisfare il nostro desiderio. Per una liberazione da tutti quegli ingombri che abitano ed appesantiscono la nostra testa e la nostra esistenza, soffocando e paralizzando la vita. Solo con questo atteggiamento del cuore, nella certezza della Sua continua iniziativa di Grazia su ciascuno di noi, è possibile cominciare e ricominciare a sentire se stessi, veramente e liberamente. Cominciare a sentire se stessi proprio nell’esperienza che ritroviamo, nella preghiera dei Salmi, nell’immagine di quella cerva che anela ai corsi d’acqua; o in quella della terra arida e riarsa che, nella elementare consapevolezza della sua aridità, sente ancor di più emergere il suo bisogno e il desiderio di anelare a quell’acqua che sola la può soddisfare per poi irrigarla e fecondarla. È proprio una Grazia questo nostro Convegno [come l’Affidamento di questa sera], segno della Grazia della nostra Compagnia, in cui la Sua iniziativa su di noi non manca mai di mostrarsi e di mendicare il nostro umano al livello di quel terreno buono che solo – come ci insegna la parabola di Gesù – rende possibile ed efficace in noi l’iniziativa inarrestabile del Seminatore nell’accoglienza della Vita del Seme. Manchiamo noi, manchiamo noi nel nostro essere quello che siamo e in quell’atteggiamento richiamato da Gesù come quello più adeguato alla vita come beatitudine. Invochiamo lo Spirito Santo perché possiamo sostenerci in questo atteggiamento, possiamo sostenerci in questo amore alla verità della nostra vita che esige solo il cuore del povero di spirito (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita…).
…Invocazione allo Spirito Santo
Giunti ormai alla conclusione del mese di Maggio, invochiamo questa sera la materna protezione della Madonna a sostegno del nostro cammino. Verso di Lei alziamo i nostri occhi e Le chiediamo di sorreggerci nella lotta contro il male e nell’impegno per il bene. Prega per noi, Maria! Aiutaci a non accontentarci mai di qualcosa che sia meno di Gesù! Intercedi per noi, Maria! Intercedi presso il Signore Gesù per Nicolino e per tutte le intenzioni che porta nel suo cuore; in particolare, O Maria, Ti raccomandiamo Alessia e Daria, due bambine gravemente malate, e il nostro amico Alì, che sta continuando il suo viaggio in Iran alla ricerca di contatti con la propria famiglia.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
Quando Maria ricevette la visita dell’Angelo, era una giovane ragazza di Nazaret che conduceva la vita semplice e coraggiosa delle donne del suo villaggio. E se lo sguardo di Dio si posò in modo particolare su di lei, fidandosi di lei, Maria vuole dirvi ancora che nessuno di voi è indifferente per Dio. Egli posa il suo sguardo amoroso su ciascuno di voi e vi chiama ad una vita felice e piena di senso. Non lasciatevi scoraggiare davanti alle difficoltà! Maria fu turbata all’annuncio dell’angelo venuto a dirle che sarebbe diventata la Madre del Salvatore. Essa sentiva quanto era debole di fronte alla onnipotenza di Dio. Tuttavia disse “sì” senza esitare. Grazie al suo “sì” la salvezza è entrata nel mondo, cambiando così la storia dell’umanità (Benedetto XVI, Lourdes, Omelia del 14.09.08).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo la visita di Maria alla cugina Elisabetta
Che cosa ha spinto Maria, giovane ragazza, ad affrontare quel viaggio? Che cosa, soprattutto, l’ha spinta a dimenticare se stessa, per spendere i primi tre mesi della sua gravidanza al servizio della cugina bisognosa di assistenza? La risposta sta scritta in un Salmo: “Corro per la via dei tuoi comandamenti, [Signore,] / perché hai dilatato il mio cuore”. Lo Spirito Santo, che rese presente il Figlio di Dio nella carne di Maria, dilatò il suo cuore alle dimensioni di quello di Dio e la spinse sulla via della carità. La Visitazione di Maria si comprende alla luce dell’evento che immediatamente precede nel racconto del Vangelo di Luca: l’annuncio dell’Angelo e il concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito scese sulla Vergine, la potenza dell’Altissimo stese su di Lei la sua ombra. Quello stesso Spirito la spinse ad “alzarsi” e a partire senza indugio, per essere di aiuto all’anziana parente. Gesù ha appena incominciato a formarsi nel seno di Maria, ma il suo Spirito ha già riempito il cuore di Lei, così che la Madre inizia già a seguire il Figlio divino: sulla via che dalla Galilea conduce in Giudea è lo stesso Gesù a “spingere” Maria, infondendole lo slancio generoso di andare incontro al prossimo che ha bisogno, il coraggio di non mettere avanti le proprie legittime esigenze, le difficoltà, le preoccupazioni, i pericoli per la sua stessa vita. È Gesù che l’aiuta a superare tutto lasciandosi guidare dalla fede che opera mediante la carità (Benedetto XVI, Discorso 31.05.07).
Nel terzo mistero della gioia contempliamo la nascita di Gesù
Nella notte di Betlemme il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla… Niente può essere più sublime, più grande dell’amore che in questa maniera si china, discende, si rende dipendente. La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi del cuore davanti alla stalla di Betlemme (Benedetto XVI, Omelia 24.12.08).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al Tempio
Nella festa della Presentazione di Gesù al Tempio celebriamo un mistero della vita di Cristo, legato al precetto della legge mosaica che prescriveva ai genitori, quaranta giorni dopo la nascita del primogenito, di salire al Tempio di Gerusalemme per offrire il loro figlio al Signore e per la purificazione rituale della madre. Anche Maria e Giuseppe compiono questo rito, offrendo – secondo la legge – una coppia di tortore o di colombi. Leggendo le cose più in profondità, comprendiamo che in quel momento è Dio stesso a presentare il suo Figlio Unigenito agli uomini, mediante le parole del vecchio Simeone e della profetessa Anna. Simeone, infatti, proclama Gesù come “salvezza” dell’umanità, come “luce” di tutti i popoli e “segno di contraddizione”, perché svelerà i pensieri dei cuori. In Oriente questa festa veniva chiamata Hypapante, festa dell’incontro: infatti, Simeone ed Anna, che incontrano Gesù nel Tempio e riconoscono in Lui il Messia tanto atteso, rappresentano l’umanità che incontra il suo Signore nella Chiesa. Successivamente questa festa si estese anche in Occidente, sviluppando soprattutto il simbolo della luce, e la processione con le candele, che diede origine al termine “Candelora”. Con questo segno visibile si vuole significare che la Chiesa incontra nella fede Colui che è “la luce degli uomini” e lo accoglie con tutto lo slancio della sua fede per portare questa “luce” al mondo (Benedetto XVI, Omelia 02.02.10).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di “santa”, perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma, di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società. Al tempo stesso, però, la Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio. Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati. Per tutto questo oggi rendiamo grazie a Dio, ma anche alla Vergine Maria e a San Giuseppe, che con tanta fede e disponibilità hanno cooperato al disegno di salvezza del Signore (Benedetto XVI, Angelus 28.12.08).