Meditazioni 3 settembre 2012
Di fronte a questa ulteriore iniziativa di Grazia con quale atteggiamento ci poniamo? Seguendo il Vangelo due possono essere le possibilità. Due, ma solo una di queste è quella adeguata alla vita e alla sublimità della vita […] Infatti, cosa ritroviamo nel Vangelo? Che da una parte ci sono quelli che andavano da Gesù per sapere cosa diceva e vedere quello che faceva pervasi da un radicale e assoluto pregiudizio che li rendeva indisponibili a qualsiasi cambiamento di giudizio rispetto alla realtà, rispetto a quello che accadeva anche davanti ai loro occhi come fatto eccezionale e prodigioso. È l’atteggiamento che ritroviamo nei farisei. Non facciamo nessuna fatica ad immaginare lo sguardo e l’atteggiamento con cui potevano guardare e ascoltare Gesù. Con quale espressione indurita e saccente rifiutavano di lasciarsi coinvolgere da quella presenza in tutto quello che diceva e nei prodigi che veniva operando davanti a tutti. Tutt’altro atteggiamento verifichiamo, invece, in quella fiumana di uomini e di donne che accorrevano da Gesù, per sentirlo parlare o lasciarsi toccare da Lui, mossi da quella fame e quella sete del cuore che evidentemente emergeva come bisogno nel loro umano. Un umano spesso ferito, umiliato, rassegnato, ammalato e “inzuppato” di peccati. Sono quelli che emergevano con quell’atteggiamento che abbiamo ritrovato adeguato nel povero in spirito, che si avvicinavano a Gesù mendicando la Sua persona per poter essere risanati e guariti. Ma soprattutto riaffermati come uomini e rimessi in cammino secondo le esigenze del cuore. Un cuore che solo quella presenza eccezionale era capace di far emergere in tutta la sua ampiezza di esigenza e desiderio e di corrispondere pienamente. Questo atteggiamento è quello che ci viene richiamato e richiesto, ora come sempre: ora e sempre proprio come virtù. Come atteggiamento permanente per quel rapporto decisivo che è il rapporto con Cristo e per lasciar guadagnare Cristo alla nostra vita dentro qualsiasi momento del suo rapporto con la realtà (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me un guadagno l’ho considerato una perdita).
…Invocazione allo Spirito Santo
Chiediamo alla Madonna di accompagnarci maternamente nel nostro cammino; affidiamo a Lei Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore. In modo particolare preghiamo per il cardinal Martini e per Sante, il papà di Roberto Curzi, di cui oggi è stato celebrato il funerale; preghiamo per il nostro carissimo Gabriel, nel quarto anniversario della sua morte, e per Martina, compagna di liceo di Francesca Giuliani, che nei giorni scorsi è tragicamente morta suicida. Preghiamo per le famiglie di tutti questi cari defunti e preghiamo anche per Stefano, il figlio della signora Claudia Gerbi, gravemente malato, e per una famiglia, amica di Marco Bianchella, che si è raccomandata alle nostre preghiere. Partecipando della gioia dei suoi genitori, ringraziamo il Signore per la nascita del piccolo Nicola Consorti.
Nel primo mistero della gloria contempliamo la resurrezione di Gesù
A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. “Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio. Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi […] Preghiamo il Signore in quest’ora di farci sperimentare la gioia della sua luce, e preghiamoLo, affinché noi stessi diventiamo portatori della sua luce, affinché attraverso la Chiesa lo splendore del volto di Cristo entri nel mondo. Amen (Benedetto XVI, Omelia del 07.04.12).
Nel secondo mistero della gloria contempliamo l’ascensione di Gesù al cielo
Dopo avere istruito per l’ultima volta i suoi discepoli, Gesù sale al cielo. Egli, però, «non si è separato dalla nostra condizione»; infatti, nella sua umanità, ha assunto con sé gli uomini nell’intimità del Padre e così ha rivelato la destinazione finale del nostro pellegrinaggio terreno. Come per noi è disceso dal Cielo, e per noi ha patito ed è morto sulla croce, così per noi è risorto ed è risalito a Dio, che perciò non è più lontano. San Leone Magno spiega che con questo mistero «viene proclamata non solo l’immortalità dell’anima, ma anche quella della carne. Oggi, infatti, non solo siamo confermati possessori del paradiso, ma siamo anche penetrati in Cristo nelle altezze del cielo». Per questo i discepoli, quando videro il Maestro sollevarsi da terra e innalzarsi verso l’alto, non furono presi dallo sconforto, come si potrebbe pensare anzi, provarono una grande gioia e si sentirono spinti a proclamare la vittoria di Cristo sulla morte (Benedetto XVI, Regina coeli del 20.05.12).
Nel terzo mistero della gloria contempliamo la discesa dello Spirito Santo
L’unità può esserci solo con il dono dello Spirito di Dio, il quale ci darà un cuore nuovo e una lingua nuova, una capacità nuova di comunicare. E questo è ciò che si è verificato a Pentecoste. In quel mattino, cinquanta giorni dopo la Pasqua, un vento impetuoso soffiò su Gerusalemme e la fiamma dello Spirito Santo discese sui discepoli riuniti, si posò su ciascuno e accese in essi il fuoco divino, un fuoco di amore capace di trasformare. La paura scomparve, il cuore sentì una nuova forza, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto. A Pentecoste dove c’era divisione ed estraneità, sono nate unità e comprensione (Benedetto XVI, Omelia del 27.05.12).
Nel quarto mistero della gloria contempliamo l’assunzione in cielo di Maria
Per capire l’Assunzione dobbiamo guardare alla Pasqua, il grande Mistero della nostra Salvezza, che segna il passaggio di Gesù alla gloria del Padre attraverso la passione, la morte e la risurrezione. Maria, che ha generato il Figlio di Dio nella carne, è la creatura più inserita in questo mistero, redenta fin dal primo istante della sua vita, e associata in modo del tutto particolare alla passione e alla gloria del suo Figlio. L’Assunzione al Cielo di Maria è pertanto il mistero della Pasqua di Cristo pienamente realizzato in Lei. Ella è intimamente unita al suo Figlio risorto, vincitore del peccato e della morte, pienamente conformata a Lui. Ma l’Assunzione è una realtà che tocca anche noi, perché ci indica in modo luminoso il nostro destino, quello dell’umanità e della storia. In Maria, infatti, contempliamo quella realtà di gloria a cui è chiamato ciascuno di noi e tutta la Chiesa […] Se l’Assunzione ci apre al futuro luminoso che ci aspetta, ci invita anche con forza ad affidarci di più a Dio, a seguire la sua Parola, a ricercare e compiere la sua volontà ogni giorno: è questa la via che ci rende «beati» nel nostro pellegrinaggio terreno e ci apre le porte del Cielo (Benedetto XVI, Angelus 15.08.12).
Nel quinto mistero della gloria contempliamo l’incoronazione di Maria
Maria è aurora e splendore della Chiesa trionfante; lei è la consolazione e la speranza per il popolo ancora in cammino, dice il Prefazio di oggi. Affidiamoci alla sua materna intercessione, affinché ci ottenga dal Signore di rafforzare la nostra fede nella vita eterna; ci aiuti a vivere bene il tempo che Dio ci offre con speranza. Una speranza cristiana, che non è soltanto nostalgia del Cielo, ma vivo e operoso desiderio di Dio qui nel mondo, desiderio di Dio che ci rende pellegrini infaticabili, alimentando in noi il coraggio e la forza della fede, che nello stesso tempo è coraggio e forza dell’amore (Benedetto XVI, Omelia del 15.08.12).