Meditazioni 3 agosto 2015
Allora tutta la nostra tensione, tutta la nostra mobilitazione, tutta la nostra risposta deve essere un cedimento, un abbandono. Un abbandono come perseverante tensione a corrispondere a questo Abbraccio, a corrispondere a questo Amore. Occorre imparare a dire sì: avvenga di me secondo Te. Solo dicendo sì a Cristo, al Mistero fatto carne, nelle circostanze evitabili ed inevitabili, negli istanti più brevi o più evidenti che formano la nostra esistenza, la vita cambia, Cristo ci cambia, ci fa crescere come uomini nuovi; sperimentiamo l’uomo nuovo, quel centuplo – nell’interezza dell’esperienza umana – promesso da Gesù. Occorre essere determinati a vivere questa continua tensione. Ciò che deve incessantemente sostenerla e alimentarla è la preghiera. La prima forma di obbedienza deve essere la preghiera. “O Dio vieni a salvarmi, vieni presto in mio aiuto; sii luce e forza al mio passo fragile, debole, che fugge da Te; aiutami ad attaccarmi a Te, ad obbedirti; sia fatta la tua Volontà su di me, su quello che faccio, su questo istante; su ogni istante non prevalga la mia, ma la tua Volontà…”. Occorre pregare per ridestare e ravvivare sempre il nostro cuore alla posizione originale, alla posizione del bambino, per vivere quell’abbandono necessario come corrispondenza al suo inesauribile Amore: “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo, non vado in cerca di cose grandi (quelle che stabilisco io come grandi e in cui pretendo di far consistere la mia ricchezza, la mia consistenza). Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 131) (Nicolino Pompei, La pietra scartata da voi, i costruttori, è diventata testata d’angolo).
Preghiamo per Papa Francesco e secondo le sue intenzioni. Preghiamo per i cristiani che in varie parti del mondo sono perseguitati a causa della loro fede. Affidiamo a Maria Santissima tutti i nostri cari malati e chiediamo alla Madonna di avere cura e di pregare per ciascuno di noi, per Nicolino, per le Vacanze e l’Avvenimento in piazza che stiamo preparando e vivendo in quest’estate perché siano gesti attraverso i quali il Signore possa continuare a parlare al cuore di ciascuno di noi e di ogni uomo.
O Dio, vieni a salvarmi!
Signore, vieni presto in mio aiuto!
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
Invocazione allo Spirito Santo…
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli ulivi
Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l’Apostolo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: “Signore, dove vai?”. La risposta di Gesù fu: “Vado a Roma per essere crocifisso di nuovo”. In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’era sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire (Papa Francesco, Via Crucis alla GMG di Rio de Janeiro).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Tanti volti hanno accompagnato Gesù nel suo cammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne… Io oggi ti chiedo: Tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere come Pilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare la vita di Gesù e se ne lava le mani. Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto tonto e guarda dall’altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come chi di questi vuoi essere? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle: con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi? (Ibi)
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Cari giovani, alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la Croce
Gesù con la sua Croce percorre le nostre strade e prende su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde […] Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (cfr Gv 3,16) (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte di Gesù in croce
Che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata? Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere. Cari giovani, fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui (cfr Lettera enc. Lumen fidei, 16) perché Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall’essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di amore, di vittoria, di trionfo e di vita (Ibi).