Meditazioni 29 settembre 2014
Festa dei Santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele
“Rinnega te stesso, lascia la tua vita per trovarla”: è l’invito fatto a ciascuno di noi a lasciarsi scrostare una vita partorita da ciò che non può né significarla né generarla, che è solo perdente. Che non può che partorire aria, vuoto, moltiplicazione di delusioni. Come il famoso tralcio che decide di darsi la vita da sé, strappandosi dalla vite: non può che disseccare e prima o poi essere bruciato, ritrovarsi incenerito. Rinnega te stesso, lascia per trovare: è preferenza. È solo l’invito a preferire Chi solo può affermare la vita, corrispondere al cuore, fruttificare l’umano. Senza il quale anche il rapporto più affettuoso o naturale come quello verso una donna, verso il proprio figlio, è finito, è sotto la legge della mia misura finita e quindi perdente; che perde, fa perdere ciò che io non vorrei perdere e a cui vorrei solo dire “per sempre”. (…) Cristo è la presenza in cui non solo non si perde la vita ma si centuplica, ritrovandola centuplicata attraverso e in tutto ciò che si vive. “Chi avrà perduto e perde la sua vita per me…” è la condizione allora per non perdere Lui come Avvenimento che rende possibile la vita come pienezza, come gioia, come forza di affronto, come intelligenza, come fecondità, come libertà e amore. Per non perdere la Presenza in cui si realizza la promessa di felicità inscritta nel nostro cuore e che Cristo ha acquistata nella sua morte in croce per ogni uomo (Nicolino Pompei, Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per me la troverà, pag. 35.38).
A Gesù, che nella sua morte in croce per ogni uomo, ha acquistato la possibilità della felicità per ciascuno di noi, spalanchiamo e consegniamo il nostro cuore. Chiediamo a Maria Santissima di pregare per ciascuno di noi, perché possiamo guardare alla grande presenza di Cristo come la guardava lei e come ci si abbandonava lei. Affidiamo alla Madonna particolarmente Nicolino e il lavoro che sta vivendo in queste settimane, il nostro 24° Convegno, Pietro, Marco, Maria, Alessandra, Adelita e Nazzareno, che sabato si sposeranno, e due nostre amiche, entrambe di nome Rosella ed entrambe gravemente malate. In comunione con Papa Francesco preghiamo particolarmente per il Sinodo sulla famiglia che inizierà domenica prossima.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli ulivi
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,6-9).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo la flagellazione di Gesù
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima (Is 53,3-4).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti (Is 53, 4-5).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca (Is 53, 6-7).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti (1Pt 2,21-25).