Meditazioni 29 marzo 2010
Ci introduciamo alla preghiera di questa sera riattraversando insieme il nostro Volantino di Pasqua.
… Invocazione allo Spirito Santo
In questo momento di grave e pesante attacco a Sua Santità Benedetto XVI, desideriamo offrire particolarmente la nostra preghiera di stasera per lui e per le sue intenzioni, rinnovando il nostro filiale amore e la nostra profonda gratitudine al Santo Padre. Segnati dalla gioia per l’incontro che ieri abbiamo vissuto con Sua Eccellenza Mons. Gervasio Gestori e con Nicolino, ringraziamo il Signore per questo immenso dono e preghiamo perché ciascuno di noi corrisponda pienamente alla Grazia ricevuta. Alla Madonna affidiamo Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Nell’offerta del Figlio, si rivela, come già nell’unzione di Betania, una smisuratezza che ci ricorda l’amore generoso di Dio, la “sovrabbondanza” del suo amore. Dio fa generosamente l’offerta di se stesso. Se la misura di Dio è la sovrabbondanza, anche per noi niente dovrebbe essere troppo per Dio (Joseph Ratzinger, Meditazioni per la Via Crucis al Colosseo del 2005).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Il Giudice del mondo, che un giorno ritornerà a giudicare tutti noi, sta lì, annientato, disonorato e inerme davanti al giudice terreno. Pilato non è un mostro di malvagità. Sa che il condannato è innocente; cerca di liberarlo. Ma il suo cuore è diviso. Alla fine fa prevalere sul diritto la sua posizione, se stesso. Anche gli uomini che urlano e chiedono la morte di Gesù non sono dei mostri di malvagità. Molti di loro, il giorno di Pentecoste, si sentiranno “trafiggere il cuore” quando Pietro dirà loro: “Gesù di Nazareth – uomo accreditato da Dio presso di voi – l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi”. Ma in quel momento subiscono l’influenza della folla. Urlano perché urlano gli altri e come urlano gli altri. E così, la giustizia viene calpestata per vigliaccheria, per pusillanimità. La sottile voce della coscienza viene soffocata dalle urla della folla. L’indecisione, il rispetto umano conferiscono forza al male. E Pilato, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso (Ibi).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Fermiamoci di fronte al Figlio di Dio sofferente. Guardiamo a lui nei momenti della presunzione e del godimento, in modo da imparare a rispettare i limiti e a vedere la superficialità di tutti i beni puramente materiali. Guardiamo a lui nei momenti di angoscia, per riconoscere che proprio così siamo vicini a Dio. Cerchiamo di riconoscere il suo volto in coloro che tenderemmo a disprezzare. Dinanzi al Signore condannato, che non volle usare il suo potere per scendere dalla croce, ma piuttosto sopportò la sofferenza della croce fino alla fine, può affiorare un altro pensiero ancora. Lasciamoci inchiodare a lui, non cedendo a nessuna tentazione di staccarci e di cedere alle beffe che vorrebbero indurci a farlo (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Egli porta la croce su di sé, la nostra croce, il peso dell’essere uomini, il peso del mondo. È così che egli ci precede e ci mostra come trovare la via per la vita vera (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Gesù è morto, il suo cuore viene trafitto dalla lancia del soldato romano e ne escono sangue e acqua: misteriosa immagine del fiume dei sacramenti, del Battesimo e dell’Eucaristia, dai quali in forza del cuore trafitto del Signore rinasce, sempre di nuovo, la Chiesa. A lui non vengono spezzate le gambe, come agli altri due crocifissi; così egli si manifesta come il vero agnello pasquale, al quale nessun osso deve essere spezzato. E ora che tutto è stato sopportato, si vede che egli, nonostante tutto il turbamento dei cuori, nonostante il potere dell’odio e della vigliaccheria, non è rimasto solo. I fedeli ci sono. Sotto la croce c’erano Maria, sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria, Maria di Magdala e Giovanni, il discepolo che egli amava. Ora arriva anche un uomo ricco, Giuseppe d’Arimatea: il ricco trova come passare per la cruna di un ago, perché Dio gliene dona la grazia. Giuseppe seppellisce Gesù nella sua tomba ancora intatta, in un giardino. Dove viene sepolto Gesù, il cimitero si trasforma nel giardino dal quale era stato cacciato Adamo, quando si era staccato dalla pienezza della vita, dal suo Creatore. Il sepolcro, ancora intatto, nel giardino ci dice che il dominio della morte sta per finire. E arriva anche un membro del sinedrio, Nicodemo, al quale Gesù aveva annunciato il mistero della rinascita dall’acqua e dallo Spirito. Anche tra i membri del sinedrio, che aveva deciso la sua morte, c’è qualcuno che crede, che conosce e riconosce Gesù, dopo che è morto. Sopra l’ora del grande lutto, del grande ottenebramento e della disperazione, sta misteriosamente la luce della speranza. Il Dio nascosto rimane comunque il Dio vivente e vicino. Il Signore morto rimane comunque il Signore e nostro Salvatore, anche nella notte della morte. La Chiesa di Gesù Cristo, la sua nuova famiglia, la famiglia di coloro che credono in lui, comincia a formarsi (Ibi).