Meditazioni 28 dicembre 2009
Festa dei Santi Innocenti
L’Angelo aveva detto ai pastori: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Il segno di Dio, il segno che viene dato ai pastori e a noi, non è un miracolo emozionante. Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore. Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio. Egli possiede il potere ed è la Bontà. Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore. Origene, seguendo una parola di Giovanni Battista, ha visto espressa l’essenza del paganesimo nel simbolo delle pietre: paganesimo è mancanza di sensibilità, significa un cuore di pietra, che è incapace di amare e di percepire l’amore di Dio. Origene dice ai pagani: “Privi di sentimento e di ragione, si trasformano in pietre e in legno”. Cristo, però, vuole darci un cuore di carne. Quando vediamo Lui, il Dio che è diventato un bambino, ci si apre il cuore. Nella Liturgia della Notte Santa Dio viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani. Ascoltiamo ancora Origene: “In effetti, a che gioverebbe a te che Cristo una volta sia venuto nella carne, se Egli non giunge fin nella tua anima? Preghiamo che venga continuamente a noi e che possiamo dire: vivo, però non vivo più io, ma Cristo vive in me”.
Sì, per questo vogliamo pregare. Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa’ che io e tutti noi da pietre e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato (Benedetto XVI – Omelia del 24.12.09).
… INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO
Nella grazia tutta particolare di questi giorni di Natale, rinnoviamo al Signore la nostra gratitudine per il dono della nostra Compagnia. Affidiamo alla Madonna Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore.
Nel primo mistero della gioia contempliamo l’annuncio dell’angelo a Maria
“Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Il Signore è presente. Da questo momento è veramente un “Dio con noi”. Non è più il Dio distante, che, attraverso la creazione e mediante la coscienza, si può in qualche modo intuire da lontano. Egli è entrato nel mondo. È il Vicino. È questa una notizia che non può lasciarci indifferenti. Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me. Allora, come i pastori, devo dire anch’io: Orsù, voglio andare a Betlemme e vedere la Parola che lì è accaduta (Ibi).
Nel secondo mistero della gioia contempliamo l’incontro tra Maria e Elisabetta e il canto del Magnificat
Dei pastori è detto che anzitutto erano persone vigilanti e che il messaggio poteva raggiungerli proprio perché erano svegli. Noi dobbiamo svegliarci. Dobbiamo diventare persone veramente vigilanti. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio. Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio: per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. In ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti (Ibi).
Nel terzo mistero contempliamo la nascita di Gesù
I pastori, dopo aver ascoltato il messaggio dell’Angelo, si dissero l’un l’altro: “Andiamo fino a Betlemme!… Andarono senza indugio”. “Si affrettarono” dice letteralmente il testo greco. Ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore. L’atteso Figlio di Davide è venuto al mondo nella sua città. Che cosa poteva esserci di più importante? Certo, li spingeva anche la curiosità, ma soprattutto l’agitazione per la grande cosa che era stata comunicata proprio a loro, i piccoli e uomini apparentemente irrilevanti. Si affrettarono – senza indugio. Dio ha la massima priorità. Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori (Ibi).
Nel quarto mistero della gioia contempliamo la presentazione di Gesù al tempio
Per primi i pastori, le anime semplici, sono venuti da Gesù nella mangiatoia e hanno potuto incontrare il Redentore del mondo. I sapienti venuti dall’Oriente, i rappresentanti di coloro che hanno rango e nome, vennero molto più tardi. Questo è del tutto ovvio. I pastori, infatti, abitavano accanto. Essi non dovevano che “attraversare” come si attraversa un breve spazio per andare dai vicini. I sapienti, invece, abitavano lontano. Essi dovevano percorrere una via lunga e difficile, per arrivare a Betlemme. E avevano bisogno di guida e di indicazione. Ebbene, anche oggi esistono anime semplici ed umili che abitano molto vicino al Signore. Essi sono, per così dire, i suoi vicini e possono facilmente andare da Lui. Ma la maggior parte degli uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo, da Colui che si è fatto uomo, dal Dio venuto in mezzo a noi. Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo. In molteplici modo Dio deve ripetutamente spingerci e darci una mano, affinché possiamo trovare l’uscita dal groviglio dei nostri pensieri e dei nostri impegni e trovare la via verso di Lui. Ma per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno. Egli chiama tutti noi, perché anche noi si possa dire: Orsù, “attraversiamo”, andiamo fino a Betlemme – verso quel Dio che ci è venuto incontro. Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui (Ibi).
Nel quinto mistero della gioia contempliamo il ritrovamento di Gesù nel tempio
I pastori si dicono l’un l’altro il motivo per cui si mettono in cammino: “Vediamo questo avvenimento”. Letteralmente il testo greco dice: “Vediamo questa Parola, che lì è accaduta”. Sì, tale è la novità di questa notte: la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne. Quel Dio di cui non si deve fare alcuna immagine, perché ogni immagine potrebbe solo ridurlo, anzi travisarlo, quel Dio si è reso, Egli stesso, visibile in Colui che è la sua vera immagine. Nella figura di Gesù Cristo, in tutto il suo vivere ed operare, nel suo morire e risorgere, possiamo guardare la Parola di Dio e quindi il mistero dello stesso Dio vivente. Dio è così (Ibi).