Meditazioni 27 gennaio 2014
Nella forza e nella bellezza dell’incontro che abbiamo vissuto all’Eco di ieri, lasciamoci accogliere e condurre nella preghiera di stasera da questo brano di Nicolino, tratto dall’intervento “Senza di me non potete fare nulla”:
A conclusione di questo incontro [pensiamo all’incontro che abbiamo vissuto all’Eco di ieri], desidero commosso condividervi la certezza, radicata nel profondo del mio cuore, di essere stati in questi anni – ancor più in questi ultimi drammatici anni – presi e condotti per mano dal Signore, affinché fosse evidente che nulla possiamo pensare o operare come proveniente da noi e che ogni nostra capacità, come ci ricorda san Paolo, viene da Dio. E quando si vive nell’amorevole e radicata certezza che da noi non possiamo fare nulla, diventa facile lasciarsi afferrare e prendere in braccio [questa è proprio un’espressione del gesto dell’Affidamento che stiamo vivendo], come vediamo nell’esperienza di un bambino piccolo piccolo, che non può ancora camminare: può essere soltanto preso in braccio e portato. Per questo, adesso, vi chiedo di vivere un attimo di silenzio, per lasciare spazio all’avvenimento di questo incontro, perché si radichi profondamente in noi, diventi il nostro stesso essere, il nostro stesso io. Per lasciare spazio alla presenza del Signore, perché possa afferrarci, attaccarci a lui e riversarci tutto il suo amore. Tutto il nostro cuore possa ora ritrovarsi spalancato e mendicante, come quello di un bambino che attende la presenza della mamma.
Invocazione allo Spirito Santo…
Affidiamo alla Madonna Nicolino e tutte le intenzioni che porta nel suo cuore; in particolare preghiamo per il piccolo Pietro, che in questi giorni è all’ospedale di Genova, e per i nostri carissimi Marco e Maria; preghiamo per Giancarlo, Franco, Cinzia e per tutti i familiari che con loro stanno condividendo il dramma della malattia. Affidiamo a Maria Santissima la nostra carissima Bibi perché goda l’eterno riposo nello splendore della luce perpetua.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli ulivi
Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l’Apostolo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: “Signore, dove vai?”. La risposta di Gesù fu: “Vado a Roma per essere crocifisso di nuovo”. In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel cammino; con lui c’era sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire (Papa Francesco, Via Crucis alla GMG di Rio de Janeiro).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Tanti volti hanno accompagnato Gesù nel suo cammino verso il Calvario: Pilato, il Cireneo, Maria, le donne… Io oggi ti chiedo: Tu come chi di loro vuoi essere? Vuoi essere come Pilato che non ha il coraggio di andare controcorrente per salvare la vita di Gesù e se ne lava le mani. Dimmi: sei uno di quelli che si lavano le mani, che fa il finto tonto e guarda dall’altra parte? O sei come il Cireneo, che aiuta Gesù a portare quel legno pesante, come Maria e le altre donne, che non hanno paura di accompagnare Gesù fino alla fine, con amore, con tenerezza. E tu, come chi di questi vuoi essere? Come Pilato, come il Cireneo, come Maria? Gesù ti sta guardando adesso e ti dice: mi vuoi aiutare a portare la Croce? Fratelli e sorelle: con tutta la forza di giovane, che cosa Gli rispondi? (Ibi)
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
Alla Croce di Cristo portiamo le nostre gioie, le nostre sofferenze, i nostri insuccessi; troveremo un Cuore aperto che ci comprende, ci perdona, ci ama e ci chiede di portare questo stesso amore nella nostra vita, di amare ogni nostro fratello e sorella con questo stesso amore (Ibi).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la Croce
Gesù con la sua Croce percorre le nostre strade e prende su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche le più profonde […] Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro, e Lui accoglie tutto con le braccia aperte, carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te e io ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (Ibi).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo la morte di Gesù in croce
Che cosa ha lasciato la Croce in coloro che l’hanno vista e in coloro che l’hanno toccata? Che cosa lascia la Croce in ciascuno di noi? Vedete: lascia un bene che nessuno può darci: la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci. Nella Croce di Cristo c’è tutto l’amore di Dio, c’è la sua immensa misericordia. E questo è un amore di cui possiamo fidarci, nel quale possiamo credere. Cari giovani, fidiamoci di Gesù, affidiamoci a Lui perché Lui non delude mai nessuno! Solo in Cristo morto e risorto troviamo la salvezza e la redenzione. Con lui, il male, la sofferenza e la morte non hanno l’ultima parola, perché Lui ci dona speranza e vita: ha trasformato la Croce dall’essere uno strumento di odio, di sconfitta e di morte ad essere un segno di amore, di vittoria, di trionfo e di vita (Ibi).