Meditazioni 27 agosto 2012
È più che mai necessario rimettersi in gioco e rinnovare la propria responsabilità anche verso l’avvenimento della nostra amicizia […]. Nell’esperienza di una sequela umile […]. Nella certezza di essere incessantemente investiti dalla Grazia che non manca mai di mostrarsi proprio nel dono della nostra Compagnia. Proprio nell’esperienza semplice di amici da seguire e da imitare nella loro affezione a Cristo come avvenimento decisivo della vita e come provocazione quotidiana. Di amici da cui imparare l’atteggiamento più adeguato di affronto della realtà e quella tensione a riconoscerla e a viverla come ambito di rapporto con la presenza di Cristo per l’incidenza della Sua presenza in noi. Nell’esperienza di amici da cui lasciarsi fraternamente correggere, da cui lasciarsi accompagnare a non dimenticare il nostro vero bisogno e al giudizio leale, puntuale e continuo su noi stessi […]. Solo in quest’esperienza vissuta, favorita e rinnovata, può emergere in noi l’esperienza e la crescente certezza di essere incessantemente abbracciati dalla Grazia.
…Invocazione allo Spirito Santo
O Maria, Madre nostra dolcissima, con il cuore colmo di gioia e di gratitudine per questo tempo segnato dalle Vacanze e dall’Avvenimento in piazza che abbiamo vissuto, ci rivolgiamo a Te, chiedendoti di prenderci e di tenerci sempre per mano per portarci sempre da Gesù, perché l’esperienza di questi giorni di Grazia rimanga e si accresca in ciascuno di noi.
Preghiamo particolarmente per Ornella perché il Padre eterno e buono l’ accolga nella sua infinita misericordia e colmi i suoi cari della sua consolazione.
Affidiamo a Maria Santissima la nostra Compagnia, e particolarmente Nicolino pregando per la sua vita e per tutte le intenzioni che custodisce nel suo cuore.
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nel Getsemani
Ormai non è più l’ora delle parole e dei discorsi; è giunta l’ora decisiva, per la quale il Figlio di Dio è venuto nel mondo, e malgrado la sua anima sia turbata, Egli si rende disponibile a compiere fino in fondo la volontà del Padre. E questa è la volontà di Dio: dare la vita eterna a noi che l’abbiamo perduta. Perché ciò si realizzi bisogna però che Gesù muoia, come un chicco di grano che Dio Padre ha seminato nel mondo. Solo così infatti potrà germogliare e crescere una nuova umanità, libera dal dominio del peccato e capace di vivere in fraternità, come figli e figlie dell’unico Padre che è nei cieli (Benedetto XVI, Angelus del 29.03.09).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Fermiamoci a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali. Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno (Benedetto XVI, Discorso del 21.03.08).
Nel terzo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
La dolorosa passione del Signore Gesù non può non muovere a pietà anche i cuori più duri, poiché costituisce l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Osserva san Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). È per amore nostro che Cristo muore in croce!… Cosa sarebbe l’uomo senza Cristo? Osserva sant’Agostino: “Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato” (Benedetto XVI, Via Crucis 2009).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario
Lasciamo che il suo sacrifico sulla Croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre umane certezze; apriamogli il cuore: Gesù è la Verità che ci rende liberi di amare. Non temiamo! Morendo il Signore ha salvato i peccatori, cioè tutti noi. Scrive l’apostolo Pietro: Gesù “portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24). Questa è la verità del Venerdì Santo: sulla croce il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene, ci ha resi figli adottivi di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza. Restiamo dunque in adorazione davanti alla Croce (Benedetto XVI, Discorso del 21.03.08).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
“Il centurione, che si trovava di fronte a lui avendolo visto spirare in quel modo disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio !” (Mc 15, 39). Non può non sorprenderci la professione di fede di questo soldato romano, che aveva assistito al succedersi delle varie fasi della crocifissione. Quando le tenebre della notte si apprestavano a scendere su quel Venerdì unico nella storia, quando ormai il sacrificio della Croce si era consumato e i presenti si affrettavano per poter celebrare regolarmente la Pasqua ebraica, le poche parole, carpite dalle labbra di un anonimo comandante della truppa romana, risuonarono nel silenzio dinanzi a quella morte molto singolare. Questo ufficiale della truppa romana, che aveva assistito all’esecuzione di uno dei tanti condannati alla pena capitale, seppe riconoscere in quell’Uomo crocifisso il Figlio di Dio, spirato nel più umiliante abbandono. La sua fine ignominiosa avrebbe dovuto segnare il trionfo definitivo dell’odio e della morte sull’amore e sulla vita. Ma così non fu! Sul Golgota si ergeva la Croce da cui pendeva un uomo ormai morto, ma quell’Uomo era il “Figlio di Dio”, come ebbe a confessare il centurione – “vedendolo morire così”, precisa l’evangelista (Benedetto XVI, Via Crucis al Colosseo 2009).