Meditazioni 26 marzo 2018
È veramente impressionante e commovente sorprendere nella nostra vita come tutti i nostri tentativi di contenimento e di resistenza all’avvenimento della Sua presenza e della Sua presa su di noi non sono stati e non sono capaci di vincerla. Niente è capace di vincere la forza di questa corrispondenza al cuore e il calore seduttivo ed esaustivo di questo “fuoco ardente”, segno dello splendore di Cristo risorto e della sua presa sulla nostra vita. E questo perché non dipende da noi ma dalla inaudita e assolutamente gratuita iniziativa dell’amore di Dio, che si mostra in tutta la sua inarrestabile misericordia proprio nella presenza, nell’amore e nella vittoria di Cristo risorto. A noi il dramma continuo di una libertà sempre in gioco dalla parte del vero, dalla parte dell’esigenza del cuore, che permetta alla vita di dargli spazio per una continua e reale esperienza e per lasciarsi trasformare da Lui. Per lasciarci trascinare dentro quella continua “esperienza dell’essere amato da Gesù in modo tutto personale”, “dell’essere colpiti dall’amore di Cristo che sconvolge fin nell’intimo, trasformandoci” (Nicolino Pompei, Quello che poteva essere per me una perdita…).
Nell’incontenibile gioia e gratitudine rinnovate ed accresciute dall’assemblea di ieri, invochiamo la Madonna e a lei affidiamo Nicolino e tutte le sue intenzioni. In particolare continuiamo a pregare per la famiglia della nostra amatissima Cristina; per Ali, Manos e tutta la loro carissima famiglia. Preghiamo per Pietruzzo, che è a Genova per dei controlli, e per Marco e Maria, per Giovanni, Savina, Paolo, Stefania, Iolanda, Eleonora, Franco e per tutte le persone malate. Preghiamo per tutti i nostri cari defunti, in particolare per Ezio, per Giorgio, per Gino e per Giancarlo. Affidiamo alla Madonna Matteo, nella memoria del secondo anniversario del suo Battesimo.
O Dio, vieni a salvarmi
Signore, vieni presto in mio aiuto
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo
Come era nel principio è ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen
Invocazione allo Spirito Santo…
Nel primo mistero del dolore contempliamo l’agonia di Gesù nell’Orto degli Ulivi
Il male non è definitivo. Affidiamoci alle mani di Dio perché Lui non delude, mai. (…) Gesù al Getsemani: ‘Padre, questo calice, no. Ma si faccia la Tua volontà’. Si affida alla volontà del Padre. Gesù sa che non finisce tutto, con la morte o con l’angoscia, e l’ultima parola dalla Croce: ‘Padre, nelle Tue mani mi affido!’, e muore così. Affidarsi a Dio, che cammina con me, che cammina con il mio popolo, che cammina con la Chiesa: e questo è un atto di fede. Io mi affido. Non so: non so perché accade questo, ma io mi affido. Tu saprai perché” (Papa Francesco, Omelia del 14/03/16).
Nel secondo mistero del dolore contempliamo Gesù che viene flagellato
Gesù non entra nella Città Santa per ricevere gli onori riservati ai re terreni, a chi ha potere, a chi domina; entra per essere flagellato, insultato e oltraggiato, come preannuncia Isaia nella Prima Lettura (cfr Is 50,6); entra per ricevere una corona di spine, un bastone, un mantello di porpora, la sua regalità sarà oggetto di derisione; entra per salire il Calvario carico di un legno. E allora ecco la seconda parola: Croce. Gesù entra a Gerusalemme per morire sulla Croce. Ed è proprio qui che splende il suo essere Re secondo Dio: il suo trono regale è il legno della Croce! (Papa Francesco, Omelia del 24/03/13).
Nel terzo misterlo del dolore contempliamo Gesù che viene coronato di spine
In questa Settimana, la Settimana Santa, che ci conduce alla Pasqua, noi andremo su questa strada dell’umiliazione di Gesù. E solo così sarà “santa” anche per noi! Sentiremo il disprezzo dei capi del suo popolo e i loro inganni per farlo cadere. Assisteremo al tradimento di Giuda, uno dei Dodici, che lo venderà per trenta denari. Vedremo il Signore arrestato e portato via come un malfattore; abbandonato dai discepoli; trascinato davanti al sinedrio, condannato a morte, percosso e oltraggiato. Sentiremo che Pietro, la “roccia” dei discepoli, lo rinnegherà per tre volte. Sentiremo le urla della folla, sobillata dai capi, che chiede libero Barabba, e Lui crocifisso. Lo vedremo schernito dai soldati, coperto con un mantello di porpora, coronato di spine. E poi, lungo la via dolorosa e sotto la croce, sentiremo gli insulti della gente e dei capi, che deridono il suo essere Re e Figlio di Dio. Questa è la via di Dio, la via dell’umiltà. È la strada di Gesù, non ce n’è un’altra. E non esiste umiltà senza umiliazione (Papa Francesco, Omelia del 29/03/15).
Nel quarto mistero del dolore contempliamo Gesù che sale al Calvario portando la croce
Perché la Croce? Perché Gesù prende su di sé il male, la sporcizia, il peccato del mondo, anche il nostro peccato, di tutti noi, e lo lava, lo lava con il suo sangue, con la misericordia, con l’amore di Dio. Guardiamoci intorno: quante ferite il male infligge all’umanità! Guerre, violenze, conflitti economici che colpiscono chi è più debole, sete di denaro, che poi nessuno può portare con sé, deve lasciarlo. Mia nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche. Amore al denaro, potere, corruzione, divisioni, crimini contro la vita umana e contro il creato! E anche – ciascuno di noi lo sa e lo conosce – i nostri peccati personali: le mancanze di amore e di rispetto verso Dio, verso il prossimo e verso l’intera creazione. E Gesù sulla croce sente tutto il peso del male e con la forza dell’amore di Dio lo vince, lo sconfigge nella sua risurrezione. Questo è il bene che Gesù fa a tutti noi sul trono della Croce. La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui quel giorno della sua morte (Papa Francesco, Omelia del 24/03/13).
Nel quinto mistero del dolore contempliamo Gesù che muore in croce
Chi non guardava il serpente di bronzo dopo essere ferito da un serpente nel deserto moriva nel peccato, il peccato di mormorazione contro Dio e contro Mosè. Allo stesso modo, chi non riconosce in quell’uomo innalzato, come il serpente, la forza di Dio che si è fatto peccato per guarirci, morirà nel proprio peccato. Perché la salvezza viene soltanto dalla croce, ma da questa croce che è Dio fatto carne: non c’è salvezza nelle idee, non c’è salvezza nella buona volontà, nella voglia di essere buoni. In realtà l’unica salvezza è in Cristo crocifisso, perché soltanto lui, come il serpente di bronzo significava, è stato capace di prendere tutto il veleno del peccato e ci ha guarito lì. (…) Ognuno di noi oggi guardi il crocifisso, guardi questo Dio che si è fatto peccato perché noi non moriamo nei nostri peccati (Papa Francesco, Omelia del 6/04/17).